Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 18530 del 16/03/2018


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 18530 Anno 2018
Presidente: RAMACCI LUCA
Relatore: SCARCELLA ALESSIO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
c/
BIANCHI SERGIO nato il 19/01/1957 a GENOVA
nel procedimento a carico di quest’ultimo

avverso l’ordinanza del 10/10/2017 del TRIB. LIBERTA’ di GENOVA
sentita la relazione svolta dal Consigliere ALESSIO SCARCELLA;
lette/sentite le conclusioni del PG dott. SANTE SPINACI, che conclude per il
rigetto del ricorso;
Udito il difensore, Avv. D. Granara, che chiede l’accoglimento del ricorso;

Data Udienza: 16/03/2018

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza 10.10.2017, il tribunale del riesame di Genova respingeva la
richiesta di riesame presentata nell’interesse del Bianchi, quale legale rappresentante della s.r.l. Campanella, indagato del reato di abusiva occupazione di spazio
demaniale ex art. 1161 cod. nav., avverso il decreto di sequestro preventivo
emesso dal GIP in data 27.09.2017; giova precisare per migliore intelligibilità del

ricorso, che il sequestro preventivo era stato disposto su aree demaniali del porto
di Genova a seguito della scadenza della precedente concessione alla s.r.l. Campanella non rinnovata dall’Autorità portuale e a seguito della mancata ottemperanza all’ordine di sgombero.

2. Contro l’ordinanza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, a mèzzo del
difensore di fiducia iscritto all’albo ex art. 613 c.p.p., prospettando un unico, articolato, motivo, di seguito enunciato nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen.

2.1. Deduce, con tale motivo, la nullità dell’ordinanza sotto quattro distinti profili
in relazione ai quali viene dedotta violazione di legge.

2.1.1. Sotto il primo profilo, deduce nullità ed erroneità per vizio di violazione di
legge quanto all’assunto dell’ordinanza secondo cui, a seguito del rigetto dei ricorsi
amministrativi, si sarebbe formato il giudicato amministrativo nel merito, non rilevando l’intervenuta proposizione del ricorso per cassazione per i soli motivi attinenti alla giurisdizione, in quanto non potrebbe porre nuovamente in discussione
il merito della causa
Sul punto si sostiene che il passaggio in giudicato delle sentenze del CdS si ha solo
quando la decisione non è più soggetta a ricorso per cassazione né a revocazione
ex art. 395, numeri 4 e 5, c.p.c.; sarebbe poi errata l’affermazione per cui l’esito
del ricorso per cassazione non inciderebbe sull’esito della causa, in quanto, nel
caso in esame, il ricorso per cassazione è stato proposto per motivi inerenti alla
giurisdizione, sicchè, in caso di accoglimento, l’eventuale cassazione della sentenza comporterà il rinvio ad altra Sezione del CdS per la decisione nel merito dei
ricorsi in appello riuniti, affinchè eserciti la propria giurisdizione invece erroneamente declinata con la decisione impugnata, ossia la sentenza n. 688 del 2017.

(fr

2.1.2. Sotto il secondo profilo, deduce nullità ed erroneità per violazione di legge
circa la validità degli asseriti precedenti ordini di sgombero da parte dell’autorità
portuale del 12.01.2016 e del 17.08.2016.
Si sostiene che vi sarebbe il difetto del presupposto del sequestro confermato
dall’ordinanza impugnata, non sussistendo alcuna occupazione abusiva penalmente sanzionabile; in particolare, si sostiene che il tribunale del riesame avrebbe

