Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 18617 del 01/02/2018


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 18617 Anno 2018
Presidente: PETRUZZELLIS ANNA
Relatore: DE AMICIS GAETANO

ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
AMHETOVIC VINET nato il 17/10/1976 a BITONTO

avverso la sentenza del 10/04/2017 della CORTE APPELLO di SALERNO
dato avviso aie parti;
sentita la relazione svolta dal Consigliere GAETANO DE AMICIS;

Data Udienza: 01/02/2018

1. Il difensore di Ahmetovic Vinet ha proposto ricorso per cassazione
avverso la sentenza del 10 aprile 2017 con la quale la Corte d’appello di Salerno
ha confermato la decisione di primo grado che, all’esito di giudizio abbreviato, lo
condannava alla pena di anni uno e mesi dieci di reclusione per i reati di furto
pluriaggravato (in concorso con Dinca Maria Madalina, separatannente giudicata),
resistenza a pubblico ufficiale e possesso di oggetti e strumenti atti allo scasso
ex art. 707 cod. proc. pen., riconosciutegli le attenuanti generiche equivalenti
alle contestate circostanze aggravanti ed unificati i predetti reati ex art. 81 cpv.
cod. pen.
Nel ricorso si deducono vizi di motivazione in punto di accertamento della
penale responsabilità – sotto il profilo dell’assenza di qualsiasi elemento di prova
circa l’ipotizzato sodalizio criminoso con la coimputata ed il correlativo apporto
causale al concorso nel delitto di furto – nonché, infine, in relazione all’elemento
psicologico di tale reato ed alla congruità della pena in concreto irrogata.
2. Il ricorso è inammissibile perché contiene censure aspecificamente
formulate e diverse da quelle consentite nella Sede di legittimità.
I Giudici di merito, invero, hanno compiutamente esaminato e
motivatamente disatteso le obiezioni difensive, del tutto identiche nel loro
contenuto a quelle già dedotte in sede di gravame, esponendo con lineari e
congrue sequenze argomentative le ragioni giustificative della responsabilità a
titolo concorsuale alla luce delle univoche e convergenti risultanze probatorie
acquisite dai verbali di arresto in flagranza per i reati di furto e resistenza a
pubblico ufficiale, di perquisizione personale e veicolare, di sequestro e di
denunzia sporta dalle varie persone offese, oltre che dagli esiti della diretta
attività di osservazione svolta dagli agenti di P.G. operanti, senza che il
ricorrente ne abbia validamente contestato la tenuta e la coerenza logica, se non
attraverso proposizioni di tipo meramente assertivo, avuto altresì riguardo
all’ammissione dei fatti in sede di udienza di convalida e al diretto elemento di
riscontro probatorio derivante dal rinvenimento, nel medesimo contesto spaziotemporale, della refurtiva (perfettamente coincidente con l’oggetto delle
denunzie sporte dalle persone offese dei furti) all’interno dell’autovettura a bordo
della quale si trovavano proprio l’imputato e la Dinca (autovettura, peraltro, già
segnalata con la presenza di due persone e poi fermata dagli operanti per
l’identificazione, cui faceva immediatamente seguito la condotta oppositiva
dall’imputato stesso posta in essere per sottrarsi indebitamente al legittimo
controllo d’ufficio).
Le formulate doglianze, dunque, si limitano genericamente a contestare la
valutazione delle prove concordemente effettuata dai Giudici di merito nei
termini in motivazione puntualmente descritti, ritenendo la stessa non plausibile
e proponendo, in tal guisa, un’alternativa rilettura delle modalità di svolgimento
del fatto che, in questa Sede, non può trovare alcun ingresso.
Congruamente motivato ed immune da vizi logico-giuridici in questa Sede
deducibili deve ritenersi, infine, alla luce dei criteri direttivi posti dall’art. 133
cod. pen., l’esercizio del potere, tipicamente discrezionale del Giudice di merito,
di determinazione della pena concretamente irrogata, tenuto conto del
complesso degli indici di riferimento al riguardo valorizzati in motivazione
(precedenti penali a carico per gravi fatti di reato e modalità di realizzazione dei
fatti oggetto dei correlativi temi d’accusa).
3. Alla declaratoria di inammissibilità consegue, a norma dell’art. 616 cod.
proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del
procedimento e al pagamento in favore della Cassa delle ammende, non
emergendo ragioni di esonero, della somma ritenuta equa di euro 3.000,00 a
titolo di sanzione pecuniaria.
1

RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO

P. Q. M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 3.000,00 in favore della Cassa delle
ammende.
febbraio 2018
Così deciso

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