Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 18512 del 04/04/2018


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 18512 Anno 2018
Presidente: SARNO GIULIO
Relatore: SANTALUCIA GIUSEPPE

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
CADORE SILVIA nato il 27/04/1974 a PADOVA

avverso l’ordinanza del 15/09/2017 del TRIBUNALE di PADOVA
sentita la relazione svolta dal Consigliere GIUSEPPE SANTALUCIA;
lette/s-e-nt-ite le conclusioni del PG
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Data Udienza: 04/04/2018

Ritenuto in fatto
Il Tribunale di Padova, quale giudice dell’esecuzione, ha dichiarato l’inammissibilità
dell’istanza dell’amministratore giudiziario, nominato nel procedimento penale nei confronti di
Silvia Cadore per la custodia di un conto corrente in sequestro, intestato a quest’ultima.
L’istanza ha ad oggetto l’autorizzazione a prelevare il denaro necessario per la conservazione
dei beni immobili, parimenti sottoposti a sequestro nell’ambito dello stesso procedimento, che
si è concluso con pronuncia definitiva di assoluzione di Silvia Cadore, per difetto dell’elemento

trasmesso gli atti in uno con l’annullamento senza rinvio del provvedimento del Corte di
appello di Venezia che aveva provveduto ad autorizzare l’amministratore giudiziario, ha
rilevato che la pronuncia della Corte di cassazione, che afferma l’inefficacia del sequestro per
intervenuta assoluzione, non ha tenuto conto del mantenimento in sequestro dei beni al fine di
individuare l’avente diritto. Pende infatti una controversia sulla proprietà dei beni, in
particolare una controversia ereditaria collegata all’accertata falsità del testamento di tale
Mario Conte in favore di Luciano Cadore, padre di Silvia Cadore e con la stessa imputato. Nel
giudizio di cognizione, conclusosi con l’assoluzione di Silvia Cadore, si è ritenuto che i suoi
conti correnti fossero alimentati con denaro derivante dall’eredità usurpata dal padre Luciano.
Sull’istanza dell’amministratore giudiziario deve dunque provvedere il giudice civile, al
quale l’amministratore deve rivolgersi.
Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso il difensore dell’interessata, che ha dedotto
difetto di motivazione e violazione di legge.
L’assoluzione dell’interessata ha determinato l’inefficacia del sequestro, come peraltro
evidenziato dalla Corte di cassazione. Il giudice assume in ordinanza l’esistenza di una
controversia civile sulla titolarità dei beni in sequestro che, invero, non esiste. A fronte del
pronunciamento della Corte di cassazione circa l’inefficacia del sequestro la dichiarazione di
inammissibilità dell’istanza del custode è illegittima, perché il giudice ha l’obbligo di decidere
nel merito, in assenza di una controversia innanzi al giudice civile.
Il procuratore generale, intervenuto con requisitoria scritta, ha chiesto il rigetto del
ricorso.
Considerato in diritto
Il ricorso è inammissibile per le ragioni di seguito esposte.
L’ordinanza impugnata, come evidenzia lo stesso ricorso, ha dichiarato l’inammissibilità
di un’istanza proveniente non già dall’odierna ricorrente ma dal custode giudiziario dei beni in
sequestro.
Non si comprende allora quale sia l’interesse concreto ed attuale che sostiene il ricorso,
elemento essenziale di ammissibilità dell’impugnazione.
Il ricorrente avrebbe dovuto prospettare quale situazione di vantaggio possa conseguire
dall’accoglimento del ricorso; ha, invece, argomentato unicamente circa l’asserita inefficacia
del sequestro, per affermare la pretesa alla restituzione dei beni ancora sottoposti a vincolo,
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soggettivo, dal delitto di ricettazione. Il Tribunale di Padova, a cui la Corte di cassazione ha

nonostante la sentenza irrevocabile di assoluzione. Ma l’affermazione del diritto alla
restituzione dei beni in sequestro non è compatibile, almeno in assenza di specifiche deduzioni
di ricorso, con un concorrente interesse a vedere annullato il provvedimento che ha rifiutato di
esaminare l’istanza del custode giudiziario, che, all’evidenza, agisce sulla premessa che il
vincolo di sequestro sia ribadito.
Alla dichiarazione di inammissibilità consegue la condanna del ricorrente al pagamento
delle spese processuali e della somma, equa al caso, di euro 2000,00 in favore della Cassa
delle ammende.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali
e della somma di euro duemila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 4 aprile 2018

P.Q.M.

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