Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 18489 del 14/11/2012


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 18489 Anno 2013
Presidente: ZECCA GAETANINO
Relatore: GUARDIANO ALFREDO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Abategiovanni Luigi, nato ad Aversa il 23.2.1975,
avverso la sentenza pronunciata in data 21.6.2011
dalla corte di appello di Napoli;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il
ricorso;

Data Udienza: 14/11/2012

udita la relazione svolta dal consigliere dott. Alfredo
Guardiano;
udito il pubblico ministero nella persona del
Volpe, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

Con sentenza pronunciata il 21.6.2011 la corte di
appello di Napoli confermava la sentenza con cui il
tribunale di S. Maria Capua Vetere, in composizione
monocratica, in data 12.10.2007 aveva condannato
Abategiovanni Luigi, imputato del delitto di cui agli
artt. 81, cpv., 110, 56, 629, co. 2, in relazione
all’art. 628, co. 3, n. 1, c.p., 7, I. 203/91, alla pena
ritenuta di giustizia, previo riconoscimento in suo
favore della circostanza attenuante della minima
partecipazione, giudicata equivalente alla
contestata circostanza aggravante di cui all’art.
628, co. 3, n. 1, c.p.
Avverso la decisione della corte territoriale, di cui
chiede l’annullamento, ha proposto ricorso,

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sostituto procuratore generale dott. Giuseppe

personalmente l’Abategiovanni, articolando quattro
motivi di impugnazione.
Con il primo il ricorrente lamenta il vizio di cui

artt. 601, m 3, 420 ter e 178, lett. c), c.p.p., in
quanto la celebrazione dell’udienza innanzi la corte
territoriale avveniva in assenza dell’imputato, di cui
veniva dichiarata la contumacia, pur in presenza di
un legittimo impedimento a comparire dello stesso,
che, in quel momento si trovava in stato di
detenzione domiciliare per altra causa presso una
comunità terapeutica con sede nel comune di
Martina Franca, circostanza rappresentata
dall’Abategiovanni alla corte di appello attraverso
un fax fatto pervenire alla cancelleria dell’organo
giudicante con il quale chiedeva di essere tradotto,
non assumendo alcun rilievo, al riguardo la
circostanza che tale richiesta sia pervenuta in
ritardo presso la cancelleria, in quanto, ai sensi
dell’art. 420 ter, co. 1, c.p.p., cui rinvia l’art. 484,
co. 2 bis, stesso codice, quando risulta che
l’assenza all’udienza dell’imputato sia dovuta ad
assoluta impossibilità a comparire per legittimo

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all’art. 606, co. 1, lett. c), c.p.p., in relazione agli

impedimento, il giudice ha l’obbligo di rinviare ad
una nuova udienza e di disporre la rinnovazione
dell’avviso all’imputato ex art. 419, co. 1, c.p.p.

dell’intero giudizio di secondo grado, anche perché,
rileva ulteriormente l’imputato, il relativo decreto di
citazione a giudizio è stato notificato ad altro
familiare convivente non nel luogo di detenzione
domiciliare, circostanza che ha determinato la
nullità della sentenza impugnata.
Con il secondo motivo il ricorrente eccepisce il vizio
di cui all’art. 606, co. 1, lett. e) c.p.p., in relazione
all’art. 192, c.p.p., in quanto la corte territoriale
non ha adeguatamente motivato in ordine alla
sussistenza degli elementi oggettivi e soggettivi
richiesti ai fini della configurabilità del reato in
contestazione, limitandosi ad un mero richiamo
acritico alle argomentazioni del primo giudice,
deducendo inammissibilmente la partecipazione
dell’Abategiovanni alla tentata estorsione di cui si
discute esclusivamente dalla sua presenza inerte e
passiva sul luogo di consumazione del reato.

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Si è dunque verificata una causa di nullità

Con il terzo motivo il ricorrente eccepisce i vizi di
cui all’art. 606, co. 1, lett. b) ed e) c.p.p., in
relazione all’art. 7, I. 203/91, in quanto la mancata

esplicita prospettazione da parte del soggetto
agente nei confronti della persona offesa di una
possibile propria contiguità ad un sodalizio
criminoso o di possibili reazioni da parte del
medesimo sodalizio da un lato e, dall’altro, la
mancanza di prova in ordine allo stato di
soggezione della persona offesa, derivante dalla
richiesta estorsiva effettuata, secondo l’assunto
accusatorio„ con metodo mafioso, non consentono
di ritenere integrata la suddetta circostanza
aggravante ad effetto speciale.
Con il quarto motivo, infine, il ricorrente eccepisce
il vizio di cui all’art. 606 1 co. 1, lett. e) c.p.p., in
relazione al trattamento sanzionatorio, lamentando
la mancata concessione delle circostanze attenuanti
generiche nella loro massima estensione e
l’irrogazione di una pena eccessivamente gravosa,
senza che la corte territoriale abbia indicato
analiticamente gli elementi utilizzati, ex art. 133,

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/-.

c.p., all’atto della quantificazione del trattamento
sanzionatorio.

