Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 18603 del 21/03/2013


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 18603 Anno 2013
Presidente: BRUSCO CARLO GIUSEPPE
Relatore: DELL’UTRI MARCO

Data Udienza: 21/03/2013

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE
DI FIRENZE
nei confronti di:
CAMERINI SERGIO N. IL 11/05/1952
avverso l’ordinanza n. 240/2012 TRIB. LIBERTA’ di FIRENZE, del
09/11/2012
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MARCO DELL’UTRI;
ldée/sentite le conclusioni del PG Dott.

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Ritenuto in fatto
i. Con atto in data 28.1.2013,11 procuratore della Repubblica
presso il tribunale di Firenze ha proposto ricorso avverso l’ordinanza
in data 9/24.12.2012 con la quale il tribunale di Firenze ha annullato
il decreto di sequestro preventivo emesso dal giudice per le indagini
preliminari presso il tribunale di Firenze in data 10.9.2012, con cui
quest’ultimo giudice ha disposto il sequestro preventivo della società
Vega s.r.l. e della relativa azienda, della società Rubino Autotrasporti
s.r.l. e della relativa azienda, della società SPS s.r.l. e della relativa
azienda, nel quadro del procedimento penale instaurato a carico di
Sergio Camerini (cui tutte le strutture imprenditoriali sopra indicate
sono apparse riferibili) in relazione al reato di lesioni personali colpose commesso in violazione delle norme per la prevenzione degli
infortuni sul lavoro ai danni del lavoratore Graziano Toniolo.
Con il provvedimento impugnato, il tribunale fiorentino ha
evidenziato l’inammissibilità del sequestro preventivo in relazione a
un’attività imprenditoriale, atteso il carattere prettamente ablatorio
(e non già interdittivo) della misura cautelare in esame, tale da imporne la riferibilità esclusivamente ad una res pertinente al reato, con
la conseguente sequestrabilità dei soli ‘beni’, e non già di un’impresa
o di un’attività imprenditoriale, vieppiù a fronte della piana ricorribilità ai rimedi specifici di cui al dig,s. n. 231/2001 (in tema di responsabilità amministrativa degli enti) esperibili anche in relazione al delitto di lesioni personali gravi.
Con l’impugnazione proposta, il procuratore ricorrente censura il provvedimento del tribunale di Firenze per violazione della legge
processuale penale, avendo il giudice a quo erroneamente ritenuto
che il sequestro in esame fosse vòlto all’imposizione di un’inibitoria
nei confronti di un’attività imprenditoriale, e non già di un vincolo
reale su beni riguardanti nella loro materialità, laddove, al contrario,
detto provvedimento cautelare era stato richiesto e disposto sulle società e sulle aziende costituenti il coacervo dei beni che
l’imprenditore destina alla propria impresa.
Proprio tali beni, nella specie, avevano costituito il mezzo attraverso il quale l’indagato ha commesso il reato allo stesso contestato, atteso che al Camerini è stata propriamente ascritta la realizzazione di un’organizzazione imprenditoriale del tutto priva di qualsivoglia forma di cautela o di misura precauzionale funzionale alla sicurezza e all’incolumità dei lavoratori impiegati.
Nessuna rilevanza, sotto altro profilo, può ricollegarsi, secondo
il ricorrente, alle previsioni di cui al d.lgs. n. 231/2001, stante la diversità dei presupposti delle misure cautelari disciplinate da tale testo normativo e la misura ablatoria in esame, nella specie immediatamente destinata ad inibire al Camerini l’esercizio di un’attività im-

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Considerato in diritto
2. – Il ricorso è fondato.
Al di là della pacifica e indiscutibile insequestrabilità delle società commerciali in quanto tali (come erroneamente indicato
nell’originario provvedimento di sequestro preventivo emesso dal
giudice per le indagini preliminari presso il tribunale di Firenze), vale
sotto altro aspetto evidenziare come la giurisprudenza di legittimità,
in tema di sequestro preventivo di aziende, abbia conosciuto alterne
vicende con riguardo al tema della sequestrabilità delle aziende strutturate per lo svolgimento di attività lavorativa con prevalente impiego
di lavoratori privi di permesso di soggiorno.
Secondo un primo orientamento, deve ritenersi legittimo il sequestro preventivo di immobili, strutture e apparecchi costituenti l’azienda funzionalmente ed economicamente produttiva, allorché essi
siano impiegati per lo svolgimento dell’attività lavorativa prevalente
di lavoratori stranieri privi di permesso di soggiorno, essendo l’imposizione del vincolo funzionale ad impedire la prosecuzione dello
sfruttamento di manodopera illegale (Cass., Sez. i, n. 18550/2009,
Rv. 2435 60 ).
Viceversa, secondo altro orientamento, deve escludersi l’assoggettabilità a sequestro preventivo dell’immobile, delle strutture e
degli apparecchi costituenti l’azienda funzionante ed economicamente produttiva in ragione dell’occupazione non totalitaria o prevalente
di lavoratori stranieri privi del permesso di soggiorno, in quanto tali
beni non sono in rapporto di pertinenzialità rispetto al reato di cui
all’art. 22, D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286 e succ. modd.. (Cass., Sez. 1,
n. 34605/2007, Rv. 237683).
I termini del contrasto insorto, e qui rapidamente richiamato,
non hanno peraltro mai investito la questione della sequestrabilità in
sé dell’azienda, come bene produttivo (cfr. l’art. 2555 c.c. secondo cui
l’azienda è “il complesso dei beni organizzati dall’imprenditore per
l’esercizio dell’impresa”), bensì il suo eventuale rapporto di pertinenzialità rispetto al reato.
Sul punto, la giurisprudenza di questa corte di legittimità ha
costantemente avuto modo di sottolineare come, in materia
di sequestro preventivo, oggetto della misura cautelare reale può essere anche un’intera azienda, ove sussistano indizi che anche taluno
soltanto dei beni aziendali, proprio per la sua collocazione strumentale, sia utilizzato per la consumazione del reato, a nulla rilevando la
circostanza che l’azienda svolga anche normali attività imprenditoriali (Cass., Sez. 6, n. 27340/2008, Rv. 240574; Cass. Sez. 3, n.
6444/ 2 007, Rv. 238819; Cass., Sez. 3, n. 47918/2003, Rv. 226896;

prenditoriale pericolosa mediante l’uso dei beni strumentali di cui il
medesimo ha la disponibilità.

Casse, Sez. 6, n. 36773/2003, Rv. 226820; Cass., Sez. 5, n.
25489/2002, Rv. 222065 Cass., Sez. 6, n. 29797/2001, Rv. 219855).
Deve pertanto ritenersi emessa in violazione di legge
l’ordinanza in questa sede impugnata dal procuratore della repubblica di Firenze, nella parte in cui esclude in via di principio la suscettibilità dell’azienda a costituire oggetto di sequestro preventivo, indipendentemente dall’indagine di merito riguardante il rapporto di
pertinenzialità della misura rispetto al reato, ovvero l’eventuale proporzionalità di detta misura cautelare rispetto alle esigenze cui è destinata.
Proprio su tale ultimo aspetto, varrà richiamare il principio
sancito da Casa., Sez. 5, n. 8152/2010, Rv. 246103, nella parte in cui
ammonisce come i principi di proporzionalità, adeguatezza e gradualità, dettati dall’art. 275 c.p.p. per le misure cautelari personali, devono ritenersi applicabili anche alle misure cautelari reali e devono costituire oggetto di valutazione preventiva e non eludibile da parte del
giudice nell’applicazione delle cautele reali, al fine di evitare un’esasperata compressione del diritto di proprietà e di libera iniziativa
economica privata. Ne consegue che, qualora detta misura trovi applicazione, il giudice deve motivare adeguatamente sulla impossibilità di conseguire il medesimo risultato della misura cautelare reale
con una meno invasiva misura interdittiva.
3. – Il riscontro della fondatezza del ricorso in questa sede proposto dal procuratore della Repubblica di Firenze comporta il riconoscimento dell’invalidità del provvedimento impugnato per violazione
legge, con la conseguente pronuncia del relativo annullamento e il
rinvio al Tribunale di Firenze per un nuovo esame.
Per questi motivi
La Corte Suprema di Cassazione, annulla l’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Firenze per nuovo esame.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 21.3.2013.

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