Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 18650 del 30/04/2015


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 18650 Anno 2015
Presidente: CONTI GIOVANNI
Relatore: DI SALVO EMANUELE

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
GHABRI BASSEM N. IL 13/07/1984
avverso la sentenza n. 2/2015 CORTE APPELLO di VENEZIA, del
09/03/2015
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. EMANUELE DI
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lette/sentite le conclusioni del PG Dott.

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Data Udienza: 30/04/2015

1.Ghabri Bassem ricorre per cassazione
avverso la sentenza della Corte
d’appello di Venezia, in data 9-3-2015, con cui è stata disposta la consegna del
ricorrente all’Autorità giudiziaria francese, in esecuzione del mandato di arresto
europeo emesso, 1’11-1-2010, dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale
di Grande istanza di Parigi, in quanto gravemente indiziato del reato di
furto,preceduto , accompagnato o seguito da violenze, che hanno determinato
la morte.
2. Il ricorrente deduce, con unico motivo, violazione di legge, essendo stata
erroneamente respinta l’istanza di dar corso al procedimento nelle forme
dell’udienza pubblica, rivolta dall’interessato alla Corte d’appello,
conformemente all’art. 6 CEDU, che riconosce il diritto dell’interessato ad una
pubblica udienza, in cui si discuta anche della sussistenza, a suo carico, di gravi
indizi di reità, preordinatamente ad una pronuncia di grande incidenza sullo
status libertatis del consegnando.
Ove si ritenga che l’art. 17 I. 69/05 non possa essere interpretato in senso
favorevole al riconoscimento di tale diritto, il ricorrente chiede che venga
sollevata questione di legittimità costituzionale della predetta norma , per
contrasto, in primo luogo, con l’art 117, primo comma, Cost,poichè la violazione
delle norme della CEDU, che hanno natura di norme interposte, ridonda in
violazione della suddetta norma costituzionale; in secondo luogo, per contrasto
con l’art. 111 Cost, in relazione alla violazione dei principi del “giusto processo”.
In quest’ottica, il ricorrente richiama il dictum di C. Cost. n. 93/2010, con cui
sono stati dichiarati costituzionalmente illegittimi gli artt. 4 I 27-12-1956 n. 1423
e 2-ter I 31-5-1965 n. 575, in materia di misure di prevenzione, nella parte in cui
non consentivano che, su istanza degli interessati, il procedimento si
svolgesse,davanti al tribunale e alla corte d’appello, nelle forme dell’udienza
pubblica. Nel medesimo ordine di idee, C. cost. n. 135/2014 ha dichiarato
costituzionalmente illegittimi gli artt. 666, comma 3 , 678, comma 1 , e 679,
comma 1, cod. proc. pen. , in relazione al procedimento per l’applicazione di
misure di sicurezza. La Corte EDU ha poi sottolineato il contrasto con l’art. 6
della Convenzione dell’art. 315 comma 3 cod. proc. pen., in relazione all’art. 646,
comma 1, cod. proc. pen., che, in materia di riparazione per l’ingiusta
detenzione, prevede l’udienza camerale.
Si chiede pertanto annullamento della sentenza impugnata o elevazione della
questione di legittimità costituzionale.