Il ricorso proposto nell’interesse di Abbategiovanni
Luigi non può essere accolto.
Al riguardo si osserva che secondo, il terzo ed il
quarto motivo di ricorso vanno dichiarati
inammissibili.
Con essi, infatti, il ricorrente, da un lato si limita a
riproporre questioni già proposte nei motivi appello
e risolte in senso sfavorevole per l’imputato dalla
corte territoriale, dall’altro prospetta censure di
fatto, non consentite, come è noto, in sede di
legittimità.
Nel caso in esame, infatti, la corte territoriale, con
motivazione approfondita ed immune da vizi,
rispondendo ai rilievi difensivi sul punto, ha
evidenziato (cfr. pp. 3 e 4 dell’impugnata sentenza)
come l’ipotesi accusatoria a carico del ricorrente
trovi fondamento nelle dichiarazioni della persona
offesa Cassandra Luigi, intrinsecamente credibili e

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CONSIDERATO IN DIRITTO

dotate, pur non essendo necessario, di significativi
riscontri esterni, rappresentati dalle convergenti
dichiarazioni del socio del Cassandra, Sagliocco

come la presenza dell’imputato (accertata proprio
sulla base di quanto riferito dal Cassandra, dal
Sagliocco e dal Benedetti) in due diverse occasioni
in compagnia del Mastrillo Benito, nel corso delle
trattative aventi ad oggetto la richiesta estorsiva
formulata da quest’ultimo nei confronti della
persona offesa, “è valsa ad agevolare e rafforzare
l’intimidazione criminosa dei soggetti agenti”,
secondo i noti principi in tema di concorso (morale)
di persone nel reato.
Anche in relazione alla ritenuta circostanza
aggravante di cui all’art. all’art. 7 del d.l. n. 152/91
convertito nella I. n. 203/91, nella forma
“dell’avvalersi delle condizioni di cui all’art. 416 bis
c.p.”, la corte territoriale (cfr. pp. 4 e 5
dell’impugnata sentenza) ha fornito adeguata
risposta, sottolineando come la condotta posta in
essere dall’Abategiovanni in concorso con il
Mastrillo Benito e Iovine Raffaele (nei cui confronti

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Luigi e del tenente Benedetti Marco, sottolineando

si è proceduto separatamente, sia stata
specificamente evocativa della forza intimidatrice
derivante dal vincolo associativo di natura

formulare la richiesta estorsiva, al “clan dei
Malapelle”, organizzazione criminale di tipo mafioso
notoriamente operante nella zona (cfr. Cass., sez.
VI, 23/09/2010, n. 37030, D.M.).
Infine, anche con riferimento al trattamento
sanzionatorio, la corte territoriale, con motivazione
esaustiva e corretta, ha escluso la concessione
delle circostanze attenuanti generiche, ostandovi la
gravità della condotta ed i precedenti penali
dell’imputato, confermando il trattamento
sanzionatorio irrogato dal giudice di primo grado, in
considerazione della vicinanza della pena inflitta al
minimo edittale (cfr. p. 5 dell’impugnata sentenza).
Ciò posto evidenti appaiono le ragioni che militano
a favore della inammissibilità degli indicati motivi di
ricorso.
Ed invero va dichiarato inammissibile, ai sensi del
combinato disposto degli artt. 581, co. 1 lett. c), e
591 1 co. 1, lett.

c), il ricorso per Cassazione

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camorristica, avendo essi fatto riferimento, nel

fondato, come nel caso in esame, su motivi che
ripropongono le stesse ragioni già discusse e
ritenute infondate dai giudici del gravame,

anzi, meramente apparenti, in quanto non
assolvono la funzione tipica di critica puntuale
avverso la sentenza oggetto di ricorso.
La mancanza di specificità del motivo, infatti, deve
essere apprezzata non solo per la sua genericità,
come indeterminatezza, ma anche per la mancanza
di correlazione tra le ragioni argomentate della
decisione impugnata e quelle poste a fondamento
dell’impugnazione, questa non potendo ignorare le
esplicitazioni del giudice censurato, senza cadere
nel vizio di mancanza di specificità, conducente, a
norma dell’art. 591, co. 1, lett.

c),

c.p.p.,

all’inammissibilità (cfr. Cass., sez. IV, 18.9.1997 13.1.1998, n. 256, rv. 210157; Cass., sez. V,
27.1.2005 – 25.3.2005, n. 11933, rv. 231708;
Cass., sez. V, 12.12.1996, n. 3608, p.m. in proc.
Tizzani e altri, rv. 207389).
Allo stesso tempo attraverso i motivi di gravame, il
ricorrente prospetta, come si è detto, censure che

