Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 18609 del 01/02/2018


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 18609 Anno 2018
Presidente: PETRUZZELLIS ANNA
Relatore: DE AMICIS GAETANO

ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
ANTINUCCI PAOLO nato il 12/07/1959 a TERNI

avverso la sentenza del 22/11/2016 della CORTE APPELLO di PERUGIA
dato avviso aie parti;
sentita la relazione svolta dal Consigliere GAETANO DE AMICIS;

Data Udienza: 01/02/2018

1. Il difensore di Antinucci Paolo ha proposto ricorso per cassazione avverso la
sentenza del 22 novembre 2016 con la quale la Corte d’appello di Perugia ha parzialmente
riformato la decisione di primo grado, emessa all’esito di rito in forma abbreviata,
dichiarando non doversi procedere in ordine al reato di lesioni personali ex art. 649 cod.
proc. pen. e rideterminando in mesi due e giorni venti di reclusione la pena irrogata per il
residuo reato di cui all’art. 337 cod. pen.
Nel ricorso si deducono violazioni di legge e vizi di motivazione in punto di
accertamento della penale responsabilità, sotto il profilo dell’assenza, nelle espressioni
minacciose dall’imputato rivolte ai pubblici ufficiali operanti, di qualsiasi volontà oppositiva
allo svolgimento dell’atto d’ufficio, nonchè in punto di mancato riconoscimento della
circostanza attenuante di cui all’art. 62, n. 2, cod. pen. e di mancata applicazione della
pena pecuniaria sostitutiva della pena detentiva breve ai sensi dell’art. 53 della legge n.
689/1981.
2. Il ricorso è inammissibile perché i primi due profili di doglianza sopra indicati
integrano censure diverse da quelle consentite nella Sede di legittimità, mentre la residua
doglianza, pur coinvolgendo profili strettamente legati ad apprezzamenti di merito, è stata
per la prima volta formulata dinanzi a questa Suprema Corte, laddove avrebbe dovuto
essere preventivamente dedotta in sede di gravame ai sensi dell’art. 606, comma 3, cod.
proc. pen.
In ordine alle prime due doglianze, per vero, i Giudici di merito hanno
compiutamente esaminato e motivatamente disatteso le obiezioni difensive, del tutto
identiche nel loro contenuto a quelle già dedotte in sede di gravame, da un lato ponendo
in evidenza gli elementi costitutivi dell’accertata condotta di resistenza ai pubblici ufficiali
operanti – dall’imputato commessa con ripetuti atti di violenza e minaccia al momento
della sua identificazione presso un esercizio pubblico ove stava importunando i clienti dall’altro lato escludendo l’invocata attenuante sulla base di argomenti linearmente
esposti in punto di fatto ed immuni da vizi logico-giuridici rilevabili in questa Sede
(modalità del comportamento violento e minaccioso da parte dell’imputato, il cui protrarsi
rese necessario l’intervento di un’altra pattuglia e di più militari operanti), senza che il
ricorrente ne abbia validamente contestato la tenuta e la coerenza logica, se non
attraverso proposizioni di tipo meramente assertivo.
Le formulate doglianze, in definitiva, si limitano genericamente a contestare la
valutazione delle prove concordemente effettuata dai Giudici di merito nei termini in
motivazione puntualmente descritti, ritenendo la stessa non plausibile e proponendo, in
tal guisa, un’alternativa rilettura delle modalità di svolgimento del fatto che, in questa
Sede, non può trovare alcun ingresso.
3. Alla declaratoria di inammissibilità consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc.
pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e al
pagamento in favore della Cassa delle ammende, non emergendo ragioni di esonero, della
somma ritenuta equa di euro 3.000,00 a titolo di sanzione pecuniaria.

P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di C 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso 11 febbraio 2018

RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO

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