Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 18514 del 04/04/2018


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 18514 Anno 2018
Presidente: SARNO GIULIO
Relatore: SANTALUCIA GIUSEPPE

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
RIVA EUGENIO FABIO nato il 07/09/1965 a MERATE

avverso l’ordinanza del 14/09/2017 del TRIBUNALE di LECCO
sentita la relazione svolta dal Consi li

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Data Udienza: 04/04/2018

Ritenuto in fatto
Il Tribunale di Lecco, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha accolto la richiesta del
pubblico ministero di revoca della sospensione condizionale della pena, concessa a Fabio
Eugenio Riva sia con la sentenza del 26 settembre 2005 di condanna a mesi cinque di
reclusione ed € 2000,00 di multa per un reato commesso I’l giugno 2002, divenuta esecutiva
in data 30 ottobre 2005; sia con sentenza dell’8 maggio 2006 di condanna ad anni uno e mesi
dieci di reclusione ed € 6000,00 di multa per reati commessi dal 2003 al 19 aprile 2005,
divenuta esecutiva il 25 luglio 2006. La sospensione condizionale concessa con la prima

delitto commesso sino al 19 aprile 2005, e quindi anteriormente alla concessione del beneficio
con la prima sentenza. La sospensione condizionale concessa con la seconda sentenza è stata
revocata per effetto della sentenza del 24 febbraio 2016 della Corte di appello di Milano,
emessa in parziale riforma della sentenza del 19 marzo 2015 del Tribunale di Lecco, divenuta
irrevocabile in data 6 aprile 2017, che ha giudicato reati commessi nel quinquennio successivo.
Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso il difensore del condannato, che ha articolato
più motivi.
Con il primo ha dedotto il vizio di violazione di legge. L’ordinanza impugnata non ha
tenuto conto che le pene si sono estinte. Il dies a quo del termine di estinzione delle pene
detentive si individua in quello in cui si sono verificati i presupposti per la revoca del beneficio
precedentemente concesso e non quello in cui è divenuta definitiva la decisione che ha
accertato la causa di revoca. Nel caso in esame il dies a quo per l’eseguibilità di entrambe le
pene detentive coincide con quello di irrevocabilità della sentenza dell’8 maggio 2006 del
giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Lecco, che ha condannato alla pena di anni
uno e mesi dieci di reclusione ed è divenuta irrevocabile il 25 luglio 2006.
Peraltro, il momento in cui detta sentenza è divenuta irrevocabile segna l’inizio del
decorso del termine di prescrizione della pena detentiva, dal momento che il beneficio
concesso con tale pronuncia era viziato ab origine, per violazione dell’articolo 164, comma 4,
c.p., che limita la possibilità di una seconda concessione al caso in cui la pena da infliggere,
cumulata con quella irrogata con la precedente condanna anche per delitto, non superi il limite
di due anni, limite invece superato.
Con il secondo motivo ha dedotto il vizio di violazione di legge, perché la sospensione
condizionale concessa con la sentenza dell’8 maggio 2006 del giudice dell’udienza preliminare
del Tribunale di Lecco avrebbe dovuto essere revocata per violazione dell’articolo 164, comma
4, c.p., e quindi, come statuito da Sez. un., n. 37345 del 2015, sempre che le cause ostative
alla concessone del beneficio non risultassero documentalmente al giudice della cognizione. Il
giudice dell’esecuzione, per l’accertamento necessario di questo presupposto, avrebbe dovuto
acquisire il fascicolo del giudizio di cognizione, e non operare sulla base di una mera
presunzione.

1

sentenza è stata revocata per effetto della condanna dell’8 maggio 2006, intervenuta per

Il procuratore generale, intervenuto con requisitoria scritta, ha chiesto l’annullamento
dell’ordinanza impugnata limitatamente alla revoca della sospensione condizionale della pena
di cui alla sentenza del 26 settembre 2005, irrevocabile il 30 ottobre 2005, con rinvio per nulo
esame al Tribunale di Lecco; ha chiesto quindi, per il resto, il rigetto del ricorso.
Successivamente il difensore ricorrente ha proposto memoria con cui ha insistito sulle
ragioni del ricorso.
Considerato in diritto
Il ricorso è fondato solo in parte, per le ragioni di seguito esposte.

