Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 18637 del 17/03/2015


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 18637 Anno 2015
Presidente: CONTI GIOVANNI
Relatore: DE AMICIS GAETANO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
BARTOLO ANTONELLA N. IL 26/10/1984
avverso l’ordinanza n. 918/2014 TRIB. LIBERTA’ di REGGIO
CALABRIA, del 22/08/2014
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GAETANO DE AMICIS;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott. _I e 99-0
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Data Udienza: 17/03/2015

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza emessa il 22 agosto 2014 il Tribunale del riesame di
Reggio Calabria ha confermato l’ordinanza in data 5 agosto 2014 del G.i.p.
presso il medesimo Tribunale, che aveva applicato a Bartolo Antonella la misura
della custodia cautelare in carcere in ordine ai delitti di favoreggiamento
personale ex art. 378, comma 2, c.p., aggravati ai sensi dell’art. 7 della I. n.
203/1991 e a lei contestati nei capi sub G) e H) dell’imputazione provvisoria,
a) l’aiuto fornito al latitante Pesce

Giuseppe attraverso il supporto logistico offerto alla di lui moglie, Ilenia Bellocco,
peraltro cugina della predetta indagata, per garantirle, in data 30 novembre
2012, un allontanamento in forma clandestina da Rosarno in modo da poter
raggiungere il marito; b) l’attività di “bonifica” svolta il 21 febbraio 2013, in
concorso con altri indagati, su una microspia installata sull’autovettura della
stessa Bellocco, in tal modo contribuendo ad eludere le attività investigative
indirizzate alla ricerca del predetto latitante.

2. Avverso la su indicata ordinanza ha personalmente proposto ricorso per
cassazione Bartolo Antonella, deducendo due motivi di doglianza il cui contenuto
viene qui di seguito sinteticamente illustrato.

2.1. Violazioni di legge e vizi motivazionali con riferimento ai delitti
contestati nei capi d’imputazione provvisoria sub G) ed H), per avere il Tribunale
riprodotto in modo acritico la ricostruzione prospettata dal G.i.p. nell’ordinanza
genetica, senza affrontare il merito delle censure difensive in ordine
all’inesistenza dell’elemento psicologico del reato e all’assenza di elementi
concreti dai quali desumere che la Bellocco si sia effettivamente recata dal
marito nell’arco temporale ivi considerato, avuto riguardo anche al carattere non
univoco delle risultanze offerte dalle attività di intercettazione.

2.2. Si deducono, inoltre, con riferimento all’aggravante di cui al su
menzionato art. 7, l’illogicità dell’attribuzione alla ricorrente di una piena
conoscenza delle gerarchie mafiose pur in assenza di validi presupposti di fatto
idonei a supportare tale assunto, e, con riferimento all’art. 274, comma 1, lett.
c), c.p.p., vizi motivazionali e di violazione di legge per l’assenza del requisito di
concretezza del prospettato pericolo di commissione di nuovi reati.

relativamente a due episodi concernenti:

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è parzialmente fondato e va pertanto accolto nei limiti e per gli
effetti di seguito esposti e precisati.

2. La gravità del panorama indiziario evocato a sostegno della misura, e
scrutinato in termini di adeguatezza dal Giudice del riesame cautelare, deve
ritenersi congruamente sostenuta dall’apparato motivazionale su cui si radica

analitica e globale degli elementi indiziari emersi a carico della ricorrente, dando
conto, in maniera logica e adeguata, delle ragioni che giustificano l’epilogo del
relativo percorso decisorio.
Entro una prospettiva logico-argomentativa tracciata da sequenze
motivazionali linearmente esposte, deve rilevarsi come l’impugnata ordinanza
abbia fatto buon governo del quadro dei principii che regolano la materia in
esame, puntualmente replicando alle obiezioni difensive e ponendo in evidenza sulla base delle numerose emergenze investigative ivi compiutamente
rappresentate, e in particolare degli esiti delle operazioni di intercettazione
ambientale – il contributo efficacemente offerto dall’indagata alla
neutralizzazione delle attività di monitoraggio posto in essere dalle Forze
dell’ordine ai fini della localizzazione e cattura del latitante Pesce Giuseppe:
contributo volto ad una minuziosa ispezione effettuata all’interno dell’autoveicolo
in uso alla Bellocco, assieme ad altre persone della medesima cerchia familiare,
per “bonificarlo” da un congegno elettronico idoneo alla registrazione delle
conversazioni che vi erano intrattenute e, dunque, potenzialmente in grado di
fornire utili elementi investigativi alla ricerca del luogo &rifugio del marito.
Strettamente connessa a tale episodio, inoltre, risulta l’ulteriore condotta di
ausilio emersa dagli esiti delle attività d’indagine, e in particolare dal servizio di
video-osservazione svolto dagli organi di P.G., che ha consentito di registrare la
cd. operazione di “staffetta” intervenuta fra la autovettura con la quale la
Bellocco giungeva sul luogo dell’appuntamento concordato con l’indagata, e
quella, da quest’ultima richiesta in prestito al fidanzato, sulla quale la prima
prendeva posto per il successivo spostamento in uscita dal centro abitato di
Rosarno al fine di far perdere le proprie tracce ed eludere in tal modo le attività
di monitoraggio ed osservazione svolte dagli organi inquirenti.

