Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 18627 del 16/11/2016


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 18627 Anno 2017
Presidente: VESSICHELLI MARIA
Relatore: MICCOLI GRAZIA

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
RICCIARDI MASSIMILIANO nato il 21/10/1989 a PATTI

avverso la sentenza del 14/10/2015 della CORTE APPELLO di MESSINA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 16/11/2016, la relazione svolta dal Consigliere
GRAZIA MICCOLI
Udito il Procuratore Generale in persona del LUIGI ORSI
che ha concluso per

Uditi difensor Avv.;

Data Udienza: 16/11/2016

Il Procuratore Generale della Corte di Cassazione, nella persona del dott. Lu igi Orsi, ha
concluso chiedendo la declaratoria di inammissibilità del ricorso.

FATTO E DIRITTO
1. Massimiliano RICCIARDI (con atto sottoscritto dal difensore) propone ricorso avverso la
sentenza emessa dalla Corte di appello di Messina, con la quale è stata confermata la
pronunzia di primo grado emessa dal Tribunale di Patti, che aveva condannato il suddetto
imputato per il reato di lesioni aggravate (in quanto ne era derivata una malattia giudicata

2. Con un unico ed articolato motivo si denunziano violazione di legge e vizi motivazionali in
primo luogo sulla ritenuta attendibilità della persona offesa.
Poi il ricorrente si duole del fatto che i giudici di merito abbiano ritenuto che sia stata
contestata l’aggravante di cui all’art. 583 cod. pen., sebbene tale norma non sia
espressamente indicata nell’imputazione.
Il provvedimento impugnato viene inoltre censurato per non aver riconosciuto l’attenuante di
cui all’art. 62 n. 2 cod. pen.
Infine, il ricorrente si duole del mancato riconoscimento delle attenuanti generiche con giudizio
di prevalenza sull’aggravante.
3. Il ricorso è infondato.
3.1.

Le doglianze relative alla ritenuta attendibilità della persona offesa sono

inammissibili.
Infatti, il giudizio sulla rilevanza ed attendibilità delle fonti di prova è devoluto
insindacabilmente ai giudici di merito e la scelta che essi compiono, per giungere al proprio
libero convincimento, con riguardo alla prevalenza accordata a taluni elementi probatori,
piuttosto che ad altri, ovvero alla fondatezza od attendibilità degli assunti difensivi, quando
non sia fatta con affermazioni apodittiche o illogiche, si sottrae al controllo di legittimità.
Nel caso in esame i giudici di merito hanno motivato congruamente e logicamente
sull’attendibilità delle dichiarazioni rese dalla persona offesa, che peraltro risultano riscontrate
da altri elementi di prova.
3.2. Infondata è la doglianza relativa alla sussistenza della aggravante di cui all’art. 583
cod. pen., sebbene tale norma non sia stata espressamente indicata nell’imputazione.
Come è evidente dal testo di quest’ultima, sono state espressamente contestate la natura e la
durata delle lesioni (superiore ai 40 giorni) provocate dalla condotta di aggressione posta in
essere dall’imputato.
D’altronde, è pacifico che, ai fini della contestazione di una aggravante, non sia necessaria la
specifica indicazione della norma che la prevede, essendo sufficiente la precisa enunciazione
“in fatto” della stessa, così che l’imputato possa avere cognizione degli elementi che la
integrano (Sez. 2, n. 14651 del 10/01/2013, P.G. in proc. Chatbi, Rv. 255793).

2

guaribile in tempo superiore ai quaranta giorni) e danneggiamento di autovetturanuid5’1~>Ct -nk7k

Questa Corte ha anche ritenuto che, in tema di reato di lesioni aggravate dalla durata della
malattia, sia sufficiente la contestazione nel capo d’imputazione della tipologia delle lesioni,
laddove risulti acquisita agli atti del processo la documentazione relativa alla durata della
malattia (Sez. 1, n. 8561 del 11/02/2015, De Luca, Rv. 262882).
3.3. Manifestamente infondata è la doglianza con la quale si invoca l’attenuante di cui
all’art. 62 n. 2 cod. pen..
La Corte territoriale ha dato atto che la condotta dell’imputato è stata una reazione ad una
condotta meramente colposa della persona offesa, la quale aveva urtato l’auto del RICCIARDI,

Da tempo questa Corte ha chiarito che, ai fini della sussistenza della circostanza attenuante
della provocazione, il concetto di “fatto ingiusto”, pur comprendendo in sé qualsiasi
comportamento, intenzionale o colposo, legittimo o illegittimo, purché idoneo a scatenare,
l’altrui reazione, presuppone pur sempre la volontarietà dello stesso; lo stato d’ira che scatena
la reazione offensiva al fatto ingiusto altrui deve essere a questo legata da un nesso di
causalità, non già di semplice occasionalità, essendo indispensabile l’esistenza di un rapporto di
proporzione e di adeguatezza tra fatto provocante e fatto provocato. Esula, pertanto,
l’attenuante della provocazione nell’ipotesi in cui la reazione iraconda risulti determinata dal
fatto altrui del tutto accidentale, per il venir meno dell’indispensabile nesso di causalità
giuridica tra i due fatti (Sez. 6, n. 10552 del 03/04/1992, Di Bella, Rv. 192530).
3.4. Relativamente al trattamento sanzionatorio, deve rilevarsi che il giudizio sulla pena
è stato congruamente motivato, in considerazione dell’indole aggressiva dell’imputato e delle
modalità del fatto.
Per costante giurisprudenza (Sez. 5, n. 5582 del 30/09/2013, Ferrario, Rv. 259142; Sez. 3, n.
1182 del 17/10/2007, Cilia, Rv. 238851) non vi è margine per il sindacato di legittimità
quando la decisione sia motivata in modo conforme alla legge e ai canoni della logica, in
aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen.; d’altra parte, non è necessario a
soddisfare l’obbligo della motivazione che il giudice prenda singolarmente in osservazione tutti
gli elementi di cui all’art. 133 cod. pen., essendo invece sufficiente l’indicazione di quegli
elementi che assumono eminente rilievo nel discrezionale giudizio complessivo (Sez. 2, n.
3609 del 18/01/2011, Sermone, Rv. 249163).
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 16 novembre 2016
Il Presidente

provocando un lieve danno.

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