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dovendosi gli stessi considerare non specifici, ed

si risolvono in una mera rilettura degli elementi di
fatto posti a fondamento della decisione
impugnata, sulla base di nuovi e diversi parametri

sede di giudizio di cassazione (cfr. Cass., sez. I,
16.11.2006, n. 42369, De Vita, rv. 235507; Cass.,
sez. VI, 3.10.2006, n. 36546, Bruzzese, rv.
235510; Cass., sez. III, 27.9.2006, n. 37006,
Piras, rv. 235508).
Non può non rilevarsi, infatti, come il controllo del
giudice di legittimità, pur dopo la novella dell’art.
606, c.p.p., ad opera della I. n. 46 del 2006, si
dispiega, pur a fronte di una pluralità di deduzioni
connesse a diversi atti del processo, e di una
correlata pluralità di motivi di ricorso, in una
valutazione necessariamente unitaria e globale, che
attiene alla reale esistenza della motivazione ed
alla resistenza logica del ragionamento del giudice
di merito, essendo preclusa al giudice di legittimità,
come si è detto, la rilettura degli elementi di fatto
posti a fondamento della decisione o l’autonoma
adozione di nuovi e diversi parametri di

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di ricostruzione e valutazione dei fatti, preclusa in

ricostruzione e valutazione dei fatti (cfr. Cass., sez.
VI, 26.4.2006 1 n. 22256, Bosco, rv. 234148).
Quanto al primo motivo di ricorso, esso appare

Al riguardo si osserva che lo stato di detenzione
sopravvenuto alla elezione o alla dichiarazione di
domicilio, non determina l’invalidità della notifica
effettuata non nel luogo di detenzione, nel caso in
cui l’autorità giudiziaria non ne sia stata
tempestivamente informata.
Come è stato affermato la validità della
notificazione presso il domicilio eletto, anche in
caso di detenzione per altra causa, discende dalla
stessa natura dell’elezione di domicilio che
presuppone, a differenza della mera dichiarazione,
l’indicazione di persona legata da un rapporto
fiduciario tale da impegnarla a ricevere gli atti e
consegnarli al medesimo, per cui lo stato di
detenzione sopravvenuto per altra causa alla
elezione di domicilio effettuata dall’imputato non
impone, se l’autorità giudiziaria non ne sia stata
formalmente informata, di eseguire le notificazioni
presso il luogo di detenzione, (cfr. Cass., sez. VI,

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infondato.

20/11/2009, n. 47324, M., rv. 245306; Cass., sez.
VI, 2/10/2008, Sconlata, rv. 242396; Cass, sez. IV,
14/2/2008, n. 16431, Chioso; Cass., sez. II,

2006, n. 13288; Cass., sez. VI, 7/10/2008, n.
42306, Pezzetta, rv. 241877).
Con particolare riferimento ai procedimenti relativi
a giudizi di impugnazione, è stato poi affermato,
con decisione condivisa da questo Collegio, che è
onere dell’imputato, ai sensi dell’art. 161 c.p.p.,
comunicare al giudice il proprio stato di detenzione
per altra causa, cosicché, in difetto di tale
comunicazione, sono da considerarsi valide le
notificazioni eseguite nel domicilio eletto risultante
dagli atti/ tenuto conto anche del fatto che il legame
di convivenza ed il connesso dovere di informazione
non vengono meno a causa del temporaneo stato di
detenzione (cfr. Cass, sez. I, 1° marzo 2005, n.
11543, D’Ambrogio, rv. 231496).
Alla stessa conclusione, peraltro, come si vedrà, si
perviene anche ove si volesse aderire al diverso
orientamento, secondo il quale, essendo l’art. 161
c.p.p., applicabile solo al domicilio dichiarato o

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22/5/2007 1 n. 25425, Sacco; Cass., sez. V, 24/2/

eletto in sede di convalida dell’arresto o
dall’imputato che non sia né detenuto né internato,
per il soggetto in stato di detenzione la rituale

effettuata all’atto della scarcerazione (cfr. Cass,
sez. II, 13/1/2005, n. 2356, rv. 230698).
Ed invero la corte territoriale ha correttamente
dichiarato la contumacia dell’imputato, che non
aveva diritto alla notifica del decreto di citazione a
giudizio innanzi alla corte di appello nel luogo di
detenzione domiciliare, non essendo siffatto luogo
ancora noto quando venne disposta la notifica del
menzionato decreto per l’udienza del 21.6.2011.
Come si evince, infatti, dalla lettura degli atti
(ammissibile in questo caso essendo stato dedotto
un error in procedendo) il ricorrente il 27.9.2007,
all’atto della scarcerazione, ha eletto domicilio in
Trentola Ducenta, alla via Amazzonia n. 8, dove
veniva notificato il decreto di citazione per il
giudizio di appello del 21.6.2011 1 mentre, da un
lato la dichiarazione di domicilio presso la comunità
“Il risorto” risale al successivo 24.6.2011, dall’altro
la comunicazione del responsabile della comunità

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dichiarazione o elezione di domicilio è quella

con cui si rappresenta all’autorità giudiziaria che
l’Abategiovanni è ospite della struttura residenziale
dal 28.8.2008 “in regime di arresti domiciliari” reca

celebrazione dell’udienza.
Sulla base delle svolte considerazioni il ricorso
proposto nell’interesse di Abategiovanni Luigi va,
dunque, rigettato, con condanna del ricorrente, ai
sensi dell’art. 616, c.p.p., al pagamento delle spese
del procedimento.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al
pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma il 14.11.2012

la data del 24.6.2011, dunque successiva alla

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