Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 18503 del 10/12/2014


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. 3 Num. 18503 Anno 2015
Presidente: SQUASSONI CLAUDIA
Relatore: ACETO ALDO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Previati Luca, nato a Rovigo il 05/10/1962,

avverso la sentenza del 05/05/2014 della Corte di appello di Venezia;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Aldo Aceto;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Giulio
Romano, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;
udito per l’imputato l’avv. Stefano Fiore, che ha concluso chiedendo
l’accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Il sig. Luca Previati ricorre personalmente per l’annullamento della
sentenza del 05/05/2014 della Corte di appello di Venezia che, ribadita
l’affermazione della sua penale responsabilità per il reato continuato di omesso
versamento delle ritenute previdenziali e assistenziali operate sulle retribuzioni
corrisposte alla lavoratrice dipendente Cestari Lorella nei mesi di agosto 2006,

Data Udienza: 10/12/2014

da novembre 2006 a gennaio 2008, da maggio 2008 a ottobre 2008, novembre
2009, da febbraio 2010 a maggio 2010, di cui agli art. 81, cpv., cod. pen., 2,
comma 1-bis, d.l. 12 settembre 1983, n. 463, convertito, con modificazioni, dalla
legge 11 novembre 1983, n. 638, ha dichiarato estinto per prescrizione il reato
relativo alla retribuzione corrisposta nel mese di agosto 2006 e, ritenuto il
vincolo della continuazione, lo ha condannato per le residue mensilità alla pena
di quattro mesi di reclusione ed C 400,00 di multa.
I giudici di merito ritengono provata la responsabilità dell’imputato in base ai

effettivamente erogate alla Cestari nel lungo periodo in considerazione, alcune
tramite assegni, altre tramite bonifici bancari, alcuni dei quali, quelli relativi ai
mesi di maggio-luglio 2008, con la specifica causale dal pagamento dello
stipendio, all’assenza di crediti nei confronti dell’INPS, crediti che secondo la tesi
difensiva sarebbero stati portati in compensazione dall’imputato, alla non
persuasività della spiegazione secondo la quale i modelli DM10 erano stati
erroneamente presentati dal consulente che, nonostante un periodo lavorativo
così lungo, non era mai stato avvisato del mancato pagamento delle retribuzioni
in essi indicate.
In particolare, gli assegni e i bonifici, nella concorde valutazione dei giudici
di primo e secondo grado, rendono inattendibile la testimonianza della Cestari
che, sentita su specifica richiesta del Previati, aveva riferito di aver lavorato alle
dipendenze di questi senza aver mai percepito lo stipendio.
Anche per questa ragione la Corte di appello ha ritenuto infondata la tesi
difensiva contraddittoriamente volta a dimostrare che nel periodo in
considerazione gli stipendi erano stati elargiti in modo irregolare, a causa della
revoca del rapporto bancario con la banca Antonveneta, e che gran parte dei
pagamenti documentati erano da imputare a interessi e spese per le retribuzioni
meno recenti.
1.1.Con il primo motivo il ricorrente eccepisce, ai sensi dell’art. 606, lett. e),
cod. proc. pen., violazione e/o erronea e/o illogica applicazione dell’art. 157, cod.
pen., perché la Corte di appello ha dichiarato estinto il reato per la sola mensilità
di agosto 2006 e non anche per quella relativa alla mensilità di luglio 2006.
1.2.Con il secondo e terzo motivo eccepisce, ai sensi dell’art. 606, lett. b) e
c), cod. proc. pen., difetto di correlazione tra la specifica imputazione contestata
per le omissioni contributive relative alle mensilità di novembre 2009 e per
quelle che vanno dal mese di febbraio 2010 al mese di maggio 2010 (art. 2,
comma 1, d.l. n. 463 del 1983) e il reato oggetto di condanna (art. 2, comma 1bis, stesso decreto legge) e comunque nullità insanabile della sentenza derivante
dalla condanna per un reato per il quale il pubblico ministero non aveva
esercitato l’azione penale.
2

