Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 18484 del 12/12/2014


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 18484 Anno 2015
Presidente: GARRIBBA TITO
Relatore: DI SALVO EMANUELE

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
FASANO FLAVIO N. IL 22/08/1959
avverso l’ordinanza n. 645/2014 CORTE APPELLO di LECCE, del
18/07/2014
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. EMANUELE DI
SALVO;
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lette/sentite le conclusioni del PG Dott:- –747r4 p er e 0.140 u é,e9, (m, u%
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Data Udienza: 12/12/2014

1. Fasano Flavio, imputato in un procedimento penale pendente di fronte al
Tribunale di Lecce, ricorre per cassazione avverso l’ordinanza della Corte
d’appello di Lecce, in data 18-7-2014, con la quale è stata rigettata la
dichiarazione di ricusazione proposta nei confronti del giudice dr. Roberto
Tanisi, Presidente del Collegio giudicante, in quanto, nel corso di un’intervista,
il dr. Tanisi avrebbe dichiarato: “… Mi risulta che fatti, anche gravi, di corruzione
siano emersi dopo il 30 giugno. Basti pensare al processo che vede coinvolto
Flavio Fasano e che è già arrivato alla fase dibattimentale”. In secondo luogo, in
qualità di Presidente della Corte d’assise di Lecce, davanti alla quale si è
celebrato il processo relativo all’omicidio di Salvatore Padovano , che, secondo
quanto affermato dal collegio giudicante del Tribunale di Lecce, nell’ordinanza
del 4 luglio 2011, risulta essere connesso, sotto il profilo probatorio, al processo
a carico dell’avvocato Fasano, il giudice Tanisi ha statuito su talune questioni
concernenti i rapporti fra Rosario Pompeo Padovano e l’avv. Fasano e
l’utilizzabilità delle intercettazioni di alcune conversazioni intercorse tra i due.
Tali statuizioni verterebbero , secondo il ricusante, sul medesimo oggetto di
talune eccezioni sollevate dalla difesa dell’avvocato Fasano, nell’ambito del
processo che lo vede imputato.
2. Il ricorrente deduce , con il primo motivo , irritualità dell’utilizzo, da parte della
Corte d’appello, di una memoria depositata, senza alcuna richiesta da parte della
Corte territoriale, dal giudice ricusato, al quale non compete la facoltà di
presentare memorie, riconosciuta solo alle parti.
2.1.Con il secondo motivo, deduce violazione di legge e vizio di motivazione,
poiché la Corte d’appello non ha accertato la veridicità di quanto affermato dal
giudice ricusato, nella sua memoria, senza alcuna allegazione documentale. In
ogni caso, il fatto che il dr. Tanisi sia stato intervistato, nella sua qualità di
presidente distrettuale dell’Associazione Nazionale Magistrati, non lo
autorizzava a fare riferimenti a singoli processi, senza alcuna sollecitazione da
parte del giornalista e, per di più, formulando un giudizio di gravità dei fatti di
reato, in modo peraltro del tutto gratuito, poiché il citare un unico processo
certamente non poteva sovvertire i dati menzionati dal Presidente della Corte
d’appello, secondo cui vi era stata una “caduta verticale dei processi per reati
contro la pubblica amministrazione”. Tanto più che il Fasano era stato attinto da
un provvedimento restrittivo della libertà personale circa un anno prima, onde i
fatti non avevano alcuna attualità, al momento dell’intervista. Non è neppure
vero che, all’epoca dell’intervista, pubblicata il 1 febbraio 2011, non fosse stata
ancora stabilita la data della prima udienza e non fosse stato ancora individuato
il collegio giudicante, poiché il decreto disponente il giudizio, contenente tali
indicazioni, era stato emesso in data 19 gennaio 2011 . Anche perché, in forza

