Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 18576 del 24/03/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 18576 Anno 2015
Presidente: PETTI CIRO
Relatore: CARRELLI PALOMBI DI MONTRONE ROBERTO MARIA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
BOf«RELLI GIAN LUCA N. IL 08/11/1967
avverso la sentenza n. 895/2010 CORTE APPELLO di MILANO, del
23/09/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ROBERTO MARIA
CARRELLI PALOMBI DI MONTRONE;

Data Udienza: 24/03/2015

R.G. 21347/2014
Considerato che:

Borylli Gianluca ricorre avverso la sentenza della Corte di Appello di
Milano del 23/9/2013, confermativa della condanna emessa dal Tribunale di
Busto Arsizio il 20/3/2008 per il reato di cui all’art. 648 cod. pen., chiedendone
l’annullamento ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e) cod. proc. pen.;
deduce l’inosservanza ed erronea applicazione della legge penale, per non essere

illogicità della motivazione con riguardo alla sussistenza dell’elemento
soggettivo.
Quanto al primo motivo proposto, rileva la Corte che, in tema di
ricettazione, l’ipotesi attenuata di cui al secondo comma dell’art. 648 cod. pen.
non costituisce un’autonoma previsione incriminatrice ma una circostanza
attenuante speciale, con la conseguenza che, ai fini dell’applicazione della
prescrizione, deve aversi riguardo alla pena per il reato base e non a quella per
l’ipotesi attenuata (Sez. U. n. 9567 del 21/4/1995, Cosmo, Rv. 202003; sez. 2 n.
38803 del 14/10/2008, Geminiani, Rv. 241450). Ne consegue che il termine
massimo di prescrizione nel caso di specie, risalendo il reato al 27/9/2014, non
era ancora decorso alla data della pronuncia della sentenza della Corte
d’Appello. L’inammissibilità del ricorso per cassazione, che non consente il
formarsi di un valido rapporto di impugnazione, preclude la possibilità di rilevare
e dichiarare la prescrizione del reato maturata successivamente alla sentenza
impugnata con il ricorso (Sez. U. n. 32 del 22/11/2000, Rv. 217266; sez. 4 n.
18641 del 20/1/2004, Rv. 228349).
Quanto al secondo motivo, la Corte territoriale, nel confermare la
sentenza di primo grado, si è adeguata al costante orientamento della
giurisprudenza di legittimità secondo il quale, ai fini della configurabilità del
delitto di ricettazione è necessaria la consapevolezza della provenienza illecita
del bene ricevuto, senza che sia peraltro indispensabile che tale consapevolezza
sì estenda alla precisa e completa conoscenza delle circostanze di tempo, di
modo e di luogo del reato presupposto, potendo anche essere desunta da prove
indirette, allorché siano tali da generare in qualsiasi persona di media levatura
intellettuale, e secondo la comune esperienza, la certezza della provenienza
illecita di quanto ricevuto. Del resto questa Corte ha più volte affermato che la
conoscenza della provenienza delittuosa della cosa può desumersi da qualsiasi
elemento, anche indiretto, e quindi anche dal comportamento dell’imputato che
dimostri la consapevolezza della provenienza illecita della cosa ricettata, ovvero
dalla mancata – o non attendibile – indicazione della provenienza della cosa

stata dichiarata l’estinzione del reato per prescrizione nonché la carenza ed

ricevuta, la quale è sicuramente rivelatrice della volontà di occultamento,
logicamente spiegabile con un acquisto in mala fede (Sez. 2 n. 25756 del
11/6/2008, Nardino, Rv. 241458; sez. 2 n. 29198 del 25/5/2010, Fontanella, Rv.
248265). Nella sentenza impugnata la circostanza che l’assegno era stato
ricevuto dall’imputato in bianco e dallo stesso compilato con il nome del
prenditore si pone come coerente e necessaria conseguenza di un acquisto
illecito. Del resto, come questa Corte ha recentemente affermato (Sez.U. n.
12433 del 26/11/2009, Nocera, Rv. 246324; sez. 1 n. 27548 del 17/6/2010,

anche dal dolo eventuale, che è configurabile in presenza della rappresentazione
da parte dell’agente della concreta possibilità della provenienza della cosa da
delitto e della relativa accettazione del rischio, non potendosi desumere da
semplici motivi di sospetto, né potendo consistere in un mero sospetto.
La Corte territoriale, nel confermare la sentenza di primo grado, si è
adeguata al costante orientamento della giurisprudenza di legittimità secondo il
quale, ai fini della configurabilità del delitto di ricettazione è necessaria la
consapevolezza della provenienza illecita del bene ricevuto, senza che sia
peraltro indispensabile che tale consapevolezza si estenda alla precisa e
completa conoscenza delle circostanze di tempo, di modo e di luogo del reato
presupposto, potendo anche essere desunta da prove indirette, allorché siano
tali da generare in qualsiasi persona di media levatura intellettuale, e secondo la
comune esperienza, la certezza della provenienza illecita di quanto ricevuto. Del
resto questa Corte ha più volte affermato che la conoscenza della provenienza
delittuosa della cosa può desumersi da qualsiasi elemento, anche indiretto, e
quindi anche dal comportamento dell’imputato che dimostri la consapevolezza
della provenienza illecita della cosa ricettata, ovvero dalla mancata – o non
attendibile – indicazione della provenienza della cosa ricevuta, la quale è
sicuramente rivelatrice della volontà di occultamento, logicamente spiegabile con
un acquisto in mala fede (Sez. 2 n. 25756 del 11/6/2008, Nardino, Rv. 241458;
sez. 2 n. 29198 del 25/5/2010, Fontanella, Rv. 248265). Nella sentenza
impugnata l’assenza di plausibili spiegazioni in ordine alla legittima acquisizione
del ciclomotore risultato rubato, del quale il ricorrente non possedeva neppure il
libretto originale, ma una fotocopia con numeri alterati e non corrispondenti a
quelli riportati sul telaio del ciclomotore, che presentava anche il blocchetto di
accensione forzato, si pone come coerente e necessaria conseguenza di un
acquisto illecito. Del resto, come questa Corte ha recentemente affermato
(Sez.U. n. 12433 del 26/11/2009, Nocera, Rv. 246324; sez. 1 n. 27548 del
17/6/2010, Screti, Rv. 247718) l’elemento psicologico della ricettazione può
essere integrato anche dal dolo eventuale, che è configurabile in presenza della

Screti, Rv. 247718) l’elemento psicologico della ricettazione può essere integrato

rappresentazione da parte dell’agente della concreta possibilità della provenienza
della cosa da delitto e della relativa accettazione del rischio, non potendosi
desumere da semplici motivi di sospetto, né potendo consistere in un mero
sospetto.
All’inammissibilità del ricorso consegue, per il disposto dell’art. 616 c.p.p.,
la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché al
versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che,
considerati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina equitativamente

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 1000,00 in favore della Cassa delle
ammende.

Roma, 24 marzo 2015

Il C ps bere estensore

Il Presid

7

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in C 1000,00.

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