modelli DM10 trasmessi all’INPS, alle somme complessivamente ed

1.3. Con il quarto motivo eccepisce la violazione dell’art. 2, comma 1-bis,
d.l. 463/83, per omesso censimento delle somme costituenti oggetto materiale
delle condotte incriminate.
1.4.Con il quinto motivo eccepisce violazione del principio di ragionevole
durata del processo per non aver la Corte territoriale accolto l’istanza di rinvio in
vista della attuazione della legge 28 aprile 2014, n. 67 che ha delegato il
Governo a depenalizzare il reato di cui all’art. 2, comma 1-bis, d.l. n. 463 del
1983.

pen., mancanza o comunque illogicità della motivazione in punto di ricostruzione
della situazione reddituale ed economica del ricorrente, nonché della esatta
quantificazione delle retribuzioni effettivamente corrisposte alla dipendente nel
periodo di riferimento, non potendo assolvere a tale onere probatorio, tutto
incombente sull’accusa, i soli modelli DM10.
1.6.Con il settimo motivo eccepisce violazione dell’art.

1

del quarto

Protocollo addizionale della Convenzione E.D.U. (che vieta l’imprigionamento per
debiti) nonché omessa motivazione sul punto in conseguenza: a) della affermata
natura contrattuale del modello DM10 (in quanto atto ricognitivo di debito,
piuttosto che, come dedotto dal ricorrente, dichiarazione di scienza); b) della
omessa considerazione che l’imputato era stato ammesso al pagamento rateale
del debito contributivo.
1.7.Con l’ottavo motivo eccepisce, ai sensi dell’art. 606, lett. b) ed e), cod.
proc. pen., violazione degli artt. 546, comma 3, e 125, comma 3, cod. proc.
pen., perché la Corte territoriale ha travisato il fatto indicando la lavoratrice
dipendente con il nome “Previati”.
1.8. Con il nono motivo eccepisce, ai sensi dell’art. 606, lett. e), cod. proc.
pen., mancanza e/o contraddittorietà e/o manifesta illogicità della motivazione
per non aver considerato, ai fini della diversa qualificazione del fatto come
ritardato, piuttosto che omesso pagamento, la testimonianza del funzionario
INPS che, all’udienza dell’il_ giugno 2013, aveva riferito che a quella data
l’imputato aveva onorato tutte le ritenute previdenziali, al netto di quanto ancora
dovuto a titolo di sanzioni.
1.9. Con l’ultimo motivo eccepisce, ai sensi dell’art. 606, lett. b), cod. proc.
pen., violazione del principio di presunzione di innocenza di cui all’art. 6, comma
2, Convenzione E.D.U., per non aver la Corte territoriale adeguatamente valutato
la testimonianza della dipendente Cestari sol perché indiziata del reato di falsa
testimonianza.

3

1.5.Con il sesto motivo eccepisce, ai sensi dell’art. 606, lett. e), cod. proc.

CONSIDERATO IN DIRITTO

2. Il ricorso è inammissibile.

3.11 primo motivo di ricorso è manifestamente infondato.
3.1. Risulta “per tabulas” che all’imputato non è mai stato contestato
l’omesso versamento delle ritenute operate sulle retribuzioni corrisposte nel
mese di luglio 2006, indicate, nel prospetto delle inadempienze che forma parte

notifica della diffida ad adempiere.

4.Sono palesemente infondati anche il secondo ed il terzo motivo.
4.1.11 Previati eccepisce di essere stato condannato per un fatto diverso da
quello contestato perché la rubrica relativa agli omessi versamenti delle
contribuzioni trattenute sulle retribuzioni corrisposte nei mesi di novembre 2009
e da febbraio a maggio 2010, richiama l’art. 2, comma 1, d.l. n. 463 del 1983,
piuttosto che l’art. 2, comma 1-bis, stesso decreto legge.
4.2.0sserva al riguardo il Collegio che: a) l’art. 2, comma 1, d.l. n. 463 cit.,
prescrive, in termini positivi, l’obbligo, penalmente sanzionato dal successivo
comma 1-bis, del versamento delle ritenute previdenziali e assistenziali,
circoscrivendo l’ambito della condotta che costituisce oggetto della prestazione
contributiva (il “quantum” ed il “quomodo”); b) il divieto di compensazione con
le somme già anticipate dal datore di lavoro alle gestioni previdenziali e
assistenziali non è penalmente sanzionato, ma concorre, negli ulteriori limiti
indicati dall’ultima parte del comma 1, a definire l’oggetto materiale della
prestazione che, solo in caso di saldo attivo a favore del datore di lavoro, non è
dovuta; c) il successivo comma 1-bis, descrive, in termini negativi, l’omissione
penalmente rilevante e l’oggetto della condotta come definito nel precedente
comma 1.
4.3.L’art. 2, comma 1, d.l. n. 463, cit., dunque, non individua alcun reato
autonomo e diverso da quello previsto dal successivo comma 1-bis, ma concorre
a delineare la condotta e dunque la fattispecie penalmente rilevante.
4.4.Peraltro, ed il rilievo è assorbente, la rubrica non contesta all’imputato di
aver proceduto a compensazioni indebite, ma descrive con estrema chiarezza il
fatto dal quale l’imputato è stato chiamato a difendersi e per il quale è stato
condannato: la condotta omissiva sanzionata dal comma 1-bis (omesso
versamento delle ritenute contributive).
4.5. Peraltro, come già autorevolmente affermato da questa Corte, ai fini
della contestazione dell’accusa, ciò che rileva è la compiuta descrizione del fatto,

4

integrante del capo di imputazione, come tempestivamente corrisposte dopo la

non l’indicazione degli articoli di legge che si assumono violati (Sez. U, n. 18 del
21/06/2000, Franzo, Rv. 216430).
4.6.Ne consegue che: a) l’imputato non è stato condannato per un fatto
diverso da quello contestato; b) l’azione oggetto di regiudicanda è stata descritta
in termini fattuali chiari, precisi ed inequivocabili.

5.11 quarto motivo è inammissibile perché si fonda su un evidente errore di
diritto.

artt. 25, Cost., e 2, comma 1, cod. pen., e censura, a tal fine, «l’omesso
censimento delle somme oggetto della specifica imputazione di mancato
versamento».
5.2.Deduce, in particolare, che la somma non versata deve materialmente
sussistere in ciascun periodo contributivo e che della sua fisica individuazione
deve farsi carico l’accusa (e quindi il giudice penale), pena la genericità del fatto
contestato.
5.3.La tesi difensiva è palesemente erronea perché presuppone che il reato
di omesso versamento contributivo possa sussistere solo in costanza di effettiva
e materiale esistenza della provvista necessaria a farvi fronte.
5.4.In realtà, come già precisato da questa Suprema Corte, per la
configurabilità del reato in questione è necessario (e sufficiente) il materiale
esborso delle somme dovute al dipendente a titolo di retribuzione (Sez. U, n.
27641 del 28/05/2003, Silvestri, Rv. 224609), non anche della fisica esistenza
delle corrispondenti somme trattenute e non versate.
5.5.La quota contributiva di spettanza del lavoratore, infatti, poiché a questi
non corrisposta (perché, appunto, “ritenuta”), resta nella materiale disponibilità
del datore di lavoro dal cui patrimonio non esce e con il quale si confonde; tale
quota costituisce solo l’unità di misura dell’obbligo contributivo che deve essere
adempiuto entro il giorno 16 del mese successivo.
5.6.Altrimenti ragionando il datore di lavoro non dovrebbe rispondere di
alcun reato, nemmeno del diverso reato di appropriazione indebita di cui all’art.
646, cod. pen., escluso da questa Suprema Corte in situazioni non dissimili e
invece posto dal ricorrente a base del proprio ragionamento (Sez. U, n. 1327 del
27/10/2004, Li Cazi, Rv. 229634, in tema di mancato versamento alla Cassa
edile delle somme “trattenute” dal datore di lavoro sulla retribuzione del
dipendente per ferie, gratifiche natalizie e festività; Sez. U, n. 37954 del
25/05/2011, Orlando, Rv. 250974, in tema di cessione di quota della retribuzione
da parte del lavoratore, non versata dal datore di lavoro al cessionario).
5.7. Come già spiegato da questa Corte, «la somma “trattenuta” o
“ritenuta” rimane sempre nella esclusiva disponibilità del “possessore”, non

5

5.1.11 ricorrente eccepisce la violazione del principio di tassatività di cui agli

soltanto perché non è mai materialmente versata al lavoratore, ma soprattutto in
quanto mai potrebbe esserlo, avendo il dipendente soltanto il diritto di percepire
la retribuzione al netto delle trattenute effettuate alla fonte dal datore di lavoro.
Le “trattenute”, quindi, si risolvono a ben vedere in una operazione meramente
contabile diretta a determinare l’importo della somma che il datore di lavoro è
obbligato a versare, in base ad una norma di legge o avente forza di legge, alla
scadenza pattuita in conseguenza della corresponsione della retribuzione»
(Sez. U, n. 1327 del 2004, cit.).

prestazione previdenziale-assistenziale è di norma sempre dovuta – cfr. art.
2116, cod. civ.), ma il datore di lavoro, che è responsabile del versamento del
contributo anche per la parte a carico del prestatore, «salvo il diritto di
rivalsa» (artt. 2115, comma 2, cod. civ. e 19, legge 4 aprile 1952, n. 218).
5.9.Attraverso la “trattenuta” il datore di lavoro aziona e rende concreto il
suo diritto di rivalsa mediante l’ideale costituzione della provvista finanziaria
necessaria a far fronte – pro-quota lavoratore dipendente – alla sua obbligazione
nei confronti dell’INPS, stabilita, in percentuale, sull’ammontare della
retribuzione lorda del lavoratore, e determinata in base alle vigenti disposizioni
ai fini del calcolo dei contributi dovuti per gli assegni familiari (artt. 17, comma
1, e 19, comma 2, legge 218 del 1952, cit.).
5.10.Ma ciò non toglie che unico obbligato nei confronti degli enti
previdenziali-assistenziali sia il datore di lavoro che risponde con il suo
patrimonio, anche per la quota parte del lavoratore.
5.11.Nel caso di specie, le somme concretamente dovute a titolo
contributivo, “trattenute” (nei termini sopra indicati) e non versate, sono
chiaramente indicate nella rubrica in corrispondenza di ogni mensilità; tali
somme, diversamente da quanto sostenuto dal ricorrente e per quanto già
spiegato, non costituiscono oggetto materiale di altrettante condotte
appropriative. Sicché alcun onere incombeva al PM ed al Giudice di individuarne
la materiale sussistenza al momento della scadenza dell’obbligo.

6.E’ manifestamente infondato anche il quinto motivo di ricorso a supporto
del quale il Previati deduce la depenalizzazione del reato ad opera della legge 28
aprile 2014, n. 67 e cita giurisprudenza di questa Corte in tema di “abrogatio

criminis”.
6.1.Con legge n. 167 del 2014, il Governo è stato delegato, tra l’altro, a
«trasformare in illecito amministrativo il reato di cui all’articolo 2, comma 1bis, del decreto-legge 12 settembre 1983, n. 463 , convertito, con modificazioni,
dalla legge 11 novembre 1983, n. 638 , purché l’omesso versamento non ecceda
il limite complessivo di 10.000 euro annui e preservando comunque il principio
6

5.8.11 titolare del rapporto contributivo, infatti, non è il lavoratore (cui la

per cui il datore di lavoro non risponde a titolo di illecito amministrativo, se
provvede al versamento entro il termine di tre mesi dalla contestazione o dalla
notifica del l’avvenuto accertamento della violazione».
6.2.La delega conferita al Governo deve essere esercitata nel termine di
diciotto mesi dalla data di entrata in vigore della legge stessa (art. 2, comma 4,
legge 67 del 2014).
6.3.E’ evidente, quindi, che per scelta stessa del legislatore e fino alla
scadenza del termine, la legge delega non ha alcuna efficacia abrogativa diretta

nell’intervallo che va dall’entrata in vigore della legge delega alla trasformazione
in altrettanti illeciti amministrativi dei reati che essa individua in modo diretto, si
creerebbe un vuoto di tutela che renderebbe lecite condotte che il legislatore
espressamente ritiene comunque punibili, ancorché con la sola sanzione
amministrativa (in senso conforme, cfr. Sez. F, n. 38080 del 31/07/2014).

7.11 sesto, il settimo motivo ed il nono motivo, comuni per l’oggetto, sono
anch’essi palesemente infondati.
7.1.Va innanzitutto escluso decisamente, anche alla luce delle considerazioni
già svolte nel paragrafo 5 che precede, che il reato di cui all’art. 2, comma 1-bis,
legge n. 638 del 1983, sanzioni l’incapacità del datore di lavoro di adempiere a
un’obbligazione contrattuale.
7.2.L’obblígo contributivo non ha un fondamento contrattuale perché è
imposto dalla legge. Il rapporto di lavoro costituisce la fonte legale dell’obbligo,
non ne è la causa. Il pagamento dei contributi non soddisfa interessi regolati da
un sinallagma contrattuale, ma adempie alla funzione di garantire le provvidenze
economiche necessarie a rendere effettiva la tutela dei diritti previdenziali e
assistenziali predicati dall’art. 38, Cost..
7.3.La natura pubblica ed indisponibile dai privati degli interessi perseguiti si
traduce nella potestà attribuita agli enti creditori di accertare, mediante
penetranti poteri ispettivi, di accesso, controllo ed inchiesta, esercitabili anche
senza il consenso del debitore, la sussistenza del credito (nell’an e nel quantum),
nella loro possibilità di agire in via diretta ed immediata per la sua riscossione
(mediante l’iscrizione a ruolo della relativa somma e l’emissione della relativa
cartella di pagamento).
7.4.Non ha perciò fondamento alcuno l’eccezione difensiva secondo cui la
sanzione penale si porrebbe in conflitto con il divieto di imprigionamento per
debiti previsto dall’art. 1, del Protocollo n. 4, della Convenzione E.D.U., norma
quest’ultima, volta a impedire esclusivamente che l’incapacità del debitore di far
fronte all’obbligazione contrattualmente assunta possa di per sé costituire motivo

7

dei reati in essa espressamente indicati, posto che ragionando diversamente,

di privazione della libertà (Corte E.D.U., Gatt c/Malta, 27/10/2010, §43; Giiktan
c/Francia, 02/07/2001, §51).
7.5.Tanto premesso, ricorda il Collegio che secondo il consolidato
insegnamento di questa Suprema Corte: a) il reato di omesso versamento delle
ritenute previdenziali ed assistenziali operate dal datore di lavoro sulle
retribuzioni dei lavoratori dipendenti non è configurabile in assenza del materiale
esborso delle relative somme dovute al dipendente a titolo di retribuzione (Sez.
U, n. 27641 del 28/05/2003, Silvestri, Rv. 224609); b) la relativa prova può

