Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 18635 del 01/02/2018


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 18635 Anno 2018
Presidente: PETRUZZELLIS ANNA
Relatore: DE AMICIS GAETANO

ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
MAZZOTTA MAURIZIO nato il 09/11/1956 a LECCE

avverso la sentenza del 21/11/2016 della CORTE APPELLO di LECCE
dato avviso a le parti;
sentita la relazione svolta dal Consigliere GAETANO DE AMICIS;

Data Udienza: 01/02/2018

RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il difensore di Mazzotta Maurizio ha proposto ricorso per cassazione avverso la
sentenza del 21 novembre 2016 con la quale la Corte d’appello di Lecce ha confermato la
decisione di primo grado che Io condannava alla pena di anni uno e mesi uno di reclusione
per i reati di cui agli artt. 81 cpv., 337 e 341-bis cod. pen.
Nel ricorso si deducono violazioni di legge e vizi di motivazione in punto di
accertamento della penale responsabilità, attesa la mancanza degli elementi costitutivi di
entrambi i reati ascritti, per essersi l’imputato limitato a contestare, sia pure con

operanti, nonché per avere ritenuto – sia pure solo sul piano putativo – illecita la condotta
dei pubblici ufficiali, peraltro avvenuta in una strada provinciale, dunque non in luogo
pubblico. Si deduce, altresì, l’erroneo diniego delle invocate attenuanti generiche, che
avrebbero dovuto essere concesse in prevalenza sulla contestata aggravante.

2. Il ricorso è inammissibile perché manifestamente infondato e proposto per motivi
non consentiti nel giudizio di legittimità, limitandosi ad enunciare in forma del tutto
aspecifica ed assertiva – pur a fronte di un duplice, conforme e specifico apprezzamento
in fatto dei due Giudici di merito, sorretto da una motivazione non apparente ed immune
dai vizi di manifesta illogicità e contraddittorietà che, soli, rilevano ai sensi dell’art. 606,
comma 1, lett. e), cod. proc. pen. – deduzioni prive di qualsiasi elemento di confronto
critico-argomentativo con le ragioni giustificative congruamente esposte a sostegno del
giudizio di penale responsabilità, avendo i Giudici di merito motivatamente escluso la
sussistenza dell’esimente di cui all’art. 393-bis cod. pen. e puntualmente evidenziato
come l’imputato non si sia limitato ad esprimere il suo disappunto allorquando è stato
fermato dai Carabinieri, ma abbia pronunziato nei loro confronti, ed in luogo pubblico
poiché accessibile e frequentabile da un numero potenzialmente indefinito di persone,
espressioni ritenute non solo oggettivamente offensive del prestigio dei pubblici ufficiali
impegnati in quel momento a svolgere la loro attività istituzionale, ma anche di contenuto
reiteratamente minaccioso al fine di ostacolare il compimento dell’atto d’ufficio, ossia la
redazione di un verbale di infrazione alle norme del codice della strada.
Le su esposte deduzioni, in definitiva, si risolvono sostanzialmente nella mera
sollecitazione ad effettuare una diversa ed alternativa rivalutazione dei correlativi profili di
merito della regiudicanda: rivalutazione, come tale, del tutto preclusa nella Sede di
legittimità.
In ordine alle residue doglianze, infine, i motivi sono diversi da quelli consentiti,
risolvendosi nella mera sollecitazione ad una diversa, e come tale non consentita,
rivisitazione dei presupposti di esercizio di un potere tipicamente discrezionale del Giudice
di merito – quello, cioè, inerente alla modulazione dell’entità del trattamento sanzionatorio
ed alla concessione o meno delle attenuanti generiche – che nel caso di specie, di contro,
è stato congruamente ed esaustivamente giustificato sulla base del pertinente richiamo
alla gravità dell’intera vicenda delittuosa ed ai numerosi precedenti penali a carico

1

veemenza, le modalità con le quali gli era stato imposto l’alt dalla pattuglia dei Carabinieri

dell’imputato, rendendosi, in tal guisa, del tutto immune dai vizi propriamente deducibili
nella Sede di legittimità.

3. Alla declaratoria di inammissibilità consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc.
pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e al
pagamento in favore della Cassa delle ammende, non emergendo ragioni di esonero, della
somma ritenuta equa di euro 3.000,00 a titolo di sanzione pecuniaria.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di € 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso 11. febbraio 2018

P. Q. M.

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