Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 18626 del 16/11/2016


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 18626 Anno 2017
Presidente: VESSICHELLI MARIA
Relatore: MICCOLI GRAZIA

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
PINNELLI MARIA nato il 15/06/1968 a TRANI
MARCHESANI ANTONIO nato il 13/11/1959 a CUPELLO

avverso la sentenza del 29/10/2015 del TRIBUNALE di VASTO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 16/11/2016, la relazione svolta dal Consigliere
GRAZIA MICCOLI
Udito il Procuratore Generale in persona del LUIGI ORSI
che ha concluso per

Data Udienza: 16/11/2016

Il Procuratore Generale della Corte di Cassazione, nella persona del dott. Lu igi Orsi, ha
concluso chiedendo l’annullamento senza rinvio limitatamente al fatto di ingiurie. Rigetto nel
resto.
Per le parti civili, l’avv. Vittorio Melone ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso e la
conferma delle statuizioni civili.

FATTO E DIRITTO
1. Maria PINNELLI e Antonio MARCHESANI (con atto sottoscritto dal difensore) propongono

interesse in questa sede- è stata confermata la condanna di entrambi per il reato di cui all’art.
594 cod. pen. e della sola PINNELLI per il reato di cui all’art. 639 cod. pen..
Con la stessa sentenza sono state confermate anche le statuizioni civili relative alla condanna
al risarcimento dei danni, liquidati in complessivi 600 euro.
2. Con un primo motivo si denunziano violazione di legge e vizi motivazionali in ordine
all’affermazione di responsabilità della PINNELLI per il reato di cui all’art. 639 cod. pen.
In particolare, si contestano la valutazione delle risultanze processuali e la ritenuta attendibilità
delle persone offese.
Si lamenta altresì il fatto che si sia ritenuta configurabile la condotta di cui al suddetto delitto,
sebbene all’imputata sia stato contestato soltanto di aver gettato dell’acqua contro le finestre
dell’abitazione delle persone offese.
3. Con il secondo motivo si denunziano violazione di legge e vizi motivazionali in relazione al
reato di cui all’art. 594 cod. pen., con richiesta di applicazione dell’art. 599 cod. pen..
4. Con il terzo motivo si denunziano violazione di legge e vizi motivazionali in relazione alla
sussistenza dell’elemento soggettivo di entrambi i reati contestati.
5. Con il quarto motivo si censura la sentenza nella parte in cui ha negato l’applicazione
dell’art. 131 bis cod. pen.
6. Va preliminarmente rilevato che, ai sensi dell’art. 1 d. Igs. 15 gennaio 2016 n. 7 è stato
abrogato l’art. 594 cod. pen., con conseguente trasformazione in mero illecito civile del fatto di
ingiurie.
La sentenza impugnata, quindi, deve essere annullata senza rinvio limitatamente al fatto di
ingiurie (che non è più previsto come reato), dovendo precisarsi (per rispondere anche alle
deduzioni sul punto svolte dalla difesa della parte civile) che anche l’eventuale inammissibilità
del ricorso non è di ostacolo a che sia rilevata l’intervenuta abrogazione della norma
incriminatrice (arg. da Sez. 7, n. 48054 del 16/11/2011, Mogio, Rv. 251588; Sez. 4, n. 32131
del 06/05/2011, Nolfo, Rv. 251096; Sez. 4, n. 25644 del 21/05/2008, Gironi, Rv. 240848; si
veda anche Sez. U, n. 19601 del 28/02/2008, Niccoli, Rv. 239400, secondo la quale la
questione concernente la “abolitio criminis” è pregiudiziale rispetto alla questione – esaminabile
in assenza di cause di inammissibilità del ricorso per cassazione – relativa all’estinzione del
reato per prescrizione).
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ricorso avverso la sentenza emessa dal Tribunale di Vasto, con la quale -per quanto di

Questa Corte ha pure affermato che nel giudizio di rinvio -ed eventualmente in quello
successivo di legittimità qualora non si sia provveduto – deve essere riconosciuta la
sopravvenuta “abolitio criminis” anche quando l’annullamento non abbia attinto i punti della
decisione riguardanti i presupposti della condanna (Sez. 6, n. 41683 del 19/10/2010, Ndaw e
altro, Rv. 248720).
7. Il ricorso della PINNELLI in relazione al residuo reato di cui all’art. 639 cod. pen. va
rigettato.
Invero, le doglianze proposte si limitano a riproporre in maniera del tutto assertiva la tesi

