Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 18575 del 24/03/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 18575 Anno 2015
Presidente: PETTI CIRO
Relatore: CARRELLI PALOMBI DI MONTRONE ROBERTO MARIA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
URSINO BRUNO N. IL 25/06/1994
avverso la sentenza n. 20704/2013 CORTE APPELLO di NAPOLI, del
20/12/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ROBERTO MARIA,
CARRELLI PALOMBI DI MONTRONE;

Data Udienza: 24/03/2015

R.G. 20629/2014

Considerato che:
Ursino Bruno ricorre avverso la sentenza della Corte di Appello di Napoli
del 20/12/2013, confermativa della sentenza del Giudice dell’udienza preliminare
del Tribunale di Nola del 19/6/2013 con la quale è stato condannato alla pena di
anni due e mesi sei di reclusione ed € 600,00 di multa per il reato di cui all’art.
628 comma 1, 61 n. 5 cod. pen., chiedendone l’annullamento ai sensi dell’art.

l’erronea applicazione della legge penale con riferimento alla qualificazione
giuridica del fatto che doveva essere ritenuto furto di cui all’art. 624 bis cod.
pen. nonché si duole del trattamento sanzionatorio con particolare riferimento
all’applicazione della recidiva ed alla mancata concessione nella massima
estensione delle attenuanti generiche.
Nel ricorso viene prospettata una valutazione delle prove diversa e più
favorevole al ricorrente rispetto a quella accolta nella sentenza di primo grado e
confermata dalla sentenza di appello, che si è limitata a ridurre la pena. In
sostanza si ripropongono questioni di mero fatto che implicano una valutazione
di merito preclusa in sede di legittimità, a fronte di una motivazione esaustiva,
immune da vizi logici; viceversa dalla lettura della sentenza della Corte
territoriale non emergono, nella valutazione delle prove, evidenti illogicità,
risultando, invece, l’esistenza di un logico apparato argomentativo sulla base del
quale si è pervenuti alla conferma della sentenza di primo grado con riferimento
alla responsabilità dell’imputato in ordine al fatto ascrittogli; in tal senso si è
fatto riferimento a puntuali risultanze probatorie in base alle quali si è ritenuto
che il fatto contestato integrasse il delitto di rapina, essendosi fatto riferimento
ad una violenza diretta contro la persona e volta a vincerne la resistenza,
violenza che non poteva considerarsi marginale ed involontaria rispetto alla
direzione della forza sulla sola cosa. Tutto ciò preclude qualsiasi ulteriore esame
da parte della Corte di legittimità ((Sez. U n. 12 del 31/5/2000, 3akani, Rv.
216260; Sez.. U. n. 47289 del 24.9.2003, Petrella, Rv. 226074).
Quanto poi al trattamento sanzionatorio, il giudice di appello ha ritenuto
adeguata la pena determinata dal giudice di primo grado considerandola bene
perequata rispetto al reale disvalore del fatto, rilevando, con adeguata
motivazione, di non potere concedere le attenuanti generiche con giudizio di
prevalenza rispetto alla contestata recidiva, alla luce delle modalità di esecuzione
del reato e della personalità dell’imputato; detto giudizio non appare
censurabile in questa sede, non apparendo essere il frutto di un mero arbitrio o
di un ragionamento illogico.

606, comma 1 lett. b) ed e) cod. proc. pen.; deduce il vizio di motivazione e

Uniformandosi a tale orientamento che il Collegio condivide, va dichiarata
inammissibile l’impugnazione; ne consegue, per il disposto dell’art. 616 c.p.p., la
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché al
versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che,
considerati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina equitativamente
in 1000,00.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di € 1000,00 in favore della Cassa delle
ammende.

Roma, 24 marzo 2015

Il Consigliere estensore

P.Q.M.

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