Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 18607 del 06/12/2012


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 18607 Anno 2013
Presidente: AGRO’ ANTONIO
Relatore: FIDELBO GIORGIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Davide Borello, nato a Cuneo il 16.3.1970
avverso la sentenza del 10 gennaio 2012 emessa dalla Corte d’appello di
Torino;
visti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso;
udita la relazione del consigliere dott. Giorgio Fidelbo;
udito il Sostituto Procuratore generale Tindari Baglione, che ha concluso per il
rigetto del ricorso;
udito l’avvocato Ferrero che ha insistito per l’accoglimento del ricorso.

Data Udienza: 06/12/2012

RITENUTO IN FATTO

1. Con la decisione indicata in epigrafe la Corte d’appello di Torino, in
parziale riforma della sentenza emessa il 19 gennaio 2010 dal G.u.p. del
Tribunale di Cuneo appellata da Davide Borello,

ha riconosciuto a

quest’ultimo le attenuanti generiche e ha rideterminato la pena in dieci mesi e

risarcimento dei danni in favore della parte civile.
Secondo l’imputazione il Borello, con denuncia presentata alla Procura
della Repubblica di Cuneo,avrebbe incolpato falsamente Gerardo De Figlio dei
delitti di percosse e minacce, pur sapendolo innocente.

2. L’imputato, tramite il suo difensore di fiducia, ha proposto ricorso per
cassazione deducendo il vizio di motivazione, in quanto la sentenza non
avrebbe considerato la testimonianza resa da Isaia, il quale ha riferito
dell’esistenza di un litigio violento tra Borello e De Figlio, cui è seguita la
rottura di vetri da parte di quest’ultimo, sicché appare verosimile che abbia
anche minacciato l’imputato.

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Il ricorso è inammissibile.
Occorre ribadire che, ai sensi di quanto disposto dall’art. 606 c.p.p.,
comma 1, lett. e), il controllo di legittimità sulla motivazione non concerne né
la ricostruzione dei fatti né l’apprezzamento del giudice di merito, ma è
circoscritto alla verifica che il testo dell’atto impugnato risponda a due
requisiti che lo rendono insindacabile, cioè l’esposizione delle ragioni
giuridicamente significative che lo hanno determinato e l’assenza di difetto o
contraddittorietà della motivazione o di illogicità evidenti, ossia la congruenza
delle argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento. Peraltro,
l’illogicità della motivazione, come vizio denunciabile, deve essere evidente
(“manifesta illogicità”), cioè di spessore tale da risultare percepibile ictu ocu/i,
dovendo il sindacato di legittimità al riguardo essere limitato a rilievi di
macroscopica evidenza, restando ininfluenti le minime incongruenze. In altri
termini, l’illogicità della motivazione, deve risultare percepibile ictu acuii, in

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venti giorni di reclusione per il reato di calunnia, confermando la condanna al

quanto l’indagine di legittimità sul discorso giustificativo della decisione ha un
orizzonte circoscritto, dovendo il sindacato demandato alla Corte di
Cassazione limitarsi, per espressa volontà del legislatore, a riscontrare
l’esistenza di un logico apparato argomentativo, senza possibilità di verifica
della rispondenza della motivazione alle acquisizioni processuali. Inoltre, va
precisato, che il vizio della “manifesta illogicità” della motivazione deve

apprezzamento va effettuato considerando che la sentenza deve essere logica
“rispetto a se stessa”, cioè rispetto agli atti processuali citati nella stessa ed
alla conseguente valutazione effettuata dal giudice di merito, che si presta a
censura soltanto se, appunto, manifestamente contrastante e incompatibile
con i principi della logica.
Alla Corte di Cassazione non è tuttora consentito di procedere ad una
rinnovata valutazione dei fatti magari finalizzata, nella prospettiva del
ricorrente, ad una ricostruzione dei medesimi in termini diversi da quelli fatti
propri dal giudice del merito. Così come non sembra affatto consentito che,
attraverso il richiamo agli “atti del processo”, possa esservi spazio per una
rivalutazione dell’apprezzamento del contenuto delle prove acquisite,
trattandosi di apprezzamento riservato in via esclusiva al giudice del merito.
In altri termini, al giudice di legittimità resta preclusa – in sede di controllo
della motivazione – la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della
decisione o l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e
valutazione dei fatti, preferiti a quelli adottati dal giudice del merito perché
ritenuti maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa:
un tale modo di procedere trasformerebbe, infatti, la Corte nell’ennesimo
giudice del fatto. Pertanto la Corte, anche nel quadro nella nuova disciplina, è
e resta giudice della motivazione.
Nella specie, il ricorrente non ha indicato alcuna contraddittorietà o
manifesta illogicità della motivazione, ma si è limitato a proporre una lettura
alternativa delle risultanze processuali la cui valutazione comporterebbe un
giudizio di fatto non consentito a questa Corte.

4. Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali e al versamento in favore della cassa delle
ammende di una somma che appare equo determinare in euro 1.000,00.

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risultare dal testo del provvedimento impugnato, nel senso che il relativo

P. Q. M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento
delle spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore della cassa
delle ammende.

Il Consiglire tensore

Così deciso il 6 dicembre 2012

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