settembre 2005 del giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Lecco appare fondato.
Quando, infatti, è divenuta irrevocabile la seconda sentenza, sempre emessa dallo stesso
giudice, sono venuti ad essere i presupposti per la revoca della sospensione condizionale
precedentemente concessa. La disposizione di legge, secondo cui il tempo necessario per
l’estinzione della pena decorre, se questa è subordinata al verificarsi di una condizione, dal
giorno in cui la condizione si è verificata – articolo 172, comma quinto, c.p. – deve essere
intesa nel senso che, ove si tratti di pena condizionalmente sospesa e intervenga una causa di
revoca di diritto del beneficio, “il termine ha inizio nel momento in cui diviene definitiva la
decisione di accertamento della causa della revoca e non in quello in cui sia adottato dal
giudice dell’esecuzione il provvedimento di revoca” – Sez. I, 2 dicembre 2015, n. 11156/16,
Ouledfares, C.E.D. Cass., n. 266343 -. La sentenza appena citata ha affermato a tal proposito,
in termini del tutto condivisibili, che “il dies a quo della decorrenza del termine di prescrizione
coincide con il momento di verificazione dei presupposti da cui la legge fa derivare la revoca
del beneficio, mentre il successivo provvedimento di revoca ha mera funzione ricognitiva della
condizione risolutiva e i relativi effetti si producono ex tunc, retroagendo al momento in cui la
condizione si è verificata”. Questo indirizzo interpretativo trova autorevole avallo nella
pronuncia con cui le Sezioni unite hanno stabilito che, “nel caso in cui l’esecuzione della pena
sia subordinata alla revoca dell’indulto, il termine di prescrizione della pena decorre dalla data
d’irrevocabilità della sentenza di condanna, quale presupposto della revoca del beneficio” Sez. un., 30 ottobre 2014, n. 2/15, Maiorella, C.E.D. Cass., n. 261399 -.
È pertanto fondata la doglianza di ricorso circa la revoca della sospensione condizionale
di cui alla sentenza del 26 settembre 2005 (irrevocabile il 30 ottobre 2005) del giudice
dell’udienza preliminare del Tribunale di Lecco, dal momento che, computando dieci anni come
termine di estinzione della pena a far data dall’irrevocabilità della seconda sentenza di
condanna, l’estinzione risulta verificatasi il 25 luglio 2016, sempre che non ricorrano le
condizioni ostative di cui all’articolo 172, ult. co ., c.p., ma ciò non può che essere oggetto di
accertamento ad opera del giudice del merito.
Per questa parte, l’ordinanza impugnata va allora annullata, con rinvio al Tribunale di
Lecco per nuovo esame.

2

Il rilievo circa l’avvenuta estinzione della pena irrogata con la sentenza del 26

Non è invece fondata la tesi del ricorrente, secondo cui la pena irrogata con la sentenza
di condanna dell’8 maggio 2006 sarebbe del pari estinta, dovendosi individuare il dies a quo
del termine nel momento di irrevocabilità della stessa sentenza, dato che il beneficio non era
concedibile perché la pena irrogata, cumulata con quella precedente, superava il limite di cui
all’articolo 164, quarto comma, c.p.
Anzitutto si rileva che il giudice dell’esecuzione ha operato, secondo la richiesta del
pubblico ministero, facendo applicazione della previsione di revoca automatica della

nel quinquennio successivo, ha commesso i delitti oggetto di accertamento con la sentenza del
24 febbraio 2016 della Corte di appello di Milano.
Correttamente il giudice dell’esecuzione ha provveduto entro l’ambito delineato dalla
richiesta e ha dato prevalenza alle cause di revoca automatica sul pur possibile apprezzamento
di una revoca per illegittimità della statuizione decisoria. Infatti, la disposizione che consente al
giudice dell’esecuzione di porre rimedio all’illegittimità della decisione di cognizione, ormai
irrevocabile, merita di essere letta in modo restrittivo ed utilizzata entro limiti di stretta
necessità, proprio per l’esigenza di rispettare il principio di intangibilità del giudicato.
In ogni caso, volendo mettere da canto queste preliminari ed assorbenti osservazioni, si
rileva che l’argomento di ricorso è sì suggestivo ma errato, perché trascura di considerare che
la causa di revoca, al cui accertamento si determina l’inizio del termine di prescrizione non
dovendosi attendere il provvedimento di revoca, è per necessità un fattore aggiuntivo ed
esterno alla pronuncia che ha concesso il beneficio, e non può essere individuato nelle ragioni
di illegittimità della stessa pronuncia.
Il ragionamento per il quale, siccome la sospensione condizionale della pena non poteva
essere concessa, la pena così sospesa deve considerarsi sin da quel momento non soggetta a
condizione sospensiva finisce con il confondere, in un unico atto, la causa di revoca ed il suo
accertamento, e trasforma l’asserita illegittimità della statuizione in una condizione di
inesistenza giuridica della stessa.
Infine, al rilievo di ricorso, secondo cui il giudice avrebbe dovuto provvedere alla revoca
acquisendo preliminarmente il fascicolo del giudizio, onde verificare se al giudice della
cognizione fossero note le cause dell’illegittimità della concessione della sospensione
condizionale – come statuito da Sez un., 23 aprile 2015, n. 37345, Longo,

C.E.D. Cass., n.

264381 – , si oppone che esso avrebbe un senso solo se si muovesse dalla premessa, prima
invero negata, che il giudice dell’esecuzione abbia fatto uso dei poteri straordinari di rimedio
all’illegittimità del giudicato di cui agli articoli 168, ult. co ., c.p. e 674, comma 1-bis, c.p.p. E in
aggiunta si osserva che l’illegittimità in cui sarebbe incorso il giudice dell’esecuzione non è
stata prontamente dedotta dal ricorrente nel corso del procedimento di esecuzione, sicché la
dedotta violazione di legge non è ora proponibile dinnanzi a questa Corte.
P.Q.M.

3

sospensione, di cui all’articolo 168, comma, n. 1), c.p. Ha a tal fine rilevato che il condannato,

Annulla l’ordinanza impugnata limitatamente alla revoca della sospensione condizionale della
pena di cui alla sentenza del GUP del Tribunale di Lecco del 26.9.2005, irrevocabile il
30.10.2005, con rinvio al Tribunale di Lecco per nuovo esame.
Rigetta nel resto il ricorso.

Così deciso il 4 aprile 2018

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