Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 18605 del 06/12/2012


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 18605 Anno 2013
Presidente: AGRO’ ANTONIO
Relatore: FIDELBO GIORGIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Tommaso Remigio Bellone, nato a Limone Piemonte (CN) il 1.10.1934
avverso la sentenza del 21 gennaio 2011 emessa dalla Corte d’appello di
Torino;
visti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso;
udita la relazione del consigliere dott. Giorgio Fidelbo;
udito il Sostituto Procuratore generale, dott. Tindari Baglione, che ha concluso
per il rigetto del ricorso.

Data Udienza: 06/12/2012

RITENUTO IN FATTO

1. Con la decisione indicata in epigrafe la Corte d’appello di Torino, in
parziale riforma della sentenza emessa il 30 giugno 2009 dal Tribunale di
Cuneo appellata da Tommaso Remigio Bellone, ha riconosciuto a quest’ultimo
le attenuanti generiche e ha rideterminato la pena in tre mesi di reclusione

fatti in sede di indagini condotte dalla polizia giudiziaria nell’ambito del
procedimento penale a carico di Stefano Tosello per un infortunio sul lavoro,
affermava falsamente di non avere assistito all’infortunio occorso a Tiziano Aiò
all’interno del cantiere del Tosello, al fine di aiutare quest’ultimo ad eludere le
investigazioni in corso.

2. L’avvocato Aldo Serale, nell’interesse dell’imputato, ha proposto ricorso
per cessazione, deducendo l’illogicità della motivazione.

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. I motivi proposti sono infondati.
Il ricorrente assume che la sentenza non ha tenuto in considerazione
quanto riferito dai testimoni escussi, i quali avrebbero confermato le
dichiarazioni rese da Bellone, tra l’altro riferendo che all’epoca dei fatti era già
in pensione.
Invero, la decisione impugnata ha preso in attenta considerazione le
dichiarazioni dei testi a discarico, ma le ha ritenute non credibili, sulla base di
una giudizio di fatto che non è sindacabile in sede di legittimità se fondato su
una motivazione logica e coerente, come è accaduto nella specie. Le
testimonianze dei Tosello, padre e figlio, sono state ritenute interessate a
gettare discredito sull’infortunato per evitare tilià responsabilità conseguenti
all’infortunio; Annamaria Bellone e Michela Sandri, rispettivamente figlia e
moglie dell’imputato, sono state considerate poco credibili in ragione del
rapporto di parentela; come pure Angelo Lanzafame, essendo risultato che il
giorno dell’infortunio non si trovava in cantiere.
Inoltre, quanto riferito da Tiziano Aiò, cioè dalla persona infortunata, in
ordine alla presenza dell’imputato nel cantiere, non può essere messo in

2

per il reato di cui all’art. 378 c.p., perché, sentito come persona informata dei

dubbio dall’osservazione della difesa che sottolinea che il Bellone era da
tempo un pensionato della società, in quanto tale circostanza non è sufficiente
ad escluderne la presenza sul luogo dell’infortunio.

4. L’infondatezza dei motivi determina il rigetto del ricorso, con la

P. Q. M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Così deciso il 6 dicembre 2012

Il Consigli e tensore

condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

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