Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 18661 del 12/04/2013
Penale Sent. Sez. 4 Num. 18661 Anno 2013
Presidente: BRUSCO CARLO GIUSEPPE
Relatore: MARINELLI FELICETTA
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
CATERINI GIUSEPPE N. IL 05/01/1958
avverso la sentenza n. 1170/2011 CORTE APPELLO di REGGIO
CALABRIA, del 10/01/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 12/04/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. FELICETTA MARINELLI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
ALi-e<02-T
che ha concluso per e ( Udito, per 19/parte c
Udit i4ifensor A , l'Avv Data Udienza: 12/04/2013 del 6/06/2011 il Tribunale di Reggio
Con sentenza
Calabria dichiarava Caterini Giuseppe colpevole dei
reati di cui agli articoli 56,624,625 comma 1, numeri
2 e 3 c.p. (tentato furto aggravato), 4 L.110/75
(porto abusivo di coltello) e 648 c.p. (ricettazione)
e, concesse le attenuanti di cui agli articoli 62 bis
e 62 n.4 c.p. equivalenti alle contestate aggravanti,
lo condannava, tenuto conto della diminuente del rito
prescelto, alla pena di anni uno e mesi quattro di
reclusione ed euro 300 di multa, oltre al pagamento
delle spese processuali.
Avverso la sopra indicata sentenza proponeva appello
il difensore dell'imputato.
La Corte di appello di Reggio Calabria con sentenza
del 10.01.2012 confermava la sentenza emessa nel
giudizio di primo grado e condannava l'imputato al
pagamento delle spese del grado.
Avverso tale sentenza Caterini Giuseppe, a mezzo del
suo difensore, proponeva ricorso per cassazione per
ottenerne l'annullamento e 4(duceva:
-violazione dell'art.606 lett.b) c.p.p. "inosservanza
o erronea applicazione della legge penale o di
altre norme giuridiche di cui si deve tenere
conto nell'applicazione della legge penale"
a) inosservanza dell'art.56 c.p.. Secondo la
difesa del ricorrente non sussisterebbe un
elemento psicologico compatibile con il
tentativo, mancando il dolo diretto o
intenzionale che è l'unico in grado di
sorreggere il requisito dell'intenzione di
realizzare l'evento previsto dalla norma
incriminatrice.
b) Inosservanza degli articoli 213 e 214
c.p.p.. Lamentava sul punto la difesa che la
responsabilità
dell'imputato
era
stata
affermata sulla base di un riconoscimento
effettuato da un componente delle Forze
dell'Ordine,
senza
effettuare
una
ricognizione formale.
c) Inosservanza dell'art.648 c.p., in quanto,
ad avviso della difesa, non sarebbe stata
provata
la
consapevolezza
in
capo
all'imputato della provenienza delittuosa
della res.
d) Inosservanza dell'art.47 c.p., in quanto
erroneamente la Corte territoriale avrebbe
escluso l'errore di fatto sulla provenienza
delittuosa della res, che escluderebbe il
dolo e cioè l'elemento psicologico. Ritenuto in fatto ti Inosservanza dell'art.62 n.4 c.p., in quanto
erroneamente
i
giudici
della
Corte
territoriale, con riferimento all'art.648
c.p., non avevano riconosciuto l'attenuante
invocata in sede di appello di cui
all'art.62 n.4 c.p., ossia dell'attenuante
del danno di speciale tenuità.
f) Inosservanza dell'art.4 comma 3 L.110/75.
Lamentava sul punto la difesa che i giudici
della
Corte
territoriale
non
avevano
indicato le ragioni per cui non era stata
concessa
l'attenuante
prevista
dalla
disposizione sopra indicata.
g) Inosservanza dell'art.530
secondo comma
c.p.p. che, secondo la difesa, sarebbe
violato, essendo insufficiente la prova che
l'imputato abbia commesso il fatto.
-violazione dell'art.606 lett.e) c.p.p." mancanza,
contraddittorietà o manifesta illogicità della
motivazione, in particolare:
a) motivazione illogica in ordine ai rapporti tra
la circostanza aggravante di cui all'art.625
coma l n.3 e l'art.4 L.110/75 in quanto,
secondo la difesa, i giudici della Corte
territoriale non avrebbero espresso in modo
esaustivo la diversa rilevanza che assumerebbero
l'art.4 L.110775 e l'aggravante di cui
all'art.625 comma l n.3. Si tratterebbe di due
diverse ipotesi che si riferiscono alla medesima
res che è stata oggetto di una duplice
valutazione espressiva del medesimo disvalore
sociale, con la conseguenza che l'imputato
sarebbe sanzionato in modo duplice per il
medesimo fatto.
b)
Motivazione
illogica
in
ordine
alla
determinazione della pena ex art.133 c.p..