3. Sulla base delle su esposte considerazioni, deve ritenersi che il Tribunale
del riesame abbia correttamente applicato i principii al riguardo affermati da
questa Suprema Corte (arg.

ex Sez. 6, n. 2936 del 01/12/1999, dep.
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l’impugnato provvedimento, che ha correttamente proceduto ad una valutazione

09/03/2000, Rv. 217108; v., inoltre, in motivazione, Sez. 6, n. 53593 del
02/12/2014, dep. 23/12/2014, Rv. 261845), secondo cui il fatto di offrire un
contributo causalmente rilevante per evitare al ricercato di uscire, sia pure
temporaneamente, dal suo stato di clandestinità, con l’eliminazione dei connessi
ed intuibili “rischi”, significa attuare una condotta di favoreggiamento personale,
poiché con tale atteggiamento, sostanzialmente, si contribuisce a garantire la
persistenza della scelta di clandestinità e ad intralciare le ricerche del latitante da
parte delle autorità inquirenti.

personale, che è un reato di pericolo, deve consistere in un’attività che – come
avvenuto nel caso in esame – abbia frapposto un ostacolo, anche se limitato o
temporaneo, allo svolgimento delle indagini, che abbia, cioè, provocato una
negativa alterazione – quale che sia – del contesto fattuale all’interno del quale le
investigazioni e le ricerche erano in corso o si sarebbero comunque potute
svolgere (Sez. 6, n. 709 del 24/10/2003, dep. 15/01/2004, Rv. 228257).
Corretta, inoltre, deve ritenersi la decisione impugnata nella parte in cui ha
affermato la sussistenza dell’aggravante speciale di cui all’art. 7 del d.l. n. 152
del 1991 (convertito nella I. n. 203 del 1991), poiché ai fini della sua
configurabilità è necessario – quale che sia la posizione associativa del favorito che la condotta valga oggettivamente ad agevolare anche l’attività
dell’associazione mafiosa di riferimento, e che di tale obiettiva funzionalità
l’agente sia consapevole (Sez. 6, n. 9735 del 10/12/2013, dep. 27/02/2014, Rv.
259106).
Nel caso in esame, pienamente uniformandosi alle implicazioni di tale linea
interpretativa, i Giudici di merito hanno posto in risalto il fatto che, a seguito
dell’arresto di Pesce Francesco avvenuto in data 8 agosto 2011, il ruolo di
reggenza della cosca, stante la detenzione del padre Antonino, era stato affidato
proprio al fratello Pesce Giuseppe, già sottrattosi all’esecuzione di due
provvedimenti restrittivi del 2010 e del 2012, ed unica persona in grado di
impartire ordini e direttive vincolanti all’esterno tramite le pochissime persone,
fra le quali doveva annoverarsi evidentemente anche la moglie, ammesse al suo
luogo di rifugio: circostanze, queste, di cui tutti, nell’ambiente criminale di
riferimento, ed in particolare fra le persone più vicine, anche per vincoli familiari,
alla moglie del latitante (di cui l’indagata è cugina), erano a conoscenza.
Il contributo in tal guisa offerto, per vero, non solo permette alla persona
ricercata di sfuggire alle ricerche avviate dall’autorità, ma si risolve anche in un
rilevante ausilio alla stessa funzionalità dell’associazione, garantendo ad un suo
capo la possibilità di svolgere indisturbato l’attività di direzione delle relative

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In tal senso si è osservato che la condotta del reato di favoreggiamento

strutture organizzative, che continuano ad operare senza subire compromissioni
o significativi ritardi per effetto del suo arresto.

