Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 18521 del 11/01/2018


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 18521 Anno 2018
Presidente: RAMACCI LUCA
Relatore: LIBERATI GIOVANNI

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Ferri Stefano, nato a Rieti il 28/12/1971
avverso la sentenza del 16/2/2017 del Tribunale di Bergamo
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Giovanni Liberati;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Felicetta
Marinelli, che ha concluso chiedendo di dichiarare inammissibile il ricorso;
udito per il ricorrente l’avv. Fabrizio Losito, che ha concluso chiedendo
l’accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 16 febbraio 2017 il Tribunale di Bergamo ha condannato
Stefano Ferri alla pena di euro 309,00 di ammenda, in relazione al reato di cui
all’art. 659 cod. pen. (ascrittogli per avere, quale legale rappresentante della
associazione culturale denominata MAITE, mediante schiamazzi e rumori
superiori alla soglia prevista dal DPCM 14/11/1997, disturbato le occupazioni e il
riposo delle persone).
Il Tribunale, accertata la produzione delle immissioni sonore dal locale di
intrattenimento gestito dalla associazione culturale di cui l’imputato era legale
rappresentante, ne ha affermato la responsabilità, escludendo la configurabilità
dell’illecito amministrativo di cui all’art. 10, comma 2, I. n. 447 del 1995,

Data Udienza: 11/01/2018

sottolineando che non si era verificato solamente il superamento dei limiti di
accettabilità di dette emissioni, ma anche il disturbo del riposo e delle
occupazioni delle persone.

2. Avverso tale sentenza l’imputato ha proposto ricorso per cassazione,
affidato a due motivi.
2.1. Con un primo motivo ha denunciato violazione dell’art. 659 cod. pen.,
non essendo stato accertato che il disturbo alle persone riguardava, almeno

configurabilità del reato previsto da tale disposizione da un consolidato
orientamento interpretativo di legittimità, in quanto era emerso che le immissioni
sonore provenienti dal locale dell’imputato avevano disturbato solamente una
ristretta e determinata cerchia di persone, in un ambito territoriale determinato,
con la conseguente insussistenza del pericolo concreto per la quiete pubblica
richiesto dalla norma incriminatrice per la configurabilità del reato.
2.2. Con un secondo motivo ha lamentato illogicità manifesta e
contraddittorietà della motivazione della sentenza, non essendo stato affermato
dai testi escussi che la musica proveniente dal locale gestito dall’imputato fosse
fastidiosa o assordante anche al di fuori del condominio in cui si trovava tale
locale, ed essendo manifestamente illogico ricavare la diffusività delle immissioni
dalle lamentele dei vicini di casa e dalle loro denunce.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile.

2. Entrambi i motivi, che possono essere esaminati congiuntamente, essendo
volti a sindacare l’accertamento di fatto compiuto dal Tribunale, in ordine alla
diffusività delle emissioni sonore e alla loro idoneità ad arrecare disturbo alle
occupazioni e al riposo di un numero indeterminato di persone, tendono,
attraverso la deduzione di violazioni di legge e di vizi della motivazione, a
censurare quanto accertato dal Tribunale, e non sono, pertanto, consentiti nel
giudizio di legittimità.
Alla Corte di cassazione è, infatti, preclusa la possibilità non solo di
sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta
nei precedenti gradi, ma anche di saggiare la tenuta logica della pronuncia
portata alla sua cognizione mediante un raffronto tra l’apparato argomentativo
che la sorregge ed eventuali altri modelli di ragionamento mutuati dall’esterno
(tra le altre, Sez. U., n. 12 del 31/05/2000, Jakani, Rv. 216260; Sez. 2, n.
20806 del 5/05/2011, Tosto, Rv. 250362).

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potenzialmente, un numero indeterminato di persone, come richiesto al fine della

Resta, dunque, esclusa, pur dopo la modifica dell’art. 606, comma 1, lett. e),
cod. proc. pen. la possibilità di una nuova valutazione delle risultanze acquisite,
da contrapporre a quella effettuata dal giudice di merito, attraverso una diversa
lettura, sia pure anch’essa logica, dei dati processuali o una diversa ricostruzione
storica dei fatti o un diverso giudizio di rilevanza o comunque di attendibilità
delle fonti di prova (Sez. 3, n. 12226 del 22/01/2015, G.F.S., non massimata;
Sez. 3, n. 40350, del 05/06/2014, C.C. in proc. M.M., non massimata; Sez. 3,
n. 13976 del 12/02/2014, P.G.,

non massimata;

