Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 1853 del 06/12/2012


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 1853 Anno 2013
Presidente: GENTILE MARIO
Relatore: AMORESANO SILVIO

SENTENZA
sul ricorso proposto da
1) Russo Antonio

nato il 19.8.1965

avverso la sentenza del 16.9.2011
della Corte di Appello di Napoli
sentita la relazione svolta dal Consigliere Silvio Amoresano
sentite le conclusioni del P. G., dr. Aldo Policastro, che ha
chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso

1

Data Udienza: 06/12/2012

RITENUTO IN FA1TO

1. Con sentenza in data 16.9.2011 la Corte di Appello di Napoli, in parziale
riforma della sentenza del GUP del Tribunale di Napoli, resa in data 7.3.2011,
con la quale Antonio Russo era stato condannato per il reato di cui agli artt.112
n.3 c.p., 73-80 lett.b) in riferimento all’art.112 n.4, qualificato il fatto ex art.73
dpr 309/90 e 112 n.4 c.p. e riconosciuta la circostanza attenuante di cui
all’art.73 comma V dichiarata equivalente all’aggravante, rideterminava la pena
in anni 4 di reclusione ed euro 18.000,00 di multa.
Nel disattendere i motivi di appello rilevava la Corte territoriale che dagli atti
emergeva la piena responsabilità dell’imputato, in quanto la cocaina di cui alla
contestazione era custodita in un posto noto e, quindi, nella disponibilità del
Russo, il quale, all’arrivo dei militari, eludendo il loro controllo, prelevò la
sostanza per gettarla nel water.
Quanto alla circostanza aggravante, dopo aver richiamato l’orientamento della
giurisprudenza di legittimità, secondo cui per la configurabilità dell’aggravante di
cui all’art.112 comma 1 n.4 c.p., richiamata dall’art.80, non era sufficiente il
concorso con il minore ma l’induzione del minore medesimo a commettere il
reato (circostanza non provata), riteneva la Corte territoriale che sussistesse
invece l’aggravante di cui all’art.112 n.4 c.p., avendo l’imputato partecipato
Insieme al figlio al reato.
2. Ricorre per Cassazione Antonio Russo, a mezzo del difensore, denunciando la
violazione di legge in relazione all’art.192 e ss. c.p.p.ed agli artt.73 DPR 309/90
e 378 c.p..
All’imputato risultava contestato di avere, in concorso con il figlio minore Russo
Raffaele, detenuto sostanze stupefacenti che venivano successivamente poste in
vendita. La Corte territoriale non ha tenuto conto che le attività di spaccio erano
state poste in essere dal minore e che il tentativo del ricorrente di occultare la
sostanza stupefacente era finalizzato ad evitare l’arresto del figlio. Il fatto che
la sostanza stupefacente fosse indosso al ricorrente, nel momento in cui veniva
distrutta, non significa che fosse detenuta a fini di spaccio. La Corte,
nell’escludere Il reato di favoreggiamento, non tiene conto che il reato di
detenzione a fini di spaccio da parte del minore si era già consumato.
Denuncia altresì la violazione di legge in relazione agli artt.423 c.p.p. e 522
c.p.p., essendo stati, con la modifica del capo di imputazione operata dalla Corte,
violati i diritti di difesa.
2.1. Con motivi nuovi depositati in data 19.7.2012 si deduce la nullità della
sentenza per violazione degli artt.80 DPR 309/90, 112 comma 1 n.4 e 112
comma 3 c.p.
La Corte territoriale erroneamente ha ritenuto che per la configurabilità della
circostanza aggravante di cui all’art.112 comma 1 n.4 c.p. fosse sufficiente il
concorso nel rato.
Con ulteriori motivi depositati in data 11.9.2012 si deduce che l’art.112 n.4 c.p.
prevede tre ipotesi distinte tra loro; quella contestata al Russo è la seconda,
introdotta con provvedimento legislativo del 1991 e consiste nell’avvalersi di un
minore di anni 18 e quindi è necessaria una sollecitazione o pressione psicologica
verso lo stesso. La giurisprudenza di legittimità ha costantemente ritenuto che
la condotta di sfruttamento del minore non possa desumersi dalla mera
contestazione del concorso nel reato, in quanto l’avvalersi di qualcuno comporta
un’attività di strumentalizzazione. Non essendo provata siffatta
strumentalizzazione va esclusa la ritenuta aggravante.