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1

RITENUTO IN FATTO

1.Le doglianze formulate sono infondate. L’art 17 comma 1 I. 22-4-2005 n. 69 è
assolutamente univoco nello stabilire che la corte d’appello decida con sentenza
in camera di consiglio. Non era dunque giuridicamente possibile accogliere
l’istanza dell’interessato e disporre che il procedimento si svolgesse nelle forme
dell’udienza pubblica. D’altronde, la questione di legittimità costituzionale
prospettata è manifestamente infondata. Infatti, il principio della pubblicità del
giudizio,specie di quello penale,pur essendo connaturale ad un ordinamento
democratico (C. cost. nn. 373/1992, 69/1991 e 50/1989), non ha carattere
assoluto (C. cost. nn. 212/1986 e 12/1971) ed è correlato, in
particolare,nell’ottica delineata dall’art. 6 della Convenzione per la salvaguardia
dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, che fa riferimento al
“fondamento” di ogni accusa, in materia penale, elevata contro l’incolpato, alla
trattazione delle questioni inerenti alla responsabilità dell’imputato,
all’assunzione e alla valutazione degli indizi e delle prove a suo carico, alla
disamina della tematica afferente alla pericolosità sociale dell’interessato e alla
conseguente applicazione di sanzioni penali, di misure di sicurezza o di
prevenzione o comunque di misure di carattere afflittivo nei suoi confronti.
Non vi è invece ragione di procedere nelle forme dell’udienza pubblica laddove
l’oggetto della trattazione sia costituito esclusivamente da questioni di carattere
tecnico —giuridico e altamente specialistico, rispetto alle quali il controllo del
pubblico sull’esercizio dell’attività giurisdizionale – richiesto dall’art.6, par.1, della
Convenzione europea dei diritti dell’uomo, così come interpretato dalla Corte di
Strasburgo— può ritenersi non necessario, alla luce
della peculiare natura delle questioni trattate. (C. cost. 12-2-2014 n. 135, Rv
37942). E’ questo il caso della procedura relativa al mandato d’arresto europeo,
nel contesto della quale si discute di una serie di problematiche di carattere
tecnico-giuridico, inerenti al ricorrere delle condizioni e dei presupposti previsti
dalla legge per la consegna dell’interessato all’autorità straniera richiedente, ma
l’area della valutazione del materiale probatorio a carico del consegnando, pur
nell’ipotesi di euromandato di natura processuale, a fondamento del quale vi
sia , cioè, soltanto un titolo cautelare e non una sentenza esecutiva, è assai
ristretta. Costituisce infatti ius receptum, nella giurisprudenza di questa
suprema Corte, il principio secondo cui l’autorità giudiziaria italiana, ai fini della
“riconoscibilità” del presupposto dei gravi indizi di colpevolezza, deve limitarsi a
verificare che il mandato sia, per il suo contenuto intrinseco e per gli elementi
raccolti in sede investigativa, fondato su un compendio indiziario che l’autorità
giudiziaria emittente ha ritenuto seriamente evocativo di un fatto-reato
commesso dalla persona di cui si chiede la consegna” (Sez. U. n. 4614 del
2

CONSIDERATO IN DIRITTO

PQM
RIGETTA IL RICORSO E CONDANNA IL RICORRENTE AL PAGAMENTO DELLE SPESE
PROCESSUALI. MANDA ALLA CANCELLERIA PER GLI ADEMPIMENTI DI CUI
ALL’ART.22 COMMA 5 L. N.69 DEL 2005
Così deciso in Roma, all ‘udienza del 30-4-2015.

30/1/2007-5/2/2007, Ramoci, Rv. 235348248; ex plurimis , Sez. F, n. 33642 del
13/9/2005-14/9/2005, Hussain, Rv. 232118249; Sez. 6, n. 34355 del 23/9/200526/9/2005, Ilie, Rv. 232053250; Sez. 6, n. 16542 del 8/5/2006-15/5/2006, Cusini,
Rv. 233549251; Sez. 6, n. 8449 del 14/2/2007-28/2/2007, Piaggio, non mass. sul
punto ). Non è pertanto necessario che il mandato di arresto contenga una
elaborazione dei dati fattuali che pervenga alla conclusione della gravità
indiziaria ma è necessario e sufficiente che le fonti di prova indicate nella
relazione, ai sensi dell’art. 6, comma quarto, lett. a), I. n. 69 del 2005, siano
astrattamente idonee a fondare la gravità indiziaria, sia pure con la sola
indicazione delle evidenze fattuali a carico del consegnando, mentre la
valutazione in concreto delle stesse è riservata all’autorità giudiziaria del Paese
emittente ( Sez. F, n. 32381 del 24/08/2010 – 27/08/2010, Termini, Rv. 248254).
Esula dunque dai poteri conferiti al giudice nazionale qualsiasi valutazione in
ordine all’adeguatezza del materiale indiziario posto alla base del provvedimento
cautelare e degli elementi di prova addotti a discarico dal ricorrente, i quali
trovano la loro normale sede di prospettazione e disamina dinanzi all’autorità
giudiziaria emittente (da ultimo, Sez. 6, n. 16362, del 16/4/2008-19/4/2008;
Mandaglio, Rv. 239649254).
In considerazione di questa architettura concettuale, non può considerarsi
collidente con l’art 6 CEDU la previsione relativa allo svolgimento dell’udienza in
camera di consiglio. Tanto più che anche in questo tipo di procedura è ammesso
un contraddittorio, che è disciplinato dall’art. 17 I. 69/05, ed è tutelato il diritto
di difesa. D’altra parte, è giurisprudenza costante del giudice delle leggi che le
forme di esercizio del diritto di difesa possano essere diversamente modulate in
relazione alle caratteristiche di ciascun procedimento, allorché, come nel caso in
disamina, di tale diritto siano comunque assicurati lo scopo e la funzione.
2.11 ricorso va dunque rigettato , con conseguente condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali. Vanno inoltre espletati gli adempimenti di
cui all’ art 22, comma 5, I. 69/2005.

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