Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 18624 del 01/02/2018


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 18624 Anno 2018
Presidente: PETRUZZELLIS ANNA
Relatore: DE AMICIS GAETANO

Data Udienza: 01/02/2018

ORDINANZA
sui ricorsi proposti da:
DERVISHI SE_I nato il 27/07/1982 a DURRES( ALBANIA)
MILAQI EGLANTIN nato il 22/07/1985 a SHIJAK( ALBANIA)

avverso la sentenza del 09/02/2017 della CORTE APPELLO di BARI
dato avviso aie parti;
sentita la relazione svolta dal Consigliere GAETANO DE AMICIS;

o

1. Con separati atti di impugnazione il difensore di Milaqi Eglantin e Dervishi
Seli personalmente hanno proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza
del 9 febbraio 201% con la quale la Corte d’appello di Bari ha confermato la
decisione di primo grado che, all’esito di giudizio abbreviato, li condannava
ciascuno alla pena di anni cinque e mesi sei di reclusione ed euro 20.000,00 di
multa per i reati di cui agli artt. 110 cod. pen., 73, comma 1, del d.P.R. n.
309/1990 (capo sub A) e 110, 337 cod. pen. (capo sub B), unificati dal vincolo
della continuazione ed in concorso di attenuanti generiche equivalenti alla
contestata recidiva qualificata.
Nel ricorso del Dervishi si deducono violazioni di legge in punto di
determinazione della pena, siccome eccessiva rispetto ai fatti in contestazione e
non mitigata dalla valutazione di prevalenza delle attenuanti generiche né dal
denegato riconoscimento della meno grave ipotesi di reato di cui all’art. 73,
comma 5, del d.P.R. n. 309/1990, nel caso di specie sussistente in ragione della
qualità e quantità della sostanza e della unicità della condotta.
Nel ricorso presentato nell’interesse del Milaqi si deducono, inoltre, violazioni
di legge e vizi della motivazione in punto di eccessività e inadeguatezza della
pena, avuto riguardo, per un verso, alla pronuncia n. 32/2014 della Corte
costituzionale ed alla successiva ordinanza n. 1418 del 12 dicembre 2016 della
Suprema Corte di Cassazione (che sollevava questione di legittimità
costituzionale dell’art. 73, comma 1, d.P.R. cit. per contrasto con gli artt. 25, 3 e
27 Cost.) e, per altro verso, alla posizione del tutto marginale dal ricorrente
assunta nella vicenda in esame.
2. I ricorsi sono inammissibili perché i motivi sono diversi da quelli
consentiti, assertivamente riproponendo – pur a fronte di uno specifico
apprezzamento dei Giudici di merito, sorretto da una motivazione non apparente
ed immune dai vizi di manifesta illogicità e contraddittorietà che, soli, rilevano ai
sensi dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., quello del Giudice
d’appello, peraltro, in dimostrata rivalutazione autonoma di tutti gli aspetti
afferenti al trattamento sanzionatorio – deduzioni risolventisi nella mera
sollecitazione ad una diversa, o alternativa, e come tale non consentita,
rivalutazione di questioni di merito già congruamente ed esaustivamente
affrontate dalla Corte d’appello, che nel richiamare le inequivoche risultanze
offerte dal compendio probatorio già vagliato dal primo Giudice ha
motivatamente disatteso gli analoghi rilievi difensivi in punto di affermazione
della penale responsabilità e dosimetria della pena, ponendo in evidenza, con
argomenti immuni dalla tipologia di vizi propriamente deducibili in questa Sede,
sia il ruolo significativo e tutt’altro che marginale dai ricorrenti assunto – per la
accertata funzione di vettori alla guida di un’autovettura potente e non
agevolmente sostituibile con altre – nell’ambito di un’organizzazione criminale
finalizzata al traffico di stupefacenti, sia una serie di elementi (rilevante
quantitativo di droga oggetto di detenzione e trasporto; frazionamento in più
confezioni; rilevante numero di dosi medie giornaliere estraibili; modalità di
realizzazione dei fatti; collegamento con un’importante organizzazione criminale)
coerentemente ritenuti sintomatici della insussistenza dell’evocata fattispecie di
cui al quinto comma dell’art. 73 cit.
Parimenti inammissibili devono ritenersi le doglianze sollevate in punto di
pena, siccome risolventisi nella mera sollecitazione ad una diversa valutazione
dei presupposti di esercizio di un potere tipicamente discrezionale del Giudice di
merito, quello, cioè, inerente alla determinazione della entità della pena e al
bilanciamento delle circostanze, che nel caso di specie, di contro, è stato
congruamente ed esaustivamente giustificato sulla base di puntuali
argomentazioni incentrate sia sul rilievo della recidiva specifica (ad entrambi i
ricorrenti contestata), sia sull’assenza di elementi positivamente valutabili,
rendendosi, come tale, del tutto immune dalla tipologia di vizi propriamente
1

RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO

L)

deducibili in questa Sede, avuto altresì riguarI(Ira corretta individuazione della
pena base per il reato più grave sub A) (sì come individuata nel minimo edittale),
sia alla ordinanza n. 184 del 6 giugno 2017 della Corte costituzionale, che ha
dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale
dell’art. 73, comma 1, cit., sollevate, in riferimento agli artt. 3, 25, secondo
comma, e 27 della Costituzione, dalla Corte di Cassazione con l’ordinanza sopra
menzionata.
3. Alla declaratoria di inammissibilità consegue, a norma dell’art. 616 cod.
proc. pen., la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese del procedimento
e al pagamento in favore della Cassa delle ammende, non emergendo ragioni di
esonero, della somma ritenuta equa di euro 3.000,00 a titolo di sanzione
pecuniaria.

P. Q. M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle
spese processuali e ciascuno al versamento della somma di C 3.000,00 in favore
della Cassa delle ammende.
Così deciso I’l febbraio 2018

(

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