RITENUTO IN FATTO

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il primo motivo di ricorso è infondato. E’ vero infatti che nessuna norma
attribuisce al giudice ricusato la facoltà di presentare memorie od
osservazioni al giudice della ricusazione, a differenza di quanto è, ad esempio,
previsto dall’art 46, comma 3,cpp, in materia di rimessione. Tuttavia non può
ritenersi irrituale che la Corte d’appello , dopo aver sottoposto la memoria
alle parti e dunque dopo aver instaurato il contraddittorio sui contenuti della
stessa, utilizzi lo scritto inoltrato dal giudice ricusato esclusivamente in
relazione ad alcuni dati di fatto, dallo stesso risultanti e rilevanti in una
prospettiva di assoluta oggettività, a prescindere da ogni argomentazione
giuridica o da ogni profilo valutativo. Risulta infatti dal provvedimento
impugnato che la Corte di appello ha utilizzato la memoria presentata dal
giudice ricusato esclusivamente per trarne due dati : 1) il fascicolo era
pervenuto nella cancelleria del Tribunale in data 24-3-2011 e cioè dopo circa
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delle previsioni tabellari, una volta individuata la sezione, necessariamente il
presidente del collegio giudicante non poteva che essere il dr. Tanisi. Non è
nemmeno ipotizzabile che quest’ultimo non fosse a conoscenza
dell’assegnazione del processo, perché il dato era stato ampiamente
pubblicizzato dalla stampa. E le espressioni utilizzate, attraverso il riferimento
all'”emersione di fatti anche gravi di corruzione”, riferiti all’avvocato Fasano,
costituiscono indebita esternazione di un parere.
2.2.Con il terzo motivo, il ricorrente deduce violazione di legge e vizio di
motivazione, poiché, nel dibattimento in corso davanti al Tribunale di Lecce,
presieduto dal dr. Tanisi, sono state sollevate dalla difesa dell’avv. Fasano alcune
eccezioni in merito all’utilizzabilità delle intercettazioni telefoniche espletate.
Orbene, il giudice ricusato, nella sua memoria, conferma il suo pregiudizio, ormai
irretrattabile, considerando le ordinanze interlocutorie- provvedimenti, per
natura, revocabili -come statuizioni definitive. Ne è condivisibile l’affermazione
della Corte d’appello secondo cui, in ogni caso, nella sentenza relativa
all’omicidio Padovano, il dr. Tanise non ha espresso alcun giudizio in ordine ai
fatti di corruzione di cui l’avvocato Fasano è oggi chiamato a rispondere, poiché
ciò che rileva, ai fini della sussistenza della causa di ricusazione, è che siano state
espresse valutazioni di merito in ordine a circostanze che concorrono a definire
la regiudicanda, nel procedimento che si assume pregiudicato. Non occorre
quindi alcuna identità di imputazione o di circostanze.
Si chiede pertanto annullamento dell’ordinanza impugnata.

due mesi dall’intervista ; l’assegnazione al Collegio giudicante, individuato
secondo i criteri tabellari, era avvenuta in epoca ancora successiva. Trattasi
pertanto di due dati di fatto assolutamente oggettivi, agevolmente verificabili,
inerenti a profili del tutto esenti da connotazioni valutative e su cui peraltro
le parti hanno avuto la più ampia facoltà di interloquire.
2.Anche il secondo