Sez. 6, n. 25255 del

Messina ed altro, Rv. 235716).
Nel caso in esame il Tribunale di Bergamo ha accertato, sulla base di quanto
riferito dai testi escussi e dalle misurazioni delle emissioni sonore eseguite dai
tecnici dell’ARPA della Regione Lombardia, che dal locale nel quale veniva svolta
attività di intrattenimento dalla associazione culturale MAITE, di cui l’imputato
era legale rappresentante, provenivano rumori ed emissioni sonore idonei a
disturbare le occupazioni e il riposto delle persone residenti nelle vicinanze del
locale e anche di coloro che le frequentavano, in quanto i rumori e i suoni
provenienti da tale locale si sentivano nelle abitazioni ubicate a 20 o 30 metri di
distanza ed erano idonei a disturbare il riposo.
A tale accertamento il Tribunale è giunto evidenziando quanto riferito dagli
abitanti nel medesimo edificio nel quale si trovava il locale in cui aveva sede
l’associazione di cui l’imputato era legale rappresentante, circa l’intollerabilità dei
rumori e dei suoni provenienti da tale locale, che avevano anche indotto una
residente a trasferirsi altrove, nonché di quanto riferito da vicini e conoscenti del
denunziante e dal tecnico dell’ARPA della Regione Lombardia che aveva eseguito
sopralluoghi e misurazioni, accertando il superamento dei limiti stabiliti per le
emissioni sonore diurne e notturne.
In particolare il Tribunale ha sottolineato la diffusività di tali emissioni sonore,
evidenziando come le stesse non avessero disturbato solamente la famiglia del
denunciante, residente un appartamento posto al piano superiore rispetto al
locale sede del circolo ricreativo gestito dall’imputato, ma tutti gli abitanti nelle
vicinanze di detto locale, tanto che una residente nel medesimo condominio era
stata indotta a trasferirsi altrove a causa dei rumori.
Tale accertamento risulta coerente con gli elementi a disposizione e le
conclusioni che ne sono state tratte dal Tribunale non sono illogiche, anche
quanto all’aspetto della diffusività dei rumori e delle emissioni sonore e alla loro
idoneità ad arrecare disturbo alle occupazioni e al riposo di un numero
indeterminato di persone, in quanto per la configurabilità della contravvenzione
di cui all’art. 659 cod. pen. non sono necessarie né la vastità dell’area
interessata dalle emissioni sonore, né il disturbo di un numero rilevante di

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14/02/2012, Minervini, Rv. 253099; Sez. 2, n. 7380 in data 11/01/2007,

persone, essendo sufficiente che il disturbo venga arrecato a un gruppo
indeterminato di persone e non solo a un singolo, anche se raccolte in un ambito
ristretto, come, ad esempio in un condominio (cfr. Sez. 1, n. 45616 del
14/10/2013, Vírgillito, Rv. 257345, secondo cui perché sussista la
contravvenzione di cui all’art. 659 cod. pen. relativamente ad attività che si
svolge in ambito condominiale, è necessaria la produzione di rumori idonei ad
arrecare disturbo o a turbare la quiete e le occupazioni non solo degli abitanti
dell’appartamento sovrastante o sottostante la fonte di propagazione, ma di una

47298 del 29/11/2011, Iori, Rv. 251406; Sez. 1, n. 18517 del 17/03/2010,
Oppong, Rv. 247062; Sez. 1, n. 1406 del 12/12/1997, Costantini, Rv. 209694).
La circostanza che sono alcuni dei soggetti potenzialmente lesi dalle
emissioni sonore se ne siano lamentati non esclude la configurabilità del reato
allorquando, come nel caso in esame, sia stata accertata l’idoneità delle stesse
ad arrecare disturbo non solamente a un singolo ma a un gruppo indeterminato
di persone, quali gli abitanti nel medesimo condominio, con la conseguente
incidenza della condotta sulla tranquillità pubblica e la lesione dell’interesse
protetto dalla disposizione, che è costituito, appunto, dalla quiete e dalla
tranquillità pubblica.
Il ricorrente con entrambi i motivi di ricorso si duole, in realtà, di tale
accertamento di fatto compiuto dal Tribunale, affermando, contrariamente a
quanto ritenuto dal Tribunale, che la musica e i rumori avevano disturbato
solamente il denunciante, la sua famiglia e i suoi ospiti, omettendo di
considerare quanto esposto circa l’idoneità di tali emissioni sonore ad arrecare
disturbo a una cerchia più ampia di persone (anche alla luce degli accertamenti e
delle misurazioni eseguite dai tecnici dell’Arpa Lombardia) e al riscontro
derivante dal trasferimento di una condomina in altra abitazione a causa di tali
rumori, proponendo, dunque, una rivalutazione delle risultanze di fatto, benché
adeguatamente e logicamente considerate, come tale non consentita nel giudizio
di legittimità.

3. Il ricorso deve, pertanto, essere dichiarato inammissibile, essendo stato
affidato a doglianze non consentite nel giudizio di legittimità.
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, ex art. 616 cod.
proc. pen., non potendosi escludere che essa sia ascrivibile a colpa del ricorrente
(Corte Cost. sentenza 7 – 13 giugno 2000, n. 186), l’onere delle spese del
procedimento, nonché del versamento di una somma in favore della Cassa delle
Ammende, che si determina equitativamente, in ragione dei motivi dedotti, nella
misura di euro 2.000,00.

4

più consistente parte degli occupanti il medesimo edificio; nonché Sez. 1, n.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 2.000,00 in favore della Cassa delle
Ammende.

Così deciso il 11/1/2018

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