Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 18608 del 24/03/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 18608 Anno 2015
Presidente: PETTI CIRO
Relatore: CARRELLI PALOMBI DI MONTRONE ROBERTO MARIA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
CANCEDDA CHRISTIAN N. IL 22/12/1974
avverso la sentenza n. 30/2007 CORTE APPELLO di CAGLIARI, del
25/05/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ROBERTO MARIA
CARRELLI PALOMBI DI MONTRONE;

Data Udienza: 24/03/2015

R.G. 35206/2014
Considerato che:
Cancedda Christian ricorre avverso la sentenza della Corte di Appello di
Cagliari del 25/5/2012, confermativa della sentenza giudice dell’udienza
preliminare del Tribunale di Cagliari del 29/6/2006, con la quale era stato
condannato alla pena di anni quattro e mesi quattro di reclusione ed € 800,00 di
multa per i reati di rapina aggravata e detenzione e porto illegali di arma
comune da sparo, chiedendone l’annullamento ai sensi dell’art. 606, comma 1

motivazione con riguardo all’affermazione di penale responsabilità dell’imputato
con particolare riferimento all’attendibilità delle dichiarazioni rese dalla persona
offesa nonché si duole dell’eccessiva severità del trattamento sanzionatorio.
Nel ricorso viene prospettata una valutazione delle prove diversa e più
favorevole al ricorrente rispetto a quella accolta nella sentenza di primo grado e
confermata dalla sentenza di appello. In sostanza si ripropongono questioni di
mero fatto che implicano una valutazione di merito preclusa in sede di
legittimità, a fronte di una motivazione esaustiva, immune da vizi logici;
viceversa dalla lettura della sentenza della Corte territoriale non emergono, nella
valutazione delle prove, evidenti illogicità, risultando, invece, l’esistenza di un
logico apparato argomentativo sulla base del quale si è pervenuti alla conferma
della sentenza di primo grado con riferimento alla responsabilità dell’imputato in
ordine ai fatti ascrittigli; in tal senso la Corte territoriale dà, adeguatamente, atto
del vaglio di credibilità al quale è stata sottoposta la deposizione della persona
offesa risultata riscontrata da una serie di elementi di fatto, alla luce delle
censure mosse con l’atto di appello, con motivazione immune da vizi di
legittimità, evidenziando altresì come non era assolutamente necessaria la
perizia antropometrica richiesta nel giudizio di appello, perché solo improduttiva,
data la scarsa qualità delle immagini, ma anche inutile, emergendo dagli atti la
prova della responsabilità dell’imputato. Ed anche sul trattamento sanzionatorio
la Corte territoriale, richiamando le valutazioni effettuate dal primo giudice, ha
reso motivazione esaustiva dando conto dei criteri utilizzati per il giudizio di
equivalenza fra attenuanti e aggravanti.
Tutto ciò preclude qualsiasi ulteriore esame da parte della Corte di
legittimità (Sez. U n. 12 del 31/5/2000, Jakani, Rv. 216260; Sez.. U. n. 47289
del 24.9.2003, Petrella, Rv. 226074).
Uniformandosi a tale orientamento che il Collegio condivide, va dichiarata
inammissibile l’impugnazione; ne consegue, per il disposto dell’art. 616 c.p.p., la
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché al
versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che,

lett. e) cod. proc. pen.; deduce la contraddittorietà e manifesta illogicità della

considerati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina equitativamente
in € 1000,00.
P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di € 1000,00 in favore della Cassa delle
ammende.

Il Co . liere estensore

Il Presid

e

Roma, 24 marzo 2015

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