primo, quello del 12.01.2016, ingiungesse il rilascio delle aree sequestrate entro
il 10.02.2016 ma che lo stesso era stato sospeso dal TAR Liguria con ordinanza
36/2016, confermata dal CdS con ordinanza n. 2142/2016, con conseguente inefficacia dello stesso essendo spirato il relativo termine (10.02.2016); il secondo,
quello del 17.08.2016, ingiungeva il rilascio delle predette aree in data
23.08.2016, ma anch’esso risulta essere stato sospeso dal CdS con decreto presidenziale n. 3495/2016, confermato con ordinanza n. 4464/2016, sicché anche
quest’ultimo non potrebbe considerarsi efficace; sul punto, si osserva, l’inesistenza
di alcun ordine di sgombero valido ed efficace risulterebbe essere stata confermata
anche dall’Autorità portuale che ha avviato un nuovo procedimento di sgombero
in data 7.06.2017, motivato esclusivamente dall’esecutività della sentenza del CdS
n. 688/2017, procedimento tuttavia non concluso in violazione dell’art. 2, legge n.
241 del 1990. Ne discenderebbe, secondo il ricorrente, che la mancata conclusione
della procedura amministrativa di sgombero da parte dell’Autorità portuale genovese (e, quindi, il volontario mancato esercizio del potere autoritativo), da un lato
comporta che non sussiste alcun obbligo per la Campanella s.r.l. di rilasciare le
predette aree posto che la sentenza del CdS impugnata con ricorso per cassazione
deve essere eseguita dall’Autorità amministrativa, cosa che non risulta essere
stata fatta, non essendo stato emanato alcun ordine di sgombero con conseguente
insussistenza del reato di cui all’art. 1161 cod. Nav., non potendo l’occupazione
delle aree ritenersi arbitraria, non sussistendo il reato ipso facto per l’occupazione
ma essendo legittima nelle more dei giudizi pendenti. Dall’altro, il mancato esercizio del potere di sgombero, precluderebbe all’Autorità portuale di poter chiedere
al G.O. in sede penale il sequestro preventivo dell’area, essendo previamente obbligata ad esperire ogni possibile azione al fine di evitare la commistione tra azione
amministrativa e penale, non potendo quindi l’Autorità portuale chiedere al giudice
penale di sostituirsi ad essa omettendo di esercitare il potere di sgombero delle
aree demaniale, chiedendone il sequestro al giudice penale.

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erroneamente considerato efficaci i predetti ordine di sgombero, nonostante, il

2.1.3. Sotto il terzo profilo, deduce nullità ed erroneità per violazione di legge in
riferimento all’assoluta discrezionalità dell’Autorità portuale nella scelta della procedura comparativa anziché della gara europea nell’assegnazione alla s.r.l. Amico
e consorziate anche delle aree oggetto di sequestro.
Si duole il ricorrente in quanto rileva che la s.r.l. Campanella sarebbe venuta a
conoscenza dell’esistenza di un accorso sostitutivo avente ad oggetto la conces-

con udienza fissata in data 25.10.2017; non spettando al tribunale del riesame ed
al GIP sindacare l’esercizio della discrezionalità amministrativa da parte dell’Autorità portuale nell’assegnazione delle aree demaniali, l’accordo sostitutivo in questione rileverebbe nel presente giudizio in quanto la legittima e valida stipula dello
stesso costituirebbe il presupposto del procedimento di sgombero avviato dalla
società LLC s.r.I.; poiché la legittimità e validità del predetto accorso sono state
contestate davanti al TAR, nel caso di accoglimento del ricorso, l’eventuale sgombero ingiunto dall’Autorità portuale sarebbe privo del presupposto, non sussistendo alcun interesse pubblico allo sgombero delle aree demaniali e alla loro disponibilità in sé e per sé, ma in quanto finalizzato a garantirne un loro più proficuo
utilizzo. Il GIP avrebbe quindi errato nel disporre il sequestro preventivo (ed il
tribunale avrebbe errato nel mantenerlo) non essendovi alcun interesse pubblico
che lo giustifichi; dal punto di vista penalistico, poi, si aggiunge che ai fini degli
artt. 353 e 353 bis c.p., anche la procedura comparativa è una gara e quindi la
stesa deve soggiacere a tutti i principi fissati dalla normativa italiana ed europea
ivi inclusa la comunicazione ai controinteressati, nella specie mancata, vertendo
peraltro il ricorso per cassazione contro la sentenza del CdS n. 688/2017 anche
sul profilo della violazione dei principi eurounitari che presiedono alle procedura di

evidenza pubblica.

2.1.4. Sotto il quarto profilo, deduce nullità ed erroneità per violazione di legge in
relazione all’art. 1161 cod.nav. sotto il profilo dell’elemento soggettivo e della rilevanza e portata nel presente procedimento delle decisioni rese dai GIP che hanno
disposto l’archiviazione delle denunce di Leghe leggere.
Si sostiene in ricorso che in base agli esiti dell’attività di indagine svolta successivamente alle denunce presentate dall’indagato, sarebbe possibile formulare “più
di un ragionevole dubbio” in ordine alla sussistenza in capo al Bianchi della piena
consapevolezza e coscienza di essere un occupante abusivo delle aree sequestrate.

