Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 18663 del 12/04/2013


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 18663 Anno 2013
Presidente: BRUSCO CARLO GIUSEPPE
Relatore: MARINELLI FELICETTA

Data Udienza: 12/04/2013

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
KIWAN TALAL N. IL 24/05/1973
avverso la sentenza n. 957/2012 CORTE APPELLO di BARI, del
29/06/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 12/04/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. FELICETTA MARINELLI
Udito il Procuratore Generl ec tperppa del Dott.
che ha concluso per -Si.,
covrd.

Udito, p5prà parte civile4(Avv
Udivi difensor

ti

Con sentenza del 24 febbraio 2012 il Tribunale di Bari
in composizione monocratica in sede di giudizio
abbreviato dichiarava Kiwan Talal colpevole del reato di
cui all’art.73, comma l bis, d.PR.309/90 e, in concorso
di circostanze attenuanti generiche equivalenti alla
contestata recidiva, e della diminuente ex art.442
c.p.p., lo condannava alla pena di anni quattro di
reclusione ed euro 18.000,00 di multa, con la
interdizione dai pubblici uffici, la confisca e la
distruzione di quanto in sequestro, con esclusione dei
telefoni cellulari, dei quali ordinava il sequestro e la
restituzione al legittimo proprietario.
Avverso tale decisione ha proposto appello
difensore dell’imputato.

il

La Corte di Appello di Bari in data 29.06.2012, con la
sentenza oggetto del presente ricorso, in riforma della
sentenza emessa nel giudizio di primo grado, esclusa la
valutazione della recidiva, in concorso dell’ulteriore
attenuante del quinto comma dell’art.73 d.PR.309/90,
rideterminava la pena nella misura di anni uno e mesi
quattro di reclusione ed euro 4.000,00 di multa,
revocava le pene accessorie ed il sequestro della somma
di denaro della quale ordinava la restituzione
all’imputato.
1)Avverso la predetta sentenza Kiwan Talal, a mezzo del
suo difensore, proponeva ricorso per Cassazione
chiedendone l’annullamento con rinvio limitatamente alla
quantificazione della pena.
Sosteneva sul punto la difesa del ricorrente che, una
volta riconosciuta l’attenuante del fatto di lieve
entità, la pena base poteva essere fissata nel minimo di
un anno, mentre invece sarebbe stata immotivatamente
quantificata in misura tripla rispetto al minimo.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è manifestamente infondato.
Con riferimento alle proposte doglianze concernenti il
trattamento sanzionatorio, si rileva che la decisione
impugnata risulta sorretta da conferente apparato
argomentativo, che soddisfa appieno l’obbligo
motivazionale, anche per quanto concerne la dosimetria
della pena. E appena il caso di considerare che in tema
di valutazione dei vari elementi per la concessione
delle attenuanti generiche, ovvero in ordine al giudizio
di comparazione e per quanto riguarda la dosimetria
della pena ed i limiti del sindacato di legittimità su

RITENUTO IN FATTO

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il
ricorrente al pagamento delle spese processuali e della
somma di C 1.000,00 in favore della cassa ammende
Così deciso in Roma il 12.04.2013

detti punti, la giurisprudenza di questa Suprema Corte
non solo ammette la c.d. motivazione implicita (Cass.,
Sez.6, 22 settembre 2003 n.227142) o con formule
sintetiche (tipo “si ritiene congrua” vedi Cass., sez.6,
4 agosto 1998, Rv.211583), ma afferma anche che le
statuizioni relative al giudizio di comparazione tra
circostanze aggravanti ed attenuanti, effettuato in
riferimento ai criteri di cui all’art.133 c.p., sono
censurabili in cassazione solo quando siano frutto di
mero arbitrio o ragionamento illogico (Cass., sez.3, 16
giugno 2004 n.26908, Rv.229298). Si tratta di evenienza
che certamente non sussiste nel caso di specie, avendo
la Corte territoriale espressamente chiarito le ragioni
in base alle quali, esclusa la valutazione della
recidiva, concessa l’attenuante di cui al comma quinto
dell’art.73 d.PR.309/90, ha ritenuto di rideterminare la
pena inflitta nel giudizio di primo grado nella misura
di anni uno e mesi quattro di reclusione ed euro 4.000
di multa.
Il ricorso deve essere quindi dichiarato inammissibile
con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento
delle spese processuali e della somma di e 1.000,00 in
favore della cassa delle ammende.

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