Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 18527 del 06/02/2015


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 18527 Anno 2015
Presidente: ESPOSITO ANTONIO
Relatore: BELTRANI SERGIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
DI PUPPO MICHELE N. IL 06/07/1964
avverso l’ordinanza n. 178/2014 TRIB. LIBERTA’ di CATANZARO,
del 03/07/2014
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. SERGIO BELTRANI;
1/sentite le conclusioni del PG Dott.
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Data Udienza: 06/02/2015

RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza indicata in epigrafe, il Tribunale del riesame di Catanzaro,
adito ex art. 310 c.p.p., ha rigettato l’appello presentato nell’interesse di
MICHELE DI PUPPO, in atti generalizzato, contro l’ordinanza emessa dal GIP
della stessa città in data 3.2.2014, con la quale era stata rigettata una sua
istanza volta ad ottenere la declaratoria di perdita di efficacia della misura
cautelare della custodia in carcere in atto applicatagli per il reato di cui all’art.

preliminari, previa retrodatazione ex art. 297, comma 3, c.p.p. del termine di
decorrenza (asseritamente dovuta in considerazione della sussistenza di ragioni
di connessione qualificata ex art. 12, lett. C, c.p.p., con il reato di estorsione
oggetto di analoga cautela carceraria in separato procedimento).
Contro tale provvedimento, l’indagato (con l’ausilio di due avvocati iscritti
all’apposito albo speciale) ha proposto ricorso per cassazione, deducendo il
seguente motivo, enunciato nei limiti strettamente necessari per la
motivazione, come disposto dall’art. 173, comma 1, disp. att. c.p.p.:
– violazione dell’art. 606, lett. B) (rectius, C) c.p.p., in relazione all’art. 297,
comma 3, c.p.p. (sussisterebbero ragioni di connessione c.d. qualificata, sia
sotto il profilo della continuazione, sia sotto il profilo teleologico; la
configurabilità dell’esistenza di un medesimo disegno criminoso sarebbe
desumibile dal fatto che l’estorsione de qua è aggravata ex art. 7 I. n. 203 del
1991, riferita alla finalità di agevolare il medesimo sodalizio criminoso cui è
riferita la contestazione ex art. 416-bis c.p.).
All’odierna udienza camerale, celebrata ai sensi dell’art. 127 c.p.p., si è
proceduto al controllo della regolarità degli avvisi di rito; all’esito, le parti
presenti hanno concluso come da epigrafe, e questa Corte Suprema, riunita in
camera di consiglio, ha deciso come da dispositivo in atti.

CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è integralmente inammissibile perché assolutamente privo di
specificità in tutte le sue articolazioni (reiterando, più o meno
pedissequamente, censure già dedotte dinanzi al Tribunale del riesame e già
non accolte: Sez. IV, sentenza n. 15497 del 22 febbraio – 24 aprile 2002, CED
Cass. n. 221693; Sez. VI, sentenza n. 34521 del 27 giugno – 8 agosto 2013,
CED Cass. n. 256133), del tutto assertivo e, comunque, manifestamente
infondato, a fronte dei rilievi con i quali il Tribunale del riesame- con

416-bis c.p., per decorrenza dei termini relativi alla fase delle indagini

argomentazioni giuridicamente corrette, nonché esaurienti, logiche e non
contraddittorie, e, pertanto, esenti da vizi rilevabili in questa sede – ha motivato
il diniego della retrodatazione della decorrenza del termine di custodia cautelare
de quo valorizzando il rilievo assorbente che nessun elemento indica che, al
momento della commissione del reato cronologicamente antecedente,
l’indagato avesse unitariamente – pur se per sommi capi – progettato le linee
essenziali di un disegno criminoso ricomprendente anche la commissione al
reato cronologicamente successivo, non costituendo, tra l’altro, la commissione

stata ritenuta sussistente la desunnibilità dei fatti oggetto del secondo
procedimento, al contrario addirittura smentita per tabulas «dall’essere state
avviate, all’epoca dell’emissione della prima ordinanza, ulteriori indagini in
ordine al delitto di cui all’art. 416-bis c.p.»; e, d’altro canto, l’invocata
aggravante ex art. 7 cit., di per sé, è priva di rilievo assorbente ai fini de
quibus.
Il Tribunale ha, infine, correttamente evidenziato la ragione di un ulteriore
elemento assorbente a riprova dell’improponibilità, in diritto, della pretesa
difensiva: invero, la partecipazione al reato associativo – oggetto del secondo
provvedimento coercitivo – non è anteriore all’emissione dell’ordinanza
coercitiva rispetto alla quale si chiede la retrodatazione del termine de quo,
essendosi la relativa permanenza protratta fino al novembre 2011, e quindi
anche successivamente alla data di emissione della prima ordinanza coercitiva
(risalente al 10 giugno 2010).

La declaratoria di inammissibilità totale del ricorso comporta, ai sensi
dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali nonché – apparendo evidente dal contenuto dei motivi che egli ha
proposto il ricorso determinando le cause di inammissibilità per colpa (Corte
cost., sentenza 13 giugno 2000, n. 186) e tenuto conto dell’entità di detta colpa
– della somma di Euro mille in favore della Cassa delle Ammende a titolo di
sanzione pecuniaria.

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro mille alla Cassa delle mmende.
Così deciso in Roma, udienza camerale 6 febbraio 2015

Il Consig ere estensore

DEPOSITATO IN CANCELLERIA

di estorsioni l’esclusiva finalità per la quale il sodalizio era stato costituito. Né è

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