Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 18637 del 31/01/2013


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 18637 Anno 2013
Presidente: BRUSCO CARLO GIUSEPPE
Relatore: DOVERE SALVATORE

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
1) MANTIA AGOSTINO, N. IL 25/3/1969,
avverso la sentenza n. 3745/2010 pronunciata dalla Corte di Appello di Palermo
il 1/3/2012;
udita la relazione fatta dal Consigliere Dott. Salvatore Dovere;
udite le conclusioni del P.G. Dott. Gabriele Mazzotta, che ha chiesto il rigetto del
ricorso;
udite le conclusioni dell’avv. Roberto Panepinto, il quale ha chiesto l’accoglimento
del ricorso;

RITENUTO IN FATTO
1. Il Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Termini Imerese
mandava assolto Mantia Agostino dal reato di tentato furto aggravato avente ad
oggetto un cavallo in proprietà di Savojardo Francesco, ritenendo che la
individuazione fotografica e poi la ricognizione fotografica dell’imputato operata
da Ciaccio Giorgio non fosse attendibile, avendo questi potuto scorgere l’uomo
che si stava allontanando dal luogo del furto con l’animale solo in scarse
condizioni di visibilità (ora di notte e assenza di illuminazione) e perché la
deposizione resa da Asterino Maria, moglie dell’imputato, che sostanzialmente
prospettava un alibi, risultava credibile.

Data Udienza: 31/01/2013

2. La Corte di Appello di Palermo, con la sentenza indicata in epigrafe,
riformava la descritta pronuncia giudicando il Mantia colpevole del reato di
tentato furto aggravato con violenza sulle cose e, ritenuta la recidiva specifica,
esclusa quella infraquinquennale, lo condannava alla pena di mesi dieci di
reclusione ed euro 100,00 di multa, nonché al pagamento delle spese
processual i.
Riteneva il giudice di secondo grado che a fronte delle dichiarazioni del
Ciaccio, il quale aveva riferito di aver avvicinato sino a circa un metro la persona
proprio autoveicolo, gli atti di identificazione compiuti dal medesimo dovevano
ritenersi del tutto attendibili, laddove la deposizione della Asterino doveva
ritenersi certamente inattendibile sia per il rapporto di coniugio sia perché il
Ciaccio aveva rilevato modello, colore e targa del veicolo a bordo del quale il
ladro si era allontanato ed essi corrispondevano al modello, al colore e alla targa
dell’autovettura risultata in proprietà della donna. La quale, concludeva la Corte
territoriale, anche a voler ipotizzare che il Manda si fosse fatto accompagnare sul
luogo del furto da altro soggetto che non fosse la moglie, aveva tutto l’interesse
ad allontanare da sé ogni sospetto.
3.

Ricorre per cassazione Mantia Agostino con atto sottoscritto

personalmente.
3.1. Con un primo motivo si duole che il giudice di secondo grado abbia
sopravvalutato la deposizione del Ciaccio e per converso svalutato quella di
Asterino Maria, operando così un travisamento dei fatti, nel contesto di una
motivazione che non tiene conto delle argomentazioni svolte dal primo giudice.
3.2. Con un secondo motivo si deduce l’erroneità del giudizio di esclusione
delle attenuanti generiche, che avrebbe valorizzato “elementi discrezionali
previsti dall’art. 133 cod. pen., e che non riguardano la posizione del ricorrente,
che risponde di un unico episodio delittuoso, il cui disvalore sociale è
assolutamente minimo”, sicchè la pena è eccessiva e poteva essere
ulteriormente ridotta.
3.3. Con un terzo motivo si ravvisa contraddittorietà della motivazione
laddove esclude la recidiva infraquinquennale e poi dispone correggersi
l’intestazione della sentenza con l’aggiunta del riferimento alla recidiva specifica
ed infraquinquennale.
CONSIDERATO IN DIRITTO

4. Il ricorso è inammissibile, siccome aspecifici i motivi.
4.1. Tal’è il primo motivo, posto che esso asserisce una presunta
sopravvalutazione della deposizione del Ciaccio, senza che sia enunciata alcuna

che si allontanava con l’animale e che il volto di essa era illuminato dai fari del

puntuale critica, in diritto o in fatto, della motivazione resa al riguardo dal
giudice di secondo grado. Né è sufficiente evocare un ‘travisamento dei fatti’,
ovvero l’errore sul significato attribuibile all’enunciato attraverso il quale si è
manifestata la prova. Invero, una simile censura si traduce nella prospettazione
di una ricostruzione dei fatti alternativa a quella fatta propria dal giudice del
merito, ricostruzione che si vorrebbe veder convalidata dal giudice di legittimità.
Al quale, all’inverso, tale intervento è precluso, dovendo egli limitare il
proprio sindacato unicamente alla compiutezza e congruenza logica della

cui consiste la prova dichiarativa, che “cadendo sul significante e non sul
significato della prova si traduce nell’utilizzo di una prova inesistente per effetto
di una errata percezione di quanto riportato dall’atto istruttorio” (tra le molte,
Sez. 5, n. 18542 del 21/01/2011 – dep. 11/05/2011, Carone, Rv. 250168).
Nella specie, il ricorso non evidenza gli elementi di diritto e di fatto che
dovrebbero sostenere le censure, come sopra qualificate.
4.2. Alla medesima stregua risulta aspecifico il secondo motivo del ricorso,
posto che neppure si indicano in cosa sarebbe consistita la radice del vizio
affettante il giudizio di esclusione delle attenuanti generiche.
4.3. Manifestamente infondato, dal canto suo, è il terzo motivo. La
disposizione data dalla Corte territoriale avente ad oggetto la correzione
dell’intestazione della sentenza, in modo che questa fosse coerente
all’imputazione, come definita dal p.m., rappresenta non già elemento fondante
della contraddittorietà della motivazione laddove esclude la recidiva
infraquinquennale ma, all’inverso, il presupposto perché possa avere un senso
logico e giuridico tal ultima statuizione, diversamente nemmeno comprensibile.

5. Segue, a norma dell’articolo 616 cod. proc. pen., la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese del procedimento ed al pagamento a favore
della cassa delle Ammende, non emergendo ragioni di esonero, della somma di
euro 1000,00 (mille/00) a titolo di sanzione pecuniaria.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1000,00 a favore della cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 31/1/2013.

motivazione. Altro è il travisamento della prova, ovvero l’errore sull’enunciato in

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