Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 18528 del 30/11/2012


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 18528 Anno 2013
Presidente: TERESI ALFREDO
Relatore: MICHELI PAOLO

SENTENZA

sul ricorso proposto nell’interesse di
Calì Fabio, nato a Catania il 12/12/1967

avverso l’ordinanza emessa il 05/07/2012 (dep. il 09/07/2012) dal Tribunale di
Roma

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Dott. Paolo Micheli;

Data Udienza: 30/11/2012

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott.ssa
Maria Giuseppina Fodaroni, che ha concluso chiedendo dichiararsi
l’inammissibilità del ricorso

RITENUTO IN FATTO

1. Il difensore di Fabio Calì ricorre avverso l’ordinanza del Tribunale di Roma
del 05/07/2012, in forza della quale veniva rigettato l’appello presentato dallo
stesso Calì nei confronti di una precedente ordinanza del G.i.p. dello stesso

Tribunale (emessa in data 14/05/2012), che aveva respinto un’istanza

ex art.

299 cod. proc. pen. volta ad ottenere la revoca della misura cautelare
dell’obbligo di dimora nel comune di Roma, in corso di applicazione a carico del
ricorrente. Il Tribunale, dato atto che nei confronti del Cali era già intervenuta
una sentenza di applicazione di pena per reati di cui agli artt. 132 d.lgs. n. 385
del 1993, 2632 e 2638 cod. civ., 216 e 223 legge fall. ed altri, segnalava che la
restrizione della libertà personale del prevenuto si riferiva ad ulteriori addebiti di
bancarotta (con la precisazione che a carico del medesimo si procedeva altresì

reputava irrilevanti le circostanze addotte dalla difesa in vista della revoca della
misura, o quanto meno della prescrizione di permanenza in casa durante le ore
notturne. In particolare, osservava che la regolarità di comportamento del Cali
nel rispettare le prescrizioni impostegli poteva solo valere ad evitare un possibile
aggravamento del regime de libertate, e non ad inferirne una attenuazione od
elisione delle esigenze cautelari; rilevava altresì che non era stato rappresentato
alcun elemento concreto da cui poter desumere che la misura fosse di particolare
e non tollerabile gravosità, mentre doveva intendersi ancora necessario – in
ragione della “intraprendenza criminale” del Cali – ridurne le possibilità di
incontro con terzi e di spostamento.
Con l’odierno ricorso, il difensore del Cali lamenta carenza ed illogicità della
motivazione circa la ritenuta non idoneità di misure meno gravose a fronteggiare
le ipotizzate esigenze cautelari, nonché omessa motivazione sugli argomenti
specificamente prospettati dalla difesa. Premesso che il Calì risultava aver
ammesso le proprie responsabilità in sede di interrogatorio, tanto che il P.M.
aveva espresso parere favorevole all’accoglimento dell’istanza di revoca
dell’obbligo di dimora, la difesa evidenzia che la decisione del Tribunale appare
illogica nella parte in cui giunge ad affermare che la misura in atto varrebbe a
limitare le possibilità di spostamento sul territorio da parte dell’indagato, senza
nulla precisare né a proposito dell’attualità e concretezza del pericolo di
commissione di nuovi reati della stessa specie da parte del Cali, né circa la
necessità di mantenere la prescrizione di non uscire di casa dalle 20:00 alle
08:00 (come a voler dire che un reato di bancarotta sarebbe più facilmente
realizzabile in ora notturna). Deduce inoltre che le argomentazioni del Tribunale
si limitano a richiami apodittici a quelle già fatte proprie dal G.i.p., senza alcun
apporto critico ulteriore che tenga conto delle doglianze difensive.

2. Con dichiarazione pervenuta il 28/11/2012 alla Cancelleria di questa
Corte, il Cali ha manifestato la volontà di rinunciare al ricorso.

per alcune ipotesi di truffa aggravata): data la gravità delle contestazioni,

CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso va qualificato inammissibile, all’esito della formalizzata rinuncia.
Ne consegue la condanna del Calì al pagamento delle spese processuali
nonché – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità, in quanto riconducibile alla volontà del ricorrente (v. Corte Cost.,
sent. n. 186 del 13/06/2000) – della somma di C 500,00, così equitativamente

P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 500,00 in favore della Cassa delle
Ammende.
Così deciso il 30/11/2012.

stabilita in ragione dei motivi dedotti, in favore della Cassa delle Ammende.

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