motivo di ricorso è infondato. Costituisce parere

sull’oggetto del procedimento, nell’ottica delineata dall’art. 36 lett. c) cpp, la
di cui è intessuta la regiudicanda nonché circa le decisioni da assumere. Si
esula pertanto dall’ambito di applicabilità della norma in disamina allorchè si
tratti di opinioni inerenti a tematiche d’ordine generale ( Cass. , Sez 1, n. 5293
del 15-10-1996, Rv. 205843); o di espressioni del tutto generiche ( Cass. , sez.
1, 18-6-1996, De Martino, Rv. 205322) e che non denotino un convincimento
del giudice circa l’esito del processo, sia con riguardo alle contestazioni che
agli imputati (Cass. , Sez. 2, n. 766/06 del 4-11-05, Rv. 233332).
2.1.Nel caso di specie, la Corte d’appello ha evidenziato come le espressioni
utilizzate dal giudice ricusato,nell’intervista rilasciata, in qualità di Presidente
distrettuale dell’ANM, inerissero ad una problematica di carattere generale,
al’epoca assai dibattuta , in ambito locale , a seguito dei rilevi formulati dal
Presidente della Corte d’appello, in occasione dell’inaugurazione dell’anno
giudiziario, circa la “caduta verticale” dell’attività di accertamento giudiziale
in materia di reati contro la pubblica amministrazione. In questo contesto, il
dr.Tanisi , esprimendo un’opinione dissenziente, si limitò a rilevare che i dati
statistici erano fermi al primo semestre 2010 e che , dopo quella data, erano
emersi fatti, anche gravi, di corruzione, dando luogo a processi già pervenuti
alla fase dibattimentale, citando, a titolo esemplificativo, quello concernente
l’avv. Fasano. E la Corte d’appello sottolinea, al riguardo, che il dr. Tanisi non
espresse alcun parere sui fatti oggetto del procedimento, limitandosi ad
integrare il dato statistico , segnalando che , successivamente al periodo al
quale quest’ ultimo si riferiva, vi erano state altre indagini, in tema di reati
contro la P.A. , giunte a maturazione. Nè la qualificazione in termini di
“gravità” dei fatti vale ad attribuire natura di “parere” a quella che era
null’altro che una mera constatazione, non esprimendo alcun convincimento
in ordine alla responsabilità penale dell’avv. Fasano e nemmeno alla
sussistenza dei reati a quest’ultimo ascritti. Trattasi pertanto di motivazione
puntuale, coerente , priva di discrasie logiche , del tutto idonea a rendere
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formulazione di una ben precisa opinione circa le questioni di diritto e di fatto

intelligibile l’iter logico-giuridico seguito dal giudice e perciò a superare lo
scrutinio di legittimità.
3. Nemmeno il terzo motivo di ricorso può trovare accoglimento. . I motivi di
ricusazione del giudice sono infatti da ritenere tassativi e non estensibili , in
via analogica , a situazioni di mera opportunità , effettiva o presunta ( Sez VI
10-3-1994 , Ferlin, Rv. n. 198490). Le norme che prevedono le cause di
norme eccezionali e,come tali, di stretta

interpretazione, sia perché determinano limiti all’esercizio del

potere

giurisdizionale e , più in particolare , alla capacità del giudice ; sia perché
consentono un’ingerenza delle parti in una materia attinente al rapporto di
diritto pubblico fra Stato e giudice e quindi sottratta , d’ordinario , alla
disponibilità delle parti e dello stesso giudice ( Sez VI 26-11-1999 n. 3920/00,
Santalco , rv. n. 215315; Sez II 5-6-1992, Falbo rv. n. 190793). In quest’ottica,
la Corte costituzionale, con sentenza 14-7-2000 n 283, ha affermato
l’illegittimità costituzionale dell’art 37, comma 1, cpp, nella parte in cui non
prevede che possa essere ricusato dalle parti il giudice che , chiamato a
decidere sulla responsabilità di un imputato, abbia espresso in altro
procedimento , anche non penale , una valutazione di merito sullo stesso
fatto e nei confronti del medesimo soggetto. Dunque non è sufficiente che il
giudice stesso abbia, in precedenza , avuto mera cognizione dei fatti di causa,
raccolto prove ovvero si sia espresso solo incidentalmente e occasionalmente
su particolari aspetti della vicenda processuale sottoposta al suo giudizio.
Spetta quindi al giudice , in considerazione dell’impossibilità di una
tipizzazione preventiva delle situazioni che determinano l’effetto
pregiudicante , accertare in concreto , caso per caso, se esso possa essere
ravvisato. E’ comunque sempre necessario che le funzioni esercitate dal
giudice nei due procedimenti — quello pregiudicante e quello pregiudicatocomportino una valutazione di merito collegata alla decisione finale della
causa e non abbiano carattere meramente delibatorio , incidentale, o si
sostanzino in una semplice raccolta di prove. In quest’ordine di idee, si è, ad
esempio , negato, in giurisprudenza, che possa essere dedotta , quale causa
di ricusazione dei giudici di un collegio, la già intervenuta valutazione, da
parte dei detti magistrati, dell’attendibilità delle dichiarazioni dei chiamanti in
correità , in occasione di altri procedimenti ( Sez VI 9-3-1999 , Craxi , rv. n.
213666).
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ricusazione sono infatti

