Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 18675 del 19/03/2014
Penale Sent. Sez. 7 Num. 18675 Anno 2014
Presidente: D’ISA CLAUDIO
Relatore: MARINELLI FELICETTA
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ORDINANZA_
sul ricorso proposto da:
PIAZZESE SAVERIO N. IL 14/11/1979
3-t 55avverso la sentenza n.
2019,CORTE APPELLO di CATANIA, del
10/12/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. FELICETTA
MARINELLI;
Data Udienza: 19/03/2014
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Motivi della decisione
Contro la sentenza indicata in epigrafe, che ha ritenuto
responsabile Piazzese Saverio in ordine al reato di cui
all’articolo 73 d.PR. 309/90, ha proposto ricorso per
cassazione l’imputato chiedendone l’annullamento per
violazione di legge con riferimento alla mancata
dell’art.73 d.PR. 309/90.
Il ricorso sarebbe inammissibile, ex articolo 606, comma
3 0 , cod.proc.pen., perché proposto per motivi
manifestamente infondati.
La Corte di appello di Catania ha invero adeguatamente ed
esaustivamente motivato con riferimento al diniego
dell’attenuante di cui sopra, evidenziando che l’imputato
era già stato sorpreso dalle forze dell’ordine, di talchè
il suo contributo all’attività di indagine non poteva
dirsi spontaneo, né tale da impedire che l’attività
delittuosa fosse portata a conseguenze ulteriori, essendo
limitato a far constatare la presenza della coltivazione e
delle piante già essiccate, dopo essere stato individuato
e fermato.
Ciò rilevato il Collegio non può non tener conto che la
recente disposizione di cui al D.L. n.146 de123.12.2013
(conv. In L. n. 10 del 21.02.2014),nel qualificare il V
comma dell’art. 73 d.P.R. 309/90 quale figura autonoma di
reato, ha rideterminato la pena edittale da uno a cinque
annidi reclusione ed E 3.000,00 a 26.000,00 di multa.
Di poco successiva è la sentenza della Corte Costituzionale
n. 32 del 2014, depositata il 25.02.2014, che, per quanto
qui rileva, ha dichiarato la illegittimità costituzionale
dell’art. 4 bis della L. 21.02.2006 n. 49, cioè del testo
dell’art. 73 d.P.R. 309/90 nella formulazione di cui alla
predetta legge c.d. “Fini-Giovanardi”, determinando, come
dalla Corte Costituzionale espressamente
affermato,
concessione dell’attenuante di cui al comma settimo
(3
.
l’applicazione dell’art. 73 del predetto d.P.R. 309/90 e
relative tabelle nella formulazione originaria (Legge c.d.
“Iervolino-Vassalli”).
La Corte Costituzionale ha definito i limiti oggettivi del
proprio intervento in relazione al D.L. 146/2013,
precisando che “trattandosi di
ius superveniens
che
riguarda disposizioni non applicabili nel giudizio a quo lo
questioni oggetto del giudizio della Corte relative a
disposizioni diverse da quelle oggetto di modifica
normativa e che gli effetti del presente giudizio di
legittimità costituzionale non riguardano in alcun modo la
modifica disposta con il decreto legge n. 146 del
2013,
, in quanto stabilita con disposizione successiva
a quella censurata e indipendente da quest’ultima”: Ha poi
affermato che “rientra nei compiti del giudice comune
individuare quali norme, successive a quelle impugnate, non
siano più applicabili perchè divenute prive del loro
oggetto (in quanto rinviano a disposizioni caducate) e
quali, invece, devono continuare ad avere applicazione in
quanto non presuppongono la vigenza degli artt. 4 bis e 4
vicies ter, oggetto della presente decisione”.
Ritiene, però,i1 Collegio che la suddetta sentenza, avendo
dichiarato l’illegittimità costituzionale degli artt. 4 bis
e 4 vicies ter della L. 49/2006, abbia travolto l’intero
art. 73 d.P.R. 309/1990, facendo rivivere, almeno per i
reati commessi prima dell’entrata in vigore del D.L. n. 146
del 2013 anche il precedente testo del comma V con la
ripartizione del trattamento sanzionatorio previsto tra
droghe leggere e droghe pesanti, più favorevole al reo per
quel che concerne le droghe leggere, che prevede una pena
detentiva da sei mesi a quattro anni di reclusione.
Orbene, tornando al caso di specie, si osserva che si deve
applicare per il Piazzese, ritenuto responsabile della
detenzione al fine di spaccio di sole droghe leggere,i1
stesso non poteva esplicare alcuna incidenza sulle
richiamato
trattamento
sanzionatorio
della
legge
“Iervolino-Vassalli”.
Pertanto,la sentenza impugnata va annullata limitatamente
al trattamento sanzionatorio con rinvio sul punto alla
Corte d’appello di Catania, precisandosi, ai sensi
dell’art. 624 c.p.p., che la statuizione concernente la
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente al trattamento
sanzionatorio per effetto della sentenza della Corte
costituzionale n.32/2014. Rinvia sul punto alla Corte
d’appello di Catania. Rigetta nel resto. V l’art.624 c.p.p.
dichiara l’irrevocabilità della sentenza in ordine
all’affermazione di responsabilità per il reato ascritto.
Così deciso in Roma il 19 marzo 2014
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Il Presidente
IClaudi91D’
penale responsabilità è divenuta irrevocabile.