Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 1849 del 07/01/2016


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 1849 Anno 2016
Presidente: CIAMPI FRANCESCO MARIA
Relatore: DELL’UTRI MARCO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
Pannone Claudio n. il 16/9/1967
avverso la sentenza n. 5868/2014 pronunciata dalla Corte d’appello di
Torino il 27/2/2015;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita nell’udienza pubblica del 7/1/2016 la relazione fatta dal Cons. dott.
Marco Dell’Utri;
udito il Procuratore Generale, in persona del dott. E. Delehaye, che ha
concluso per la dichiarazione d’inammissibilità del ricorso.

Data Udienza: 07/01/2016

RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza resa in data 27/2/2015, la corte d’appello di Torino ha
confermato la condanna di Claudio Pannone alla pena di giustizia in relazione al
tentativo di furto aggravato dallo stesso commesso in Novi Ligure, il 8/9/2014.
Avverso la sentenza d’appello, ha proposto ricorso per cassazione l’imputato,
dolendosi della violazione di legge e del vizio di motivazione in cui sarebbe incorsa la
corte territoriale nel negare l’applicazione delle circostanze attenuanti generiche
nella loro massima estensione, nonché nel non escludere la recidiva contestata e la

CONSIDERATO IN DIRITTO
2. Il ricorso è inammissibile.
Osserva, in primo luogo, il collegio come la censura avanzata dall’imputato in
relazione all’omesso riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche nella loro
massima estensione debba ritenersi manifestamente infondata, avendo la corte
territoriale sottolineato come, tanto sul piano oggettivo, quanto sotto il profilo della
personalità dell’imputato, la pena concretamente determinata dal primo giudice
dovesse ritenersi pienamente congrua, tenuto conto della fase avanzata cui era
giunto il tentativo realizzato dal Pannone e della complessiva gravità della condotta
lesiva, posto che, di là dall’esiguità della somma che avrebbe potuto essere sottratta
(di cui il primo giudice ha tenuto conto attraverso la concessione della circostanza
attenuante di cui all’art. 62, n. 4, c.p.), non potesse trascurarsi il danno
complessivamente non indifferente causato dalla condotta dell’imputato a carico
delle persone offese.
Peraltro, secondo la lineare argomentazione elaborata dal giudice d’appello, il
diniego opposto dal primo giudice alla concessione delle circostanze attenuanti
generiche nella loro massima estensione risulta aver trovato una coerente conferma
nel lungo e specifico elenco di precedenti a carico dell’imputato, nell’assoluta
irrilevanza delle ammissioni da questi rese (del tutto necessitate, in considerazione
dello stato di flagranza in cui fu lo stesso fu colto), oltre che nell’assenza di ulteriori
elementi positivi da valutare, eventualmente rinvenibili in un’offerta risarcitoria, in
un’espressione di resipiscenza o, ancora, in una possibile indicazione (nella specie,
tutte mancate) di un qualunque volontà di reinserimento sociale.

3.

Del pari manifestamente infondate devono ritenersi le doglianze del

ricorrente concernenti la ritenuta recidiva e la circostanza aggravante di cui all’art.

2

circostanza aggravante di cui all’art. 625, n. 2, c.p..

625, n. 2, c.p., avendo la corte territoriale correttamente sottolineato l’impossibilità
dell’esclusione della recidiva, atteso che, a fronte dell’ampio curriculum penale
dell’imputato, gravato da precedenti anche specifici, il reato oggetto d’esame deve
ritenersi tale da costituire l’inequivoca espressione di una maggiore pericolosità
sociale del Pannone, in considerazione della gravità della condotta delittuosa,
caratterizzata da particolare allarme sociale, essendo consistita nell’introduzione
dell’imputato in un luogo privato, con modalità indicative di particolare
determinazione e pervicacia, avendo l’imputato, al fine di commettere il reato,

cassa, letteralmente mandato “in pezzi”.

4. Le argomentazioni che precedono, nell’attestare la radicale inammissibilità
dell’odierno ricorso, impongono la condanna dell’imputato al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende,
non emergendo ragioni di esonero, a titolo di sanzione pecuniaria.

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore della cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma, il 7/1/2016

Il Consigliere estensore

provocato l’effrazione di ben due porte e il danneggiamento del registratore di

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