Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 18499 del 08/02/2018


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 18499 Anno 2018
Presidente: DI TOMASSI MARIASTEFANIA
Relatore: SIANI VINCENZO

SENTENZA
sul conflitto di competenza sollevato da:
TRIBUNALE SORVEGLIANZA LECCE nei confronti di:
TRIBUNALE LECCE

con l’ordinanza del 27/06/2017 del TRIB. SORVEGLIANZA di LECCE
sentita la relazione svolta dal Consigliere VINCENZO SIANI;
lette/sentite le conclusioni del PG ROBERTO ANIELLO
Il P.G. conclude chiedendo che si dichiari la competenza
dell’esecuzione del tribunale di LECCE.

al giudice

Data Udienza: 08/02/2018

RITENUTO IN FATTO

1.

Il Tribunale ordinario di Lecce – con riferimento all’istanza proposta

nell’interesse di Annunziata Ippolito, diretta ad ottenere la sospensione della
(esecuzione inerente alla) cartella di pagamento emessa da Equitalia per il
recupero della somma di euro 12.125,88, relativa alla pena pecuniaria irrogata
alla Ippolito con sentenza n. 94 del 2011 emessa il 3 marzo 2011 dal Tribunale
di Lecce, Sezione distaccata di Maglie, confermata dalla Corte di appello di Lecce,

dichiarato la propria incompetenza, quale giudice dell’esecuzione, a decidere, per
essere competente il Tribunale di sorveglianza di Lecce a cui ha disposto
trasmettersi gli atti.
A ragione di tale declaratoria il Tribunale di Lecce ha osservato che la
condanna irrogata nei riguardi della Ippolito con la succitata sentenza aveva
avuto ad oggetto la pena di mesi uno di arresto ed euro 12.000,00 di ammenda,
sospesa subordinatamente alla demolizione del manufatto, mentre, poi, con
successiva ordinanza, il beneficio della sospensione condizionale le era stato
revocato per inadempimento degli obblighi disposti in sentenza, sicché il
Procuratore della Repubblica, con decreto del 4 luglio 2015, aveva sospeso
l’ordine di esecuzione per la carcerazione contestualmente emesso, ai sensi
dell’art. 656, comma 5, cod. proc. pen.
Di conseguenza, la Ippolito aveva depositato in data 7 settembre 2015
istanza di affidamento in prova al servizio sociale, la cui udienza non era stata
ancora fissata. Ella aveva allora evidenziato che in vista del chiesto affidamento
in prova occorreva considerare che l’esito positivo della prova avrebbe
comportato, ex art. 47 Ord. pen., l’estinzione della !Sena detentiva e di ogni altro
effetto penale, però con la concorrente possibilità per il Tribunale di sorveglianza
di dichiarare estinta anche la pena pecuniaria.
Così configurata la situazione concreta, il Tribunale ordinario ha considerato
che – assodata la competenza del giudice dell’esecuzione per ogni questione
afferente al titolo esecutivo, a seguito dell’emissione da parte del pubblico
ministero dell’ordine di esecuzione, con decreto di contestuale sospensione – nel
caso concreto si era passati alla concreta esecuzione del

dictum giudiziale,

definitivamente cristallizzato: da quel momento in poi sull’ordine di esecuzione
potevano incidere i provvedimenti del magistrato di sorveglianza o del tribunale
di sorveglianza, competenti per tutti i provvedimenti indicati dall’art. 70 Ord.
pen., ivi inclusi quelli di cui all’art. 147 cod. pen., con la precisazione che, nel
caso di specie, competeva al tribunale di sorveglianza decidere in ordine al
chiesto affidamento in prova che, al relativo esito positivo, comportava, ex art.

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con sentenza dell’Il gennaio 2013, irrevocabile in data 9 marzo 2013 – ha

47 Ord. pen., anche la potestà di dichiarare, se del caso, estinta la pena
pecuniaria che non fosse stata già riscossa, in relazione alle disagiate condizioni
economiche dell’interessato, dovendo, nella medesima prospettiva, ricordarsi
anche la disposizione di cui all’art. 90 d.P.R. n. 309 del 1990, che, in riferimento
al condannato che doveva espiare una pena detentiva inflitta per reati commessi
in relazione al proprio stato di tossicodipendenza, radicava la competenza del
tribunale di sorveglianza per l’emissione del provvedimento interinale di

2. Il Tribunale di sorveglianza di Lecce, ricevuti gli atti, con ordinanza del 27
– 28 luglio 2017, si è, a sua volta, dichiarato incompetente a decidere sull’istanza
della Ippolito ed ha sollevato conflitto negativo di competenza disponendo
trasmettersi gli atti alla Corte di cassazione per la sua soluzione.
Il Tribunale specializzato ha ritenuto che non fosse da condividere
l’impostazione data alla questione dal Tribunale di Lecce, in quanto la
competenza della magistratura di sorveglianza atteneva alle modalità di
esecuzione delle pene relative a titolo esecutivo valido ed efficace, sulle cui
vicende – quali la stessa provvisoria sospensione della parte relativa alla pena
pecuniaria richiesta nel caso di specie – non aveva alcun potere decisorio.
Questo potere spettava, secondo il Tribunale proponente, al giudice
dell’esecuzione da individuarsi ai sensi degli artt. 665 e ss. cod. proc. pen..
Ad avviso di questo Tribunale, dunque, non erano conferenti i richiami alle
norme succitate: quanto all’art. 47 Ord. pen., esso riguardava la possibilità di
dichiarare estinta la pena pecuniaria per lo specifico caso in cui, quando la prova
avesse avuto esito positivo e non fosse stata ancora eseguita la pena pecuniaria
stessa, l’interessato si trovasse in particolari condizioni di disagio economico,
sicché l’esercizio di tale potere richiedeva quali presupposti la positiva
conclusione dell’affidamento e la mancata riscossione fino a quel momento della
pena stessa, soltanto allora potendo farsi luogo al giudizio di merito del tribunale
di sorveglianza; circa l’art. 90 d.P.R. n. 309 del 1990, esso regolava un istituto
del tutto peculiare, relativo alla sospensione per cinque anni dell’esecuzione della
pena, sia detentiva che pecuniaria, irrogata a soggetto tossicodipendente che, al
momento dell’esecutività delle stesse, avesse concluso un programma
terapeutico, istituto che stabiliva l’intervento della magistratura di sorveglianza
per l’effettuazione della corrispondente valutazione di natura specifica.

3.

Il Procuratore generale ha concluso nel senso dell’ammissibilità del

conflitto di competenza ed ha chiesto dichiararsi la competenza del Tribunale
ordinario di Lecce, in funzione di giudice dell’esecuzione.

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sospensione dell’esecuzione anche della pena pecuniaria.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Innanzi tutto, deve essere dichiarata l’ammissibilità del conflitto, poiché
l’indubbia esistenza di una situazione di stasi processuale – derivata dal rifiuto,
formalmente manifestato dai due giudici sopra indicati, di conoscere del
medesimo procedimento – appare insuperabile senza l’intervento risolutore del

2. In ordine al contrasto interpretativo alla base del conflitto, la soluzione di
esso non può non radicarsi con rigorosa aderenza al caso di specie, apparendo
inadeguata ogni prospettiva che intendesse muovere da un riparto di
competenza fra giudice dell’esecuzione e magistratura di sorveglianza operato in
modo astratto, attraverso il generale, ma inevitabilmente anche generico,
richiamo alla fase in cui il procedimento esecutivo si trova.
Va, invero, considerato che – pur dopo l’emissione del titolo esecutivo e
l’indiscussa operatività di esso – l’ordinaria competenza del giudice
dell’esecuzione a conoscere le questioni riferite al titolo va coordinata con
specifiche norme dell’ordinamento processuale e penitenziario che definiscono
altrettante sfere di competenza in executivis della magistratura di sorveglianza.
In tal senso si rileva quella in tema di conversione e rateizzazione della pena
pecuniaria in pena detentiva: ex art. 660, comma 2, cod. proc. pen., reviviscente
in forza di della pronuncia del Giudice delle leggi (Corte cost., sent., n. 212 del
2003) che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 299 d.P.R. n. 113 del
2002, nella parte in cui abroga l’art. 660 cod. proc. pen., dal momento che, più
in generale, nell’intera materia delle spese di giustizia, deve ritenersi estranea
all’oggetto della delega la disciplina della competenza del procedimento
giurisdizionale di conversione delle pene pecuniarie che è stata sottratta dal
legislatore delegato al magistrato di sorveglianza ed attribuita al giudice
dell’esecuzione.
Inoltre, si annovera quella che, in modo specifico – quanto alla fattispecie di
cui all’art. 90 d.P.R. n. 309 del 1990 – attribuisce al tribunale di sorveglianza il
potere di sospendere l’esecuzione per cinque anni nei confronti di persona che
debba espiare una pena detentiva (nei limiti quantitativi pure indicati dalla
norma) per reati commessi in relazione al proprio stato di tossicodipendenza,
previo accertamento che il soggetto sulla base della relazione finale di cui all’art.
123 d.P.R. cit. risulti essersi sottoposto con esito positivo ad un programma
terapeutico e socio-riabilitativo eseguito presso una struttura sanitaria pubblica o
privata autorizzata, ipotesi nella quale il tribunale, ove la persona si trovi in

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conflitto da emettersi ai sensi dell’art. 32 cod. proc. pen.

disagiate condizioni economiche, può sospendere anche l’esecuzione della pena
pecuniaria che non sia stata già riscossa. Il tutto, ai fini del perfezionamento
della fattispecie estintiva regolata dall’art. 93 d.P.R. n. 309 del 1990 (Sez. 1, n.
14650 del 01/03/2011, Bettuolo, Rv. 250260 ha precisato che la previsione di
cui all’art. 93 d.P.R. cit., sostituito dall’art.

4-decies d.l. n. 272 del 2005,

convertito dalla legge n. 49 del 2006, circa la sospendibilità e successiva
estinzione anche delle pene pecuniarie, ha natura sostanziale e dunque trova
applicazione retroattiva nelle parti favorevoli al condannato, sicché l’estinzione

della novella legislativa, aveva riferimento esclusivo alla pena detentiva).
Infine, l’art. 47, dodicesimo comma, legge n. 354 del 1975 stabilisce che
l’esito positivo del periodo di prova estingue la pena detentiva ed ogni altro
effetto penale, con la specificazione che il tribunale di sorveglianza, qualora
l’interessato si trovi in disagiate condizioni economiche, può dichiarare estinta
anche la pena pecuniaria che non sia stata già riscossa.
Al di là delle generalizzanti soluzioni prospettate dai giudici del conflitto, si
rileva che – ferma restando, anche alla luce degli artt. 208 e ss. d.P.R. n. 115
del 2002, la competenza del giudice dell’esecuzione relativamente alla
sussistenza o meno del titolo esecutivo, anche con riferimento alla
corrispondente fase dell’estinzione della pena pecuniaria (v. Sez. 1, n. 18702 del
17/01/2017, Morabito, Rv. 270115, per l’affermazione che, in tema di
esecuzione, la decisione in merito all’estinzione della pena pecuniaria è
demandata alla competenza esclusiva del giudice dell’esecuzione penale, oltre
che Sez. U, n. 491 del 29/09/2011, dep. 2012, Pislor, Rv. 251265, per la
definizione del rapporto fra attribuzioni, nella stessa materia, del giudice
dell’esecuzione penale ed attribuzioni del giudice civile) – non vanno obliterate le
specifiche sfere di competenza della magistratura di sorveglianza, fra cui quelle
enumerate.

3. Il caso in esame attiene ad istanza di sospensione dell’esecuzione della
pena pecuniaria proposta dopo che è iniziato, con la proposizione da parte della
Ippolito della corrispondente istanza ex art. 47, quarto comma, legge n. 354 del
1975, il procedimento per l’ammissione della condannato all’affidamento in prova
al servizio sociale.
Tale pendenza è, per il Collegio, determinante al fine di identificare la
competenza a provvedere sull’istanza di sospensione dell’esecuzione in capo al
Tribunale di sorveglianza. Il suddetto innesco procedimentale, invero, fa esulare
della competenza del giudice dell’esecuzione la questione delle modalità di
esecuzione della pena pecuniaria, in quanto il relativo procedimento contempla

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della pena pecuniaria segue al provvedimento di sospensione che, emesso prima

come suo possibile sbocco l’estinzione della pena pecuniaria, nel concorso delle
succitate condizioni.
Se, infatti, la competenza per l’emissione del provvedimento di merito
conclusivo del procedimento – a cui l’istante intende coordinare il chiesto
provvedimento cautelare volto ad assicurare provvisoriamente gli effetti della
determinazione finale – appartiene al tribunale di sorveglianza, anche il potere di
delibare la corrispondente domanda cautelare non può non radicarsi, in carenza
di diverse indicazioni normative, in capo al medesimo giudice, essendo

relativa al merito (inteso in senso lato) della pretesa fatta valere in fase
esecutiva e la competenza cautelare; coincidenza che rinviene, per altro ambito,
in sede cognitiva il chiaro riferimento nel disposto dell’art. 279 cod. proc. pen.
(senza che, in genere, l’esercizio del potere cautelare in corso di procedimento
determini una situazione di incompatibilità rilevabile come motivo di ricusazione,
poiché il giudice è titolare della competenza accessoria cautelare che si radica in
ragione di quella principale del giudizio sul merito: Sez. 6, n. 11 del 29/12/2015,
dep. 2016, Gammuto, Rv. 265466).
Una volta iniziato il procedimento di cui all’art. 47 cit. con la proposizione
della relativa istanza e fino alla sua conclusione, si verte in un ambito nel quale
le risposte, anche di natura preliminare e pertanto pure attinenti alla sola
ammissibilità delle richieste alla stregua della loro corretta interpretazione in
funzione degli interventi consentiti, spettano non già al giudice dell’esecuzione,
ma al tribunale di sorveglianza, avuto riguardo alla competenza riservata a tale
giudice dall’ordinamento in tema di ammissione all’affidamento in prova al
servizio sociale e, poi, in tema di verifica degli esiti, quali che siano, del
trattamento eseguito (nella stessa prospettiva, sia pure per diverso ambito, Sez.
1, n. 6602 del 14/12/1995, dep. 1996, Confl. comp. in proc. Timpano, Rv.
204355, ha affermato che, quando l’ordine di esecuzione della pena divenuta
definitiva sia stato sospeso dal P.m. in pendenza di un’istanza di detenzione
domiciliare ed il condannato permanga nel precedente stato di arresti domiciliari,
competente a decidere su una istanza di ricovero in ospedale è il tribunale di
sorveglianza avanti al quale pende l’istanza di detenzione domiciliare).
Pertanto, la pendenza del procedimento iniziato con la proposizione
dell’istanza per la concessione della misura alternativa determina la competenza
lato sensu cautelare dello stesso giudice.
Il Tribunale di sorveglianza, titolare della relativa competenza, identifica il
giudice a cui è attribuita la conoscenza dei parametri di apprezzamento richiesti
anche dall’invocata tutela dei futuri risultati decisionali e si trova nelle condizioni
idonee per valutare se ed in qual misura sia formulabile la prognosi di

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espressione di un principio generale quello della coincidenza fra la competenza

ammissione della parte istante alla misura alternativa e, in caso affermativo, se
e quando potranno conseguirsi gli esiti estintivi di cui si discute, così da poter
considerare, in via preliminare, secondo quali tempi i prevedibili interventi al
riguardo potranno risultare compatibili, in concreto, con la tempestiva
salvaguardia di quelle stesse esigenze cautelari prefigurate dalla parte stessa.
Ciò, con la necessaria precisazione che l’attribuzione della competenza lascia
impregiudicato l’apprezzamento giudiziale in ordine alla giuridica configurabilità e
alla concreta evenienza delle condizioni legittimanti l’istanza di sospensione

ragionevole prognosi di futura estinzione della pena pecuniaria fin dalla fase
antecedente all’ammissione all’affidamento in prova, oltre che alla verifica del
presupposto delle disagiate condizioni economiche della parte esecutata,
apparendo oggettivamente tanto più complessa la prevedibilità degli effetti
estintivi da salvaguardare quanto meno prossimo e tangibile sia l’esito finale del
percorso normativamente contemplato per il compimento della misura
alternativa, con il favorevole epilogo del percorso trattamentale.
Resta del pari impregiudicata, nel concorso delle debite condizioni,
l’evenienza della rateizzazione della pena pecuniaria secondo le modalità e le
decisioni del magistrato di sorveglianza previste dall’art. 660, cod. proc. pen.

4. La conclusione a cui la Corte ritiene di dover pervenire è, pertanto, nel
senso che va affermata la competenza del Tribunale di sorveglianza di Lecce a
decidere sull’istanza di sospensione dell’esecuzione della pena pecuniaria
proposta dalla Ippolito, con la trasmissione degli atti a quell’Ufficio.

P.Q.M.

Dichiara la competenza del Tribunale di sorveglianza di Lecce al quale
dispone trasmettersi gli atti.
Così deciso in data 8 febbraio 2018

dell’esecuzione della pena pecuniaria, in relazione alla formulazione di una

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