Considerato in diritto
Il proposto ricorso è infondato.
Si osserva preliminarmente (cfr, Cass, Sez.4, Sent. n.4842 del
2.12.2003, Rv. 229369) che, nel momento del controllo della
motivazione, la Corte di Cassazione non deve stabilire se la
decisione di merito proponga la migliore ricostruzione dei
fatti, né deve condividerne la giustificazione, ma deve
limitarsi a verificare se questa giustificazione sia compatibile
con il senso comune e con i limiti di una plausibile opinabilità
di apprezzamento; ciò in quanto l'art.606, comma l, lett.e)
c.p.p. non consente a questa Corte una diversa lettura dei dati
processuali o una diversa interpretazione delle prove, perché è e) estraneo al giudizio di legittimità il
controllo
sulla
correttezza della motivazione in rapporto ai dati processuali.
Tanto premesso la motivazione della sentenza impugnata appare
logica e congrua e supera quindi il vaglio di questa Corte nei
limiti sopra indicati.
I giudici della Corte di appello di Reggio Calabria hanno
infatti chiaramente evidenziato gli elementi da cui hanno
dedotto la sussistenza della responsabilità del Caterini in
ordine al reato di tentato furto aggravato, atteso che il
Caterini era stato bloccato dal passante Clemente Corigliano
allorquando già si era introdotto all'interno di un'autovettura,
dopo averne infranto i vetri, e si era impossessato di due
telefoni cellulari. Parimenti la sentenza impugnata ha indicato
i motivi per cui doveva prestarsi fede al riconoscimento del
Caterini operato dal Corigliano, dal momento che l'uomo era
entrato in contatto non solo visivo, ma anche fisico con
l'autore del tentato furto e quindi ne aveva potuto fissare
nella memoria le sembianze e confrontarle con quelle del
soggetto visto quasi nell'immediatezza.
I giudici della Corte territoriale hanno poi spiegato con
adeguata motivazione le ragioni per cui hanno ritenuto
sussistente sia l'aggravante di cui all'art.625 n.3 c.p., atteso
che il Caterini è stato trovato in possesso di un coltello a
serramanico non utilizzato per commettere il reato, nel qual
caso avrebbe dovuto essere contestata la rapina, sia l'ipotesi
contravvenzionale di cui all'art.4 legge n.110/75 (escludendo
implicitamente l'attenuante di cui al comma 3 dell'art.4
L.110/75 in mancanza di elementi che ne giustificassero la
concessione), evidenziando che il possesso del coltello assumeva
rilievo sotto tale duplice profilo, in quanto trattasi di
ipotesi autonome che possono concorrere tra di loro atteso che i
beni giuridici tutelati sono diversi.
Anche per quanto attiene alla sussistenza del reato di
ricettazione la motivazione della sentenza impugnata appare
assolutamente adeguata e congrua. In particolare i giudici della
Corte territoriale hanno osservato che il Caterini è stato
trovato in possesso di un cellulare di provenienza furtiva e che
non ha fornito alcuna giustificazione in merito. Pertanto i
giudici di appello, che hanno anche citato pertinente
giurisprudenza di questa Corte sul punto, hanno ritenuto che in
tema di ricettazione la prova dell'elemento soggettivo può
essere raggiunta anche sulla base dell'omessa, o inattendibile,
indicazione della provenienza della cosa ricevuta, la quale è
sicuramente rivelatrice della volontà di occultamento,
logicamente spiegabile con un acquisto in mala fede.
Parimenti hanno spiegato le ragioni per cui hanno ritenuto
sussistente l'ipotesi di cui al secondo coma dell'art.648 c.p.,
ma non già l'attenuante di cui all'art.62 n.4 c.p., in quanto
hanno ritenuto sussistente il fatto di particolare tenuità di
cui al secondo comma dell'art.648 c.p., valutando
complessivamente la vicenda, ma hanno escluso la concessione
dell'attenuante di cui all'art.62 n.4 c.p., in quanto non vi PQM Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali.
Così deciso in Roma il 12.04.2013 erano in atti elementi che deponessero per la sussistenza di un
danno patrimoniale di speciale tenuità.
In conclusione adeguata e congrua appare la motivazione della
sentenza impugnata sia in punto di responsabilità, sia con
riferimento al trattamento sanzionatorio, avendo i giudici della
Corte territoriale indicato chiaramente i motivi per cui hanno
ritenuto di confermare la pena irrogata dal giudice di primo
grado.
Il proposto ricorso deve essere, pertanto, rigettato e il
ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali.