Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 18587 del 24/03/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 18587 Anno 2015
Presidente: PETTI CIRO
Relatore: CARRELLI PALOMBI DI MONTRONE ROBERTO MARIA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
TANTILLO FRANCESCO N. IL 30/09/1974
avverso la sentenza n. 2269/2013 TRIBUNALE di PALERMO, del
05/11/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ROBERTO MARIA
CARRELLI PALOMBI DI MONTRONE;

Data Udienza: 24/03/2015

R.G. 26005/2014
Considerato che:
Tantillo Francesco ricorre avverso la sentenza del Tribunale di Palermo del
5/11/2013, con la quale, sull’accordo delle parti ai sensi dell’art. 444 c.p.p., è
stata applicata nei suoi confronti la pena di mesi cinque e giorni dieci di
reclusione ed C 100,00 di multa, per il reato di cui agli artt.: 640 61 n. 11 cod.
pen., chiedendone l’annullamento ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) cod.
proc. pen.; deduce la violazione dell’ad 133 cod. pen. in relazione alla

Deve al riguardo evidenziarsi che nel ricorso per cassazione avverso
sentenza che applichi la pena nella misura patteggiata tra le parti non è
ammissibile proporre motivi concernenti la misura della pena, a meno che si
versi in ipotesi di pena illegale, ipotesi che non ricorre nel caso di specie. Difatti
la richiesta di applicazione della pena e l’adesione alla pena proposta dall’altra
parte integrano un negozio di natura processuale che, una volta perfezionato
con la ratifica del giudice che ne ha accertato la correttezza, non è revocabile
unilateralmente, sicché la parte che vi ha dato origine, o vi ha aderito, così
rinunciando a far valere le proprie difese ed eccezioni, non è legittimata, in
sede di ricorso per cassazione, a sostenere tesi concernenti la congruità della
pena o la concessione di benefici come la sospensione condizionale della pena, in
contrasto con l’impostazione dell’accordo al quale le parti processuali sono
addivenute (Sez. 3 n. 18735 del 27/3/2001, Ciliberti, Rv. 219852).
Uniformandosi all’orientamento, espresso dalla citata massima, che il
Collegio condivide, va dichiarata inammissibile l’impugnazione.
Ne consegue, per il disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché al versamento, in favore
della Cassa delle ammende, di una somma che, considerati i profili di colpa
emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in C 1500,00.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 1500,00 in favore della Cassa delle
ammende.
Roma, 24 marzo 2015

Il

s fiere estensore

Il PresidenF
,

determinazione della pena.

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