Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 18666 del 07/03/2018
Penale Sent. Sez. 4 Num. 18666 Anno 2018
Presidente: FUMU GIACOMO
Relatore: RANALDI ALESSANDRO
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
LUCIANI DANIELE nato il 24/06/1978 a ROMA
avverso la sentenza del 06/12/2016 della CORTE APPELLO di PERUGIA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere ALESSANDRO RANALDI;
Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore ELISABETTA
CENICCOLA che ha concluso per l’inannmissibilita’ del ricorso.
E’ presente l’avvocato GAI CESARE del foro di ROMA in difesa di LUCIANI
DANIELE che insiste per l’accoglimento del ricorso.
Data Udienza: 07/03/2018
FATTO E DIRITTO
1. Con sentenza del 6.12.2016 la Corte di appello di Perugia, in parziale
riforma della sentenza di primo grado, ha ridotto la pena nei confronti di Daniele
Luciani in ordine al reato di furto in abitazione a lui ascritto, e ha confermato nel
resto.
2. Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione il difensore
bis cod. pen.
Espone che il primo giudice, nel pronunciare la sentenza di condanna, aveva
ravvisato la recidiva reiterata, infraquinquennale e specifica nei confronti del
ricorrente, ritenendola subvalente rispetto all’attenuante comune del
risarcimento integrale del danno. La Corte di appello, chiamata a deliberare sul
gravame dell’imputato, opponeva diniego alla concessione delle attenuanti
generiche, sulla scorta degli stessi precedenti penali ritenuti subvalenti rispetto
all’attenuante del risarcimento del danno.
Deduce che la sentenza di appello ha omesso di motivare circa le ragioni per
le quali la recidiva impedisse al Luciani la possibilità di vedersi riconosciuta la
concessione delle attenuanti generiche.
3. Il ricorso va dichiarato inammissibile per manifesta infondatezza.
Contrariamente a quanto dedotto dal ricorrente, la motivazione sul diniego
delle attenuanti generiche è presente nella sentenza impugnata, che ha
esplicitamente rilevato (vedi a pag. 5) come il prevenuto sia gravato da plurimi
precedenti specifici, rappresentativi di una sua maggiore pericolosità sociale
proprio nel campo dei reati contro il patrimonio in generale, ed in quello dei furti
in abitazione in particolare, per cui la Corte territoriale ha ragionevolmente
ritenuto tali precedenti ostativi al riconoscimento dell’attenuante in parola.
Del resto, l’esistenza di precedenti penali specifici può rilevare ai fini del
diniego delle circostanze attenuanti generiche e dei benefici di legge anche
quando il giudice, sulla base di una valutazione complessiva del fatto oggetto del
giudizio e della personalità dell’imputato, esclude che la reiterazione delle
condotte denoti la presenza di uno spessore criminologico tale da giustificare
l’applicazione della recidiva (Sez. 6, n. 38780 del 17/06/2014, Morabito, Rv.
26046001). Quindi, a maggior ragione, il diniego delle attenuanti generiche è
giustificato dalla ritenuta applicazione della recidiva contestata, come nel caso,
anche sulla scorta dell’insegnamento di questa Corte di legittimità, in base al
quale non e ravvisabile il vizio di contraddittorietà di motivazione nel caso di
dell’imputato, lamentando la carenza di motivazione con riferimento all’art. 62-
diniego delle circostanze attenuanti generiche per i precedenti penali
dell’imputato e di contemporaneo giudizio di equivalenza tra una circostanza
attenuante e la recidiva, trattandosi di due ben distinte valutazioni, non
necessariamente collegate ad identici presupposti (Sez. 2, n. 106 del
04/11/2009 – dep. 2010, Marotta e altri, Rv. 24604501).
4. Stante l’inammissibilità del ricorso, e non ravvisandosi assenza di colpa
nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte cost. sent. n.
consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria, nella misura indicata in
dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di duemila euro alla cassa delle
ammende.
Così deciso il 7 marzo 2018
Il Consigli
Ales
estensore
ro Ranaldi
Il Presidente
186/2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali