Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 18494 del 25/02/2015


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 18494 Anno 2015
Presidente: MILO NICOLA
Relatore: MOGINI STEFANO

SENTENZA
sul ricorso proposto da
RAPPOCCIO ANTONIO
avverso l’ordinanza delta-Tribunale del Riesame di Reggio Calabria in data 5 aprile 2014
visti gli atti, l’ordinanza e il ricorso
udita la relazione del consigliere Stefano Mogini
udito il sostituto procuratore generale Giuseppina Fodaroni, che ha chiesto l’annullamento
con rinvio dell’ordinanza impugnata
udito l’avv. Giacomo lana, che ha insistito per l’accoglimento del ricorso.

Ritenuto in fatto
1. Antonio Rappoccio ricorre per mezzo del suo difensore avverso l’ordinanza in epigrafe,
con la quale, in parziale accoglimento del ricorso da lui proposto ai sensi dell’art. 309 c.p.p., il
Tribunale del Riesame di Reggio Calabria ha confermato, limitatamente all’importo di Euro
23.049,43 e con riferimento ai delitti di truffa aggravata contestati ai capi c), d, e) della
rubrica, il decreto di sequestro preventivo emesso il 27.1.2014 dal g.i.p. del Tribunale di
Reggio Calabria, per l’effetto mantenendo la misura cautelare reale ex art. 640 quater c.p. su
uno solo dei beni immobili sequestrati e ordinando il dissequestro dell’altro.

Data Udienza: 25/02/2015

Considerato in diritto

1. Il ricorrente censura l’ordinanza impugnata deducendo con unico motivo di ricorso
violazione di legge in riferimento agli artt. 314 e 640 c.p. e conseguenti vizi di motivazione. Il
Tribunale avrebbe erroneamente ritenuto le condotte a lui contestate sussumibili in entrambe
le fattispecie incriminatrici del peculato e della truffa aggravata ex art. 640 comma 2 n. 1 c.p.,
allorché secondo la stessa ipotesi accusatoria il ricorrente si sarebbe appropriato, nella sua

Insieme per la Calabria, per fini privati e comunque non istituzionali, di somme di denaro
facenti parte del fondo messo a disposizione annualmente dall’Ufficio di Presidenza del
Consiglio Regionale per le attività istituzionali del medesimo Gruppo Consiliare, con il concorso
del Presidente del Gruppo, che di quel fondo aveva la disponibilità e che avrebbe omesso i
doverosi controlli circa la destinazione del denaro pubblico erogato al ricorrente (capo b). Il
conseguimento del denaro da parte del ricorrente sarebbe dunque avvenuto a seguito di
semplice richiesta del Rappoccio, mentre le condotte fraudolente contestate ai capi c), d), e)
della rubrica (consegna di fatture e ricevute false, nonché di titoli di spesa duplicati per i quali
era già stato chiesto ad altro titolo il rimborso) sarebbero secondo la stessa ipotesi accusatoria
strumentali non già al conseguimento del possesso del denaro, bensì unicamente ad eludere i
successivi controlli del Presidente del Gruppo Consiliare di appartenenza. Ove correttamente
considerate, queste circostanze avrebbero dovuto indurre il Tribunale a ritenere l’assenza del
fumus commissi delicti per i reati di truffa, sicché in ragione del fatto che le condotte di
peculato sono precedenti all’entrata in vigore della L. 190/2012 non sarebbe stato possibile
disporre, ai sensi dell’art. 322 ter al tempo vigente, il sequestro preventivo per equivalente del
profitto del reato di cui all’art. 314 c.p..