Sulla base di tali principi, non può che ritenersi irrilevante , ai fini in disamina, la
mera connessione probatoria fra due procedimenti , non comportando essa una
valutazione di merito sullo stesso fatto e nei confronti del medesimo soggetto.
Questa suprema Corte ha già infatti avuto modo di pronunciarsi,conformemente ai
principi delineati dalla Corte costituzionale , ai quali poc’anzi si accennava , nel
senso che deve essere esclusa la configurabilità della funzione “pregiudicante”
nell’attività dei giudici ricusati che abbiano partecipato al collegio che aveva
le stesse fonti di prova in relazione ad un diverso reato o comunque a diversi fatti
(Sez I 25-10-2005, n. 45470, rv. n. 233378).
3.1.AI riguardo, la Corte d’appello ha rilevato come nel processo “Padovano”,
probatoriannente connesso al presente, il dr. Tanisi abbia affrontato il tema,
riproposto nel processo per corruzione oggi pendente di fronte a lui,
dell’utilizzabilità delle intercettazioni ambientali e telefoniche, senza esprimere
alcun giudizio in ordine all’addebito di corruzione di cui oggi l’avv. Fasano deve
rispondere e senza neanche minimamente occuparsi dei fatti di corruttela pur (in
tesi) emergenti da quei dialoghi. E, in questa prospettiva, occorre, in questa sede,
ricordare come , in merito alla problematica generale inerente alle decisioni
“interlocutorie”, le Sezioni unite abbiano condivisibilmente stabilito che l’indebita
manifestazione del convincimento da parte del giudice, espressa con la delibazione
incidentale di una questione procedurale, rileva come causa di ricusazione solo
qualora il giudice abbia anticipato la valutazione sul merito della regiudicanda,
ovvero sulla colpevolezza dell’imputato, senza che tale valutazione fosse imposta o
giustificata dalle sequenze procedimentali ; ovvero allorché la pronuncia anticipi , in
tutto o in parte, gli esiti della decisione di merito, senza alcuna necessità o nesso
funzionale con il provvedimento incidentale adottato (Sez. Un. 27 settembre 2005 n.
41263, Falzone, Cass. Pen. 2006,403 ) . Si collocano pertanto fuori dal raggio di
operatività dell’art 37 co 1 lett. b) cpp le attività endo —processuali, non costituenti
cause di incompatibilità ex art 34 cpp , che il giudice compie secondo le scansioni o
sequenze procedimentali normativamente previste e costituenti passaggi obbligati e
necessari dell’itinerario logico-giuridico che il giudice deve esperire per pervenire
alla decisione finale, in quanto momenti prodromici e strumentali rispetto ad essa ,
sempre che le esternazioni si mantengano nei limiti funzionali allo scopo tipico
dell’atto e non invadano, senza necessità e giustificazione, lo spazio riservato alla

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valutato, in altro e diverso procedimento, sia pure a carico dello stesso imputato,

deliberazione conclusiva ( Sez 1,15-6-07 n. 35208 , rv. n. 237627). Ciò che, come
poc’anzi abbiamo visto, non è dato riscontrare nel caso in disamina.
Il ricorso va dunque rigettato, poiché basato su motivi infondati, con conseguente
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
PQM

Così deciso in Roma, all ‘udienza del 12-12-2014.

RIGETTA IL RICORSO E CONDANNA IL RICORRENTE AL PAGAMENTO DELLE SPESE PROCESSUALI.

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