CONSIDERATO IN DIRITTO
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sione alla Amico s.r.I., accordo che sarebbe stato impugnato con ricorso al TAR

3. Il ricorso è in parte inammissibile perché generico per aspecificità ed, in parte,
infondato.

4. Le doglianze svolte dal ricorrente appaiono anzitutto generiche per aspecificità
in quanto non si confrontano con le argomentazioni svolte nella ordinanza impu-

dai denunciati vizi le identiche doglianze difensive svolte nei motivi di riesame
(doglianze che, vengono, per così dire “replicate” in questa sede di legittimità
senza alcun apprezzabile elemento di novità critica), esponendosi quindi al giudizio
di inammissibilità. Ed invero, è pacifico nella giurisprudenza di questa Corte che è
inammissibile il ricorso per cassazione fondato su motivi non specifici, ossia generici ed indeterminati, che ripropongono le stesse ragioni già esaminate e ritenute
infondate dal giudice del gravame o che risultano carenti della necessaria correlazione tra le argomentazioni riportate dalla’ decisione impugnata e quelle poste a
fondamento dell’impugnazione (v., tra le tante: Sez. 4, n. 18826 del 09/02/2012
– dep. 16/05/2012, Pezzo, Rv. 253849).

5. Le stesse doglianze inoltre sono da ritenersi infondate, avendo il tribunale del
riesame, anzitutto, chiarito che l’oggetto della valutazione fosse circoscritto alla
legittimità o meno della condotta di perdurante occupazione delle aree demaniali
da parte del ricorrente in carenza di concessione, in quanto scaduta sin dal 2015,
con conseguente emissione di ordini di sgombero da parte dell’Autorità portuale
nel 2016, non ottemperati dal ricorrente che occupa ancora oggi sine titolo l’area
demaniale. Sul punto, i giudici del riesame sottolineano che è pacificamente accertata l’attuale carenza di concessione in capo alla Campanella s.r.I., con la conseguenza che il fumus del reato ipotizzato (art. 1161 cod. nav., è integrato a prescindere da ogni ulteriore profilo di carattere amministrativo introdotto dal ricorrente, come pur per quanto concerne il periculum insito nella protrazione del reato
in questione in caso di mantenimento della libera disponibilità delle aree demaniali; gli stessi giudici del riesame, inoltre evidenziano come trattandosi di reato
permanente, sicuramente alla data dei disposto sequestro (e comunque dopo la
conferma da parte del CdS in data 16.02.2017 del precedente rigetto del ricorso
amministrativo da parte del TAR) non solo non potrebbe più ritenersi sussistente
la buona fede nell’occupazione dell’area (il che già esclude la fondatezza del quarto
motivo di censura circa l’inesistenza dell’elemento soggettivo, peraltro dimenticando il ricorrente che secondo la giurisprudenza consolidata di questa Corte il
sequestro preventivo è legittimamente disposto in presenza di un reato che risulti
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gnata che confutano in maniera puntuale e con considerazioni del tutto immuni

sussistere in concreto, indipendentemente dall’accertamento della presenza dei
gravi indizi di colpevolezza o dell’elemento psicologico, atteso che la verifica di tali
elementi è estranea all’adozione della misura cautelare reale: tra le tante, v. Sez.
6, n. 45908 del 16/10/2013 – dep. 14/11/2013, Orsi, Rv. 257383), ma anche, e
soprattutto, che anche nel caso in cui il tribunale del riesame avesse revocato il
sequestro preventivo il ricorrente sarebbe comunque rimasto privo di concessione,

niali continuerebbe a qualificarsi come abusiva fino ad eventuale nuova gara per
l’assegnazione della relativa concessione.

6. Proprio tale ultimo rilievo, si noti, assume natura dirimente nella odierna vicenda, atteso che per giurisprudenza pacifica di questa Corte, in tema di tutela del
demanio, per la configurabilità del reato di abusiva occupazione di spazio demaniale marittimo non è necessaria la preventiva emanazione dell’ordinanza di sgombero da parte della competente autorità, poichè il reato è integrato dalla mera
occupazione dello spazio demaniale in difetto di titolo concessorio, essendo inoltre
da escludersi che l’intervenuta sospensione cautelare dell’ordinanza produca effetti giuridici favorevoli per l’imputato (tra le tante, v.: Sez. 3, n. 21809 del
18/04/2007 – dep. 05/06/2007, Scognamillo, Rv. 236681).
Ed allora, alla luce di tale dirimente rilievo, perdono di spessore argomentativo le
doglianze difensive svolte al precedente punto n. 2) del motivo di ricorso in cui si
contesta la validità ed efficacia degli ordini di sgombero emessi nel 2016 sospesi
dai giudici amministrativi, come la presunta ostatività al sequestro preventivo delle
aree della mancata conclusione della procedura amministrativa di sgombero avviata in data 7.06.2017 dall’Autorità portuale genovese, atteso che l’occupazione
delle predette è da considerarsi arbitraria, come più volte chiarito dalla giurisprudenza di legittimità richiamata, per il sol fatto dell’occupazione.