Esse mirano ad una rivalutazione delle prove e pongono effettivamente una questione sul
travisamento del “fatto”, non ammissibile in sede di legittimità.
D’altronde, l’unico vizio deducibile, ovvero quello di “travisamento delle prove”, sussiste solo
nel contrasto sul significante, ossia sul contenuto testuale delle stesse prove, e non sul loro
significato, ovvero sulla valutazione attribuita a tale contenuto.
Va qui ricordato, infatti, che, in virtù della previsione di cui all’art. 606, comma primo, lett. e)
cod. proc. pen. (novellata dall’art. 8 della L. n. 46 del 2006), costituisce vizio denunziabile in
cassazione solo la contraddittorietà della motivazione risultante dal testo del provvedimento
impugnato, ovvero da altri atti del processo indicati nei motivi di gravame e, pertanto, l’errore
cosiddetto revocatorio che cadendo sul significante e non sul significato della prova si traduce
nell’utilizzo di una prova inesistente per effetto di una errata percezione di quanto riportato
dall’atto istruttorio (Sez. 5, n. 18542 del 21/01/2011, Carone, Rv. 250168).
Peraltro, non può certamente formare oggetto di ricorso per Cassazione la valutazione di
contrasti testimoniali, la scelta tra divergenti versioni ed interpretazioni dei fatti e l’indagine
sull’attendibilità dei testimoni, salvo il controllo sulla congruità e logicità della motivazione
adottata dal giudice di merito, che, nella specie, appare coerente e logica (ex multis, Sez. 5, n.
9338 del 12/12/2012, Maggio, Rv. 255087; Sez. 2, n. 20806 del 05/05/2011, Tosto, Rv.
250362). Infatti, il giudizio sulla rilevanza ed attendibilità delle fonti di prova è devoluto
insindacabilmente ai giudici di merito e la scelta che essi compiono, per giungere al proprio
libero convincimento, con riguardo alla prevalenza accordata a taluni elementi probatori,
piuttosto che ad altri, ovvero alla fondatezza od attendibilità degli assunti difensivi, quando
non sia fatta con affermazioni apodittiche o illogiche, si sottrae al controllo di legittimità,
8. Nessun dubbio può nutrirsi sulla configurabilità della fattispecie contestata di cui all’art. 639
cod. pen.
Invero, anche il getto di acqua sulle finestre dell’abitazione altrui integra la condotta tipica
della suddetta norma, giacché esso produce un’alterazione temporanea e superficiale della
cosa altrui, alterazione tipica dell’imbrattamento (Sez. 5, n. 38574 del 21/05/2014, Ellero, Rv.
262220; Sez. 2, n. 5828 del 24/10/2012, P.M. in proc. Baschier, Rv. 255241; Sez. 2, n. 28793
del 16/06/2005, Cazzulo, Rv. 232006).

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difensiva già offerta con l’atto di appello e giudicata infondata dalla sentenza impugnata.

9. Correttamente il Tribunale ha escluso l’applicabilità dell’art. 131 bis cod. pen., tenuto conto,
da una parte, che il processo di primo grado si fosse svolto dinanzi al giudice di pace (ex multis
e tra le più recenti, Sez. 5, n. 47518 del 15/09/2016, Bruno, Rv. 268452) e, dall’altra, che alla
PINNELLI fossero stati contestati due reati (Sez. 3, n. 43816 del 01/07/2015, Amodeo, Rv.
265084).
10.

L’annullamento limitatamente al reato di ingiurie comporta l’eliminazione della relativa

pena e la rideterminazione di quella residua, a carico della sola PINNELLI e per il reato di cui
all’art. 639 cod. pen., nella misura minima edittale di euro 50 di multa.
Secondo quanto statuito dalle Sezioni Unite di questa Corte (Sez. U, n. 46688 del

29/09/2016, Schirru e altro, Rv. 267885), con la sentenza di annullamento perché il fatto non
è più previsto dalla legge come reato il giudice dell’impugnazione deve revocare anche i capi
della sentenza relativi agli interessi civili.
Ne consegue, nel caso in esame, vanno revocate le statuizioni relative al reato di ingiurie e
vanno rideterminate (sempre a carico della sola PINNELLI) quelle concernenti il reato di cui
all’art. 639 cod. pen. nella misura di 300 euro.
11. Il difensore delle parti civili ha rassegnato le sue conclusioni in questa sede, sicché vanno
liquidate le spese sostenute nel grado, nella ridotta misura qui di seguito indicata in dispositivo
e a carico solo della PINNELLI, tenuto conto della parziale soccombenza in conseguenza della
declaratoria di annullamento della sentenza perché il fatto di ingiurie non è più reato.
P.Q.M.
annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente alla condanna per il reato di ingiurie,
perché i fatto non è previsto dalla legge come reato ed elimina la relativa pena, rideterminando
quella per il reato residuo in euro 50 di multa.
Revoca le statuizioni relative al reato di ingiurie, rideterminando a carico della sola PINNELLI
quelle concernenti il reato di cui all’art. 639 cod. pen. nella misura di 300 euro. Condanna
altresì PINNELLI al pagamento delle spese sostenute nel grado dalle parti civili liquidate
complessivamente in euro 1000, oltre accessori come per legge. Rigetta nel resto.
-osì deciso in Roma, il 16 novembre 2016
cons:glier estensore

Il PrIesidente

11.

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