4s,

CONSIDERATO IN DIRITTO

2. E’ pacifico che, in relazione ai reati in tema di stupefacenti, il termine
“detenzione” non implichi necessariamente un contatto fisico immediato tra il
lo stesso si
soggetto attivo e la sostanza stupefacente, altrimenti
identificherebbe con il portare indosso, ma deve essere inteso nel senso di
disponibilità di fatto della sostanza stupefacente, realizzata attraverso
l’attrazione della stessa nell’ambito della propria sfera di custodia, anche in
difetto dell’esercizio continuo e/o immediato di un potere manuale da parte del
soggetto attivo (dr. Cass.pen. Sez. 4 n.47472 del 13.11.2008). E’ necessario,
però, che si tratti di una disponibilità concreta ed in atto e non eventuale e futura
(cfr. Cass. Sez. 6 n.9901 del 27.6.1995).
2.1. Già Il GIP aveva evidenziato che il Russo, durante la perquisizione,
approfittando di un momento di distrazione dei militari operanti, si portò nei
bagno tentando di disfarsi della sostanza stupefacente. Tale comportamento,
sottolineava il GIP, attestava inequivocabilmente che il prevenuto aveva la
disponibilità della sostanza stupefacente custodita nell’appartamento.
La Corte territoriale, nel ribadire che la cocaina era custodita in un posto noto
all’imputato e quindi nella sua piena disponibilità, ha ulteriormente specificato
che il medesimo aveva quanto meno “agevolato il figlio nella detenzione della
sostanza, consentendogli l’occultamento della stessa e garantendogli
collaborazione in caso di bisogno” (pag.5).
Non può quindi minimamente parlarsi di mera connivenza. La distinzione tra
connivenza non punibile e concorso nel reato commesso da un altro soggetto va
Individuata, invero, nel fatto che, mentre la prima postula che l’agente mantenga
un comportamento meramente passivo, privo cioè di qualsivoglia efficacia
causale, il secondo richiede, invece, un contributo partecipativo positivo – morale
o materiale- all’altrui condotta criminosa, anche in forme che agevolino la
detenzione, l’occultamento ed il controllo della droga, assicurando all’altro
concorrente, anche implicitamente, una collaborazione sulla quale questi può
contare (cfr. ex multis Cass.pen.sez. 4 n.4948 del 22.1.2004; conf. Cass.sez.6
n.14086 del 18.2.2010).
Né tanto meno è ipotizzabile Il reato di favoreggiamento personale o reale. Il
reato di favoreggiamento non è, infatti, configurabile con riferimento al delitto di
illecita detenzione di sostanza stupefacente in costanza di detta detenzione, dal
momento che, in ogni caso, nei reati permanenti qualunque agevolazione dei
colpevole, prima che la condotta di questi sia cessata, si risolve inevitabilmente
in un concorso, quanto meno a carattere morale (dr.Cass.pen.sez.4 n.12915
dell’8.3.2006; conf.Cass.sez.4 n,.39267 del 25.9.2008).
E, nel caso di specie, la detenzione era certamente ancora in atto.
Che poi tale detenzione fosse finalizzata allo spaccio non può minimamente
essere revocato in dubbio. A parte il fatto che non è stato neppure dedotto un
uso personale, i Giudici di merito hanno evidenziato come l’appartamento in cui
abitava anche l’imputato fosse utilizzato per l’attività di spaccio della sostanza
stupefacente (dr. sent. GUP).
3. La Corte territoriale, aderendo e facendo proprio l’indirizzo giurisprudenziale,
secondo cui la circostanza aggravante di essersi avvalso di un minore nella
commissione del delitto non può desumersi dalla semplice contestazione di aver
commesso il fatto in concorso con un minore, giacchè l’avvalersi di taluno implica
pur sempre una attività di strumentalizzazione che può non ricorrere nel mero
concorso di persone nel reato (cfr. ex multis Cass.pen. Sez. 4 n.18971 del
3

1. Il ricorso è infondato e va, pertanto, rigettato.

P. Q. M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma il 6.12.2012

19.2.2009), ha escluso la configurabilità della contestata circostanza aggravante
di cui all’art.80 lett.b) DPR 309/90 in riferimento all’art.112 n. 4 c.p..
Correttamente, però, ha ritenuto sussistente la circostanza aggravante di cui
all’art.112 co.1 n.4 c.p.
Il ricorrente, nel censurare sul punto la decisione della Corte territoriale, omette
di considerare che, a seguito della L.15.7.2009 n. 94 (art.3 co.15) nel comma 1
n.4 dell’art.112 sono state Inserite le parole “o con gli stessi ha partecipato”.
A seguito di tale modifica, intervenuta prima della commissione (11.10.2010) del
reato ascritto all’imputato, e quindi pienamente applicabile alla fattispecie in
esame, ricorre la circostanza aggravante in questione anche solo nell’ipotesi di
concorso nel reato.
Né può certamente parlarsi di difetto di contestazione, con conseguente nullità
ex art.522 c.p.p. della sentenza, dal momento che nella imputazione si faceva
specifico riferimento al “concorso con Il figlio minorenne Russo Raffaele..”.
La Corte territoriale, quindi, si è limitata a “qualificare” diversamente la
circostanza aggravante. E, del resto, il ricorrente non può lamentare alcuna
violazione del diritto dì difesa, essendosi ampiamente difeso sul punto.

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