7. Quanto, poi, al profilo di doglianza sollevato al n. 1) del motivo di ricorso, afferente il mancato formarsi del giudicato amministrativo a seguito del ricorso per
cassazione per motivi inerenti alla giurisdizione della sentenza del CdS n.
688/2017, è sufficiente rilevare che la proposizione del ricorso per cassazione contro la predetta sentenza del CdS, quand’anche abbia come effetto il mancato passaggio in giudicato della decisione del giudice amministrativo, non è allo stato ad
incidere sulla sussistenza del fumus del reato di cui all’art. 1161, cod. nav., tenuto
conto del giudizio rebus sic stantibus caratteristico della presente fase cautelare
incidentale, con la conseguenza che, in presenza di un mutamento della situazione
di fatto, il giudice ben potrà adottare un nuovo e diverso provvedimento. E, proprio
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scaduta nel 2015, con la conseguenza che l’occupazione abusiva delle aree dema-

per tale ragione, allo stato, non può dubitarsi del fatto che l’occupazione dell’area
demaniale sia arbitraria per le ragioni predette, attesa la scadenza della concessione nel 2015 ed essendo il reato integrato dalla mera occupazione dello spazio
demaniale in difetto di titolo concessorio, non rilevando gli esiti dei giudici amministrativi successivi.

contesta la validità e legittimità dell’accordo sostitutivo avente ad oggetto la concessione ad Amico s.r.l. e gli effetti possibili che l’esito del giudizio amministrativo
instaurato davanti al TAR potrebbe esplicare sulla sussistenza dell’interesse pubblico allo sgombero delle aree demaniali, si tratta di censura che presupporrebbe
un sindacato da parte di questa Corte sull’esercizio legittimo o meno della discrezionalità amministrativa da parte dell’Autorità portuale genovese nell’assegnazione delle aree demaniali, oggetto di impugnazione davanti al giudice amministrativo; ed infatti, deve essere qui ricordato che in tema di sindacato da parte del
giudice ordinario sull’atto amministrativo, quest’ultimo, pur quando si ponga in
contrasto diretto con la norma che lo regola, non per questo può dirsi affetto da
carenza di potere dell’organo che lo ha emanato. Esso è soltanto espressione
dell’esercizio abusivo, distorto o genericamente illegittimo di un potere tuttavia
esistente, che, soltanto se sia frutto di attività criminosa (nella specie, non provata
ma solo asserita a pag. 7 del ricorso per cassazione con riferimento al reato di
turbata libertà degli incanti, a fronte della motivazione dell’ordinanza impugnata
in cui si dà atto dell’intervenuta archiviazione del GIP, a nulla rilevando che una
delle opposizione alla richiesta di archiviazione non fosse stata decisa al momento
della presentazione del ricorso), può dare luogo a disapplicazione da parte del
giudice ordinario.
Il potere suddetto sussiste comunque, allorquando l’organo sia competente e siano
rispettati i limiti spaziali e temporali della competenza medesima; la maggiore o
minore discrezionalità attiene invece all’esercizio del potere, che, se male gestito,
determina l’insorgere di vizi ed ipotesi di annullabilità. Ne consegue che il sindacato del giudice penale è possibile nell’ipotesi di inesistenza del potere, che si
configura, allorché l’emanazione dell’atto sia espressamente vietata in mancanza
delle condizioni formali e sostanziali, previste dalla legge; mentre detto sindacato
non è consentito nell’ipotesi di mancato rispetto delle norme, che, regolando l’esercizio del potere, determinano solo invalidità (Sez. 3, n. 1595 del 21/01/1993 dep. 22/02/1993, Pozza ed altri, Rv. 193053; conf. Sez. III, 24 giugno 1992; conf.
Sez. III, n. 1168, 1 luglio 1992).

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8. Quanto, infine, alla doglianza di cui al n. 3) del motivo di ricorso, con cui si

9. Alla stregua delle considerazioni che precedono, il ricorso dev’essere complessivamente rigettato, conseguendo ai sensi dell’art. 616 c.p.p. la condanna alle
spese del procedimento.

P.O.M.

cessuali.
Così deciso in Roma, nella sede della S.C. di Cassazione, il 16 marzo 2018

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese pro-

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