4. In relazione ai profili or ora indicati, in definitiva, a fronte di un congruo
ed esaustivo apprezzamento delle emergenze procedimentali, esposto attraverso
un insieme di sequenze motivazionali chiare e prive di vizi logici, il ricorrente non
ha individuato passaggi o punti della decisione tali da inficiare la complessiva
tenuta del discorso argomentativo delineato dal Tribunale, ma ha

investigative, facendo leva sul diverso apprezzamento di profili di merito già
puntualmente vagliati in sede di riesame cautelare, e la cui rivisitazione,
evidentemente, non è sottoponibile al giudizio di questa Suprema Corte.
Al riguardo v’è da osservare, peraltro, che l’ordinamento non conferisce a
questa Suprema Corte alcun potere di revisione degli elementi materiali e fattuali
delle vicende oggetto d’indagine, nè la investe di alcun potere di riconsiderazione
delle caratteristiche soggettive degli indagati, ivi compreso l’apprezzamento delle
esigenze cautelari e delle misure ritenute adeguate, trattandosi di accertamenti
rientranti nel compito esclusivo ed insindacabile del giudice cui è stata richiesta
l’applicazione delle misura cautelare e del tribunale chiamato a pronunciarsi sulle
connesse questioni de libertate. Il controllo di legittimità, pertanto, è circoscritto
esclusivamente alla verifica dell’atto impugnato, al fine di stabilire se il testo di
esso sia rispondente a due requisiti, uno di carattere positivo e l’altro di carattere
negativo, la cui contestuale presenza, come avvenuto nel caso in esame, rende
l’atto per ciò stesso insindacabile: 1) l’esposizione delle ragioni giuridicamente
significative che lo hanno determinato; 2) l’assenza nel testo di illogicità
evidenti, ossia la congruenza delle argomentazioni rispetto al fine giustificativo
del provvedimento (da ultimo, v. Sez. F., n. 47748 del 11/08/2014, dep.
19/11/2014, Rv. 261400; Sez. 3, n. 40873 del 21/10/2010, dep. 18/11/2010,
Rv. 248698).

5. Fondata, di contro, deve ritenersi la doglianza dalla difesa prospettata
riguardo all’individuazione dei presupposti del periculum libertatis di cui all’art.
274, comma 1, lett. c), c.p.p., atteso che il parametro della concretezza del
pericolo di reiterazione di reati della stessa indole non può essere affidato
all’apprezzamento di elementi meramente congetturali ed astratti, ma deve
relazionarsi all’intrinseca valenza di dati di fatto oggettivi e indicativi delle
inclinazioni comportamentali e della personalità dell’indagato, sulla cui base sia
possibile affermare che quest’ultimo, verificandosene l’occasione, possa

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sostanzialmente contrapposto una lettura alternativa delle risultanze

facilmente commettere tale tipo di reati (Sez. 6, n. 38763 del 08/03/2012, dep.
04/10/2012, Rv. 253372).
Nel caso in esame, l’individuazione delle esigenze cautelari è stata
rappresentata sulla base di argomenti solo congetturali, avendo il Tribunale
ritenuto di non poter escludere, allo stato, un più esteso coinvolgimento del
ricorrente in favore dello stato di latitanza di altri esponenti di spicco della cosca,
trascurando, tuttavia, la necessità di sorreggere tale affermazione con un
corredo di elementi storico-fattuali idonei a rivelarne i profili di concretezza ed

Tribunale ha dato conto dell’avvenuta cattura del Pesce e dell’intervenuto arresto
della Bellocco.

6. S’impone, conclusivamente, l’annullamento con rinvio dell’impugnata
ordinanza, per un nuovo esame dei punti critici dianzi rilevati, che dovrà colmare
le relative lacune motivazionali uniformandosi ai principii di diritto al riguardo
stabiliti da questa Suprema Corte.
La Cancelleria curerà l’espletamento degli adempimenti di cui all’art. 94,
comma 1-ter, disp. att. c.p.p. .

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata limitatamente alle esigenze cautelari e rinvia
sul punto al Tribunale di Reggio Calabria. Manda alla Cancelleria per gli
adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. c.p.p. .

Così deciso in Roma, lì, 17 marzo 2015

Il Consigliere estensore

Il Presidente

attualità, specie ove si consideri che, in altro passaggio motivazionale, lo stesso

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