Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 18613 del 24/03/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 18613 Anno 2015
Presidente: PETTI CIRO
Relatore: CARRELLI PALOMBI DI MONTRONE ROBERTO MARIA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
FAVITTA ALESSANDRO N. IL 03/12/1982
avverso la sentenza n. 12524/2014 TRIBUNALE di ROMA, del
09/07/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ROBERTO MARIA
CARRELLI PALOMBI DI MONTRONE;

Data Udienza: 24/03/2015

R.G. 40773/2014
Considerato che:
Favitta Alessandro ricorre avverso la sentenza del Tribunale di Roma del
9/7/2014, con la quale, sull’accordo delle parti ai sensi dell’art. 444 c.p.p., è
stata applicata nei suoi confronti la pena di anni due di reclusione ed C 1000,00
di multa, per il reato di cui agli artt.: 110, 628 commi 1 e 3 n. 1 cod. pen.,
chiedendone l’annullamento ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) cod. proc.
pen.; deduce la violazione dell’alt 62 e 69 cod. pen. in relazione alla

prevalenza delle attenuanti sulle aggravanti.
Deve al riguardo evidenziarsi che nel ricorso per cassazione avverso
sentenza che applichi la pena nella misura patteggiata tra le parti non è
ammissibile proporre motivi concernenti la misura della pena, a meno che si
versi in ipotesi di pena illegale, ipotesi che non ricorre nel caso di specie. Difatti
la richiesta di applicazione della pena e l’adesione alla pena proposta dall’altra
parte integrano un negozio di natura processuale che, una volta perfezionato
con la ratifica del giudice che ne ha accertato la correttezza, non è revocabile
unilateralmente, sicché la parte che vi ha dato origine, o vi ha aderito, così
rinunciando a far valere le proprie difese ed eccezioni, non è legittimata, in
sede di ricorso per cassazione, a sostenere tesi concernenti la congruità della
pena o la concessione di benefici come la sospensione condizionale della pena, in
contrasto con l’impostazione dell’accordo al quale le parti processuali sono
addivenute (Sez. 3 n. 18735 del 27/3/2001, Ciliberti, Rv. 219852).
Uniformandosi all’orientamento, espresso dalla citata massima, che il
Collegio condivide, va dichiarata inammissibile l’impugnazione.
Ne consegue, per il disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché al versamento, in favore
della Cassa delle ammende, di una somma che, considerati i profili di colpa
emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in C 1500,00.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 1500,00 in favore della Cassa delle
ammende.
Roma, 24 marzo 2015

p

Il Cciiiere estensore

Il Presidente

determinazione della pena con riferimento al mancato riconoscimento della

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