retribuzioni corrisposte ai dipendenti e gli obblighi contributivi verso l’istituto
previdenziale (cosiddetti modelli DM 10) i quali hanno natura ricognitiva della
situazione debitoria del datore di lavoro, sicché la loro presentazione equivale
all’attestazione di aver corrisposto le retribuzioni in relazione alle quali è stato
omesso il versamento dei contributi (Sez. 3, n. 37145 del 10/04/2013, Deiana,
Rv. 256957); c) i modelli DM10, infatti, costituiscono, anche secondo la costante
giurisprudenza delle sezioni civili di questa Suprema Corte, confessione
stragiudiziale della pretesa dell’INPS (Sez. L., n. 6795 del 20/01/1998; Sez. L.,
n. 1466 del 22/11/2011 – dep. il 02/02/2012); d) in sede penale, è onere
dell’imputato dimostrare eventuali difformità rispetto alla situazione in essi
rappresentata (Sez. 3, n. 32848 del 08/07/2005, Smedile, Rv. 232393; Sez. 3,
n. 7772 del 05/12/2013, Di Gianvito, Rv. 258851).
7.6.Nel caso di specie, come già esposto in premessa, l’imputato ha inteso
dimostrare di non aver corrisposto alla Cestari le retribuzioni attestate nei
modelli DM10, mediante la testimonianza della lavoratrice che aveva riferito di
non esser mai stata retribuita per il proprio lavoro.
7.7.1 giudici di merito hanno ritenuto inattendibile la testimonianza della
donna perché palesemente contraddetta dalla documentazione bancaria che
attestava il contrario.
7.8.11 giudizio di inattendibilità estrinseca della donna si salda con quello di
inattendibilità intrinseca derivante dalla considerazione logica, a sua volta
fondata su massime di esperienza, che è poco credibile che una lavoratrice possa
disimpegnare le proprie prestazioni gratuitamente per un periodo di tempo così
lungo.
7.9. Tali considerazioni, nell’ottica valutativa dei giudici di merito, rendono
infondata la già poco credibile tesi della presentazione dei DM10 a causa di un
disguido, dovendosi privilegiare la tesi, logicamente più coerente, della
corrispondenza dei dati in essi indicati alla realtà.
7.10.In questo contesto, l’ammissione al pagamento rateale dell’intero
debito contributivo dimostra, ancor più, la fondatezza della pretesa dell’INPS e
dunque la validità delle argomentazioni che sorreggono la condanna.
8

essere validamente tratta dalla presentazione degli appositi modelli attestanti le

7.11.Va aggiunto che il pagamento integrale del debito successivamente al
trimestre decorrente dalla diffida dell’INPS, al di fuori di specifici casi di condoni
previdenziali-contributivi, nella specie non ricorrenti, non spiega alcun effetto né
sul reato (ormai perfezionato con l’omesso versamento nel termine di legge), né
sulla sua punibilità.
7.12.Costituisce, infatti, pacifico insegnamento di questa Corte che, una
volta eseguite regolarmente la notifica al debitore del verbale di contestazione e
la diffida ad adempiere nel termine di tre mesi, soltanto l’intero e tempestivo

reato, essendo altresì irrilevante il motivo dell’omesso pagamento (Sez. 3, n.
38502 del 25/09/2007, Musci, Rv. 237951).

8.Ferma restando l’assoluta irrilevanza dell’errata attribuzione alla Cestari
del nome dell’imputato (cfr. pag. 8 della sentenza impugnata), che non si
traduce nel vizio di travisamento della prova denunciato con l’ottavo motivo di
ricorso, alla luce delle considerazioni che precedono (sub paragrafi 7.6 – 7.8)
deve essere affermata anche la totale infondatezza dell’ultimo motivo di ricorso.

9.Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, ex art. 616 cod.
proc. pen., non potendosi escludere che essa sia ascrivibile a colpa del ricorrente
(C. Cost. sent. 7-13 giugno 2000, n. 186), l’onere delle spese del procedimento
nonché del versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, che
si fissa equitativamente, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di € 1000,00.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di € 1.000,00 in favore della Cassa delle
Ammende.
Così deciso il 10/12/2014

pagamento del debito contributivo consente di ottenere l’effetto estintivo del

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA