Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 1865 del 17/12/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 1865 Anno 2014
Presidente: CASUCCI GIULIANO
Relatore: RAGO GEPPINO

SENTENZA
su ricorso proposto da:
OTELLA ALESSANDRO nato il 25/08/1944, avverso l’ordinanza del
25/02/2013 del Tribunale del Riesame di Torino;
Visti gli atti, l’ordinanza ed il ricorso;
udita la relazione fatta dal Consigliere dott. Geppino Rago;
udito il Procuratore Generale in persona della dott.ssa Maria Giuseppina
Fodaroni che ha concluso per il rigetto;
FATTO e DIRITTO
1. Con ordinanza del 25/02/2013, il Tribunale del Riesame di
Torino confermava il decreto di sequestro probatorio – emesso dal
Pubblico Ministero presso il Tribunale di Torino – di svariati reperti
archeologici rinvenuti nel possesso di OTELLA Alessandro indagato per i
reati di cui agli artt. 175 – 176 dlgs 42/2004 e 648 cod. pen.
Rilevava il Tribunale che «che il fumus delle violazioni dell’art. 175,
1 comma, TU Beni Culturali, e dell’art. 176, TU Beni Culturali, ovvero
dell’art. 648 emergesse già dal mero reperimento, in sede di
perquisizione domiciliare, compiuta per gli altri reati, a carico dell’Otella,

Data Udienza: 17/12/2013

di un gran numero di reperti archeologici, alcuno dei quali ben avrebbe
potuto essere proveniente da ricerche archeologiche illegali, compiute in
Italia, ovvero essere di proprietà dello Stato italiano, non essendo
dirimente, al fine di escluderlo, la mera impressione degli operanti che si
trattasse di reperti di natura precolombiana, ovvero il mero

un’esperta, sulla base della visione delle sole fotografie. Oltre al fumus
delle violazioni contestate, pertanto, sussisteva altresì l’impellente
esigenza di sottoporre i reperti alla visione diretta di esperti, al fine di
accertarne l’autenticità e la effettiva provenienza».

2. Avverso la suddetta ordinanza, l’OTELLA, a mezzo del proprio
difensore, ha proposto ricorso per cassazione deducendo i seguenti
motivi:
2.1.

MANIFESTA ILLOGICITÀ DELLA MOTIVAZIONE

per avere il Tribunale

trascurato completamente «di considerare le risultanze dell’attività di
investigazione difensiva versata in atti e consistita nell’assunzione a
sommarie informazioni del signor Costamagna che ha
inequivocabilmente confermalo la provenienza ecuadoregna dei reperti
da lui riconosciuti come esistenti presso l’abitazione di Alessandro
Otella da oltre 15 anni confortando, al riguardo, le valutazioni già
formulate dagli operanti e dalla esperta in arte precolombiana e
rendendo pertanto, del tutto evidente non solo come non potesse
parlarsi di fumus dei contestati reati di cui all’ari 648 c.p. e 175 co. I e
176 TU Beni Culturali, ma anche come esistesse un significativo
elemento di prova di segno diametralmente opposto. Da ultimo, infine,
si sottolinea come non possa ritenersi motivazione idonea a giustificare
il perdurare del sequestro quella addotta dal Tribunale del riesame
laddove ha affermato che il sequestro non può essere revocato anche
perché sussiste l’impellente esigenza di sottopone i reperti sequestrati
alla visione diretta di esperti, per accertarne l’autenticità e l’effettiva
provenienza. Infatti, l’imposizione del vincolo reale sui beni non può
essere funzionale all’espletamento di una Consulenza Tecnica da parte
di esperti a sua volta necessaria per riscontrare le eventuali violazioni

2

riconoscimento, come tali, di alcuni degli oggetti rinvenuti, da parte di

di legge in contestazione. In altri termini il sequestro non può essere
disposto al fine di acquisire la notitia criminis».
2.2.

VIOLAZIONE DELL’ART.

606

LETT. 13) COD. PROC. PEN.

per avere il

tribunale ritenuto che fosse impossibile giuridicamente revocare il
sequestro in quanto l’indagato avrebbe dovuto far ricorso alla

3. Il ricorso è manifestamente infondato.
In punto di diritto, va rammentato che, in sede di riesame del
sequestro probatorio, il tribunale deve stabilire l’astratta configurabilità
del reato ipotizzato. Tale astrattezza, però, non limita i poteri del giudice
nel senso che questi deve esclusivamente “prendere atto” della tesi
accusatoria senza svolgere alcun’altra attività, ma determina soltanto
l’impossibilità di esercitare una verifica in concreto della sua fondatezza.
Alla giurisdizione compete, perciò, il potere-dovere di espletare il
controllo di legalità, sia pure nell’ambito delle indicazioni di fatto offerte
dal pubblico ministero. L’accertamento della sussistenza del “fumus
commissi delicti” va compiuto sotto il profilo della congruità degli
elementi rappresentati, che non possono essere censurati in punto di
fatto per apprezzarne la coincidenza con le reali risultanze processuali,
ma che vanno valutati così come esposti, al fine di verificare se essi
consentono di sussumere l’ipotesi formulata in quella tipica. Pertanto, il
tribunale non deve instaurare un processo nel processo, ma svolgere
l’indispensabile ruolo di garanzia, tenendo nel debito conto le
contestazioni difensive sull’esistenza della fattispecie dedotta ed
esaminando l’integralità dei presupposti che legittimano il sequestro:
SSUU 23/1996 Riv 206657.
Va, poi, anche rammentato che, ex combinato disposto degli artt.
257-324-325 cod. proc. pen., il ricorso per cassazione è ammesso solo
per violazioni di legge e non per vizi motivazionali.
Orbene, è sufficiente leggere il ricorso per avvedersi che il
ricorrente, lungi dal contenere i motivi di doglianza entro il suddetto
stretto ambito (così come, invece, ha fatto correttamente il tribunale il
quale, dopo avere dato atto degli elementi probatori in atti, ha ritenuto

3

procedura di restituzione di cui all’art. 263 cod. proc. pen.

che l’ipotesi accusatoria fosse, in astratto, configurabile), si dilunga in
un esame del merito dei singoli indizi giungendo alla conclusione che i
medesimi non potevano essere considerati idonei a far ritenere la
fondatezza dei reati contestati i quali, comunque, sarebbero tutti
prescritti.

con la medesima il ricorrente non evidenzia alcuna violazione di legge
ma si limita a contestare, sotto il profilo della illogicità della
motivazione, la sussistenza dei contestati reati contrapponendo alla
motivazione del tribunale, altri fonti di prova: il che, alla stregua della
citata giurisprudenza di questa Corte, deve ritenersi inammissibile.
Quanto, infine alla censura secondo la quale il sequestro non
poteva essere disposto al fine di acquisire la

notitia criminis, è

sufficiente replicare che il fumus delicti emerge dal possesso di beni di
particolare natura e che gli accertamenti in corso servono, non tanto ad
appurare la sussistenza dei reati, quanto, paradossalmente, a verificare
la fondatezza della tesi difensiva: quindi, giustificato è il fine probatorio
indicato dal tribunale.
Resta infine assorbita la censura illustrata al § 2.2. trattandosi di
motivazione addotta dal Tribunale

ad abundatiam

e, quindi,

sostanzialmente irrilevante ai fini della decisione.

4. Alla declaratoria di inammissibilità consegue, per il disposto
dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali, nonché al versamento in favore della Cassa delle Ammende
di una somma che, ritenuti e valutati i profili di colpa emergenti dal
ricorso, si determina equitativamente in € 1.000,00.
P.Q.M.
DICHIARA
inammissibile il ricorso e
CONDANNA
il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di €
1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

4

Sennonché, la censura va ritenuta inammissibile proprio perché,

Roma 17/12/2013

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