2. Il ricorso è fondato, nei termini di seguito precisati.
Sussiste infatti il peculato, e non la truffa, quando il pubblico ufficiale ha già il possesso del
bene oggetto di appropriazione e la condotta fraudolenta non è finalizzata a conseguire il
possesso del bene, ma ad occultare l’illecito (ex multis, Sez. 6, 26.6.2014, Carugno; Sez. 6,
18.9.2013, Anselmino; Sez. 6, 4.6.2013, Treglia; Sez. 6, 22.5.2013, Butti e altri). Di converso,
si ha truffa quando l’impossessamento del denaro costituisce conseguenza logica e temporale
degli artifizi e raggiri posti in essere dal funzionario privo della possibilità di acquisire
direttamente l’importo, non avendone l’autonoma disponibilità (Sez. 6, 6.2.2014, Campanile;
Sez. 6, 11.7.203, Dragonetti).
E’ altresì utile ricordare che al fine della configurabilità del delitto di peculato la nozione di
possesso di denaro deve intendersi come comprensiva non solo della disponibilità materiale dei
fondi, ma anche della loro disponibilità giuridica. In quest’ultimo caso l’agente deve essere in
grado, mediante atto dispositivo di sua competenza o connesso a prassi e a consuetudini

qualità di componente del Consiglio Regionale della Calabria e, all’interno di questo, del Gruppo

invalse nell’ufficio, di inserirsi nel maneggio del denaro e di conseguire quanto oggetto di
appropriazione (Sez. 6, 18.10.2012, Bartolotta e altri). Talché il reato può anche commettersi
disponendo a favore di terzi rimborsi palesemente non dovuti (Sez. 6, 6.11.2012, Rainnondi e
Marras). Il Presidente di un gruppo consiliare regionale dispone per ragioni del suo ufficio del
denaro comunque elargito al gruppo consiliare, sia che l’elargizione riguardi funzioni pubbliche,
sia che riguardi funzioni politiche (Sez. 6, 3.12.212, Fiorito).
Nel caso di specie, la stessa prospettazione accusatoria è nel senso che le condotte
decettive di cui ai capi c), d) ed e) della rubrica provvisoria sarebbero state poste in essere “al

inducendo in errore il Presidente del gruppo consiliare Insieme per la Calabria. Peraltro, lo
stesso Presidente del citato gruppo consiliare regionale, che ai capi c), d) ed e) della rubrica
figura essere la vittima degli artifici e raggiri posti in essere dal ricorrente, risulta essere
indagato in qualità di concorrente del medesimo Rappoccio nella commissione dei reati di
peculato rubricati a carico di entrambi – peraltro separatamente – ai capi b) e n) della rubrica.
Ne consegue che la stessa descrizione delle condotte rispettivamente ascritte al ricorrente e al
Presidente del suo gruppo consiliare appare incerta e contraddittoria in relazione ai ruoli da
essi rispettivamente rivestiti all’interno del Consiglio Regionale, alle responsabilità del
presidente del gruppo consiliare regionale in relazione ai fondi attribuiti al gruppo per le sue
attività istituzionali e alla complessiva ricostruzione dei fatti oggetto delle imputazioni. Tale
ricostruzione risulta in particolare perplessa, anche con riferimento al sostrato probatorio
dell’elemento psicologico dei reati rubricati per entrambi i soggetti coinvolti, nella misura in cui
le attività decettive contestate al ricorrente – in quanto relative alle spese da lui esposte, e a
lui indebitamente rimborsate, per l’anno 2011 – si inseriscono temporalmente tra le condotte di
appropriazione di fondi relativi agli anni 2010 e 2012 contestate ad entrambi gli indagati, in
concorso tra di loro, ai sensi dell’art. 314 c.p..
Alla luce di quanto fin qui esposto si rende necessario, in conclusione,
l’annullamento dell’ordinanza impugnata con rinvio degli atti al Tribunale di Reggio Calabria
perché, in coerente applicazione dei principi di diritto dettati dalle richiamate decisioni di
legittimità, proceda a nuovo esame sui punti e profili critici segnalati, anche con riferimento
alle specifiche censure enunciate dal ricorrente, colmando – nella piena autonomia dei relativi
apprezzamenti di merito – le indicate lacune e discrasie della motivazione.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Reggio Calabria.
Così deciso il 25 febbraio 2015.

fine di giustificare la spesa dell’equivalente già ricevuto nel corso dell’anno 2011”, così

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