Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 18481 del 12/12/2014


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 18481 Anno 2015
Presidente: GARRIBBA TITO
Relatore: DI SALVO EMANUELE

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CACCIOLA GIOVANNI N. IL 08/03/1980
avverso l’ordinanza n. 357/2014 TRIB. LIBERTA’ di REGGIO
CALABRIA, del 18/04/2014
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. EMANUELE DI
SALVO;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott. VA A bn,
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Data Udienza: 12/12/2014

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1. Cacciola Giovanni ricorre per cassazione avverso l’ordinanza del Tribunale
del riesame di Reggio Calabria, in data 18-4-2014, che ha confermato
l’ordinanza applicativa della misura intramurale, in ordine al delitto di cui agli
artt. 74 DPR 309/90-4 1.146/06 e 7 I. 203/91, relativamente alla
partecipazione ad un’associazione a delinquere finalizzata all’ importazione
dal Sudamerica,alla detenzione e alla cessione di cocaina, con il compito di
coadiuvare i promotori nelle attività esecutive, tra l’altro accompagnando
costoro agli incontri con gli esponenti delle altre organizzazioni nonché
partecipando alle fasi del pagamento delle partite di droga. Con le aggravanti
della natura transnazionale del reato e dell’agevolazione della `ndrangheta,
segnatamente del locale di Natile di Careri.
2. Il ricorrente deduce, con il primo motivo, violazione dell’art. 273 cod. proc.
pen. e vizio di motivazione, in quanto l’ordinanza impugnata ha omesso di
argomentare adeguatamente circa gli elementi che consentono di ritenere
integrata, sia sotto il profilo oggettivo che sotto quello soggettivo, l’ipotesi
prevista dall’art. 74 DPR 309/90, limitandosi a richiamare, per relationem, gli
esiti delle investigazioni di polizia giudiziaria, acriticamente recepiti dai giudici
di merito e riguardanti esclusivamente singoli episodi, rilevanti ex art. 73 I.
stupii compendio indiziario a carico del ricorrente è costituito esclusivamente
dal contenuto di pochissime conversazioni chat, di valenza neutra. Ragion per
cui i contraddittori elementi a carico del Cazzola, costituiti dalla conoscenza
dei presunti promotori dell’associazione, Bifulco e Zinghini , non assurgono al
rango di gravità indiziaria, tanto più che è ingiustificato interpretare un
normale prestito, di soli C 700, da parte del Cacciola , alla fidanzata di
Zinghini,per il pagamento del canone di locazione di una casa, come una
messa a disposizione del sodalizio.
2.1.11 secondo motivo investe l’aggravante di cui all’art. 7 I. 203/91, poiché è
del tutto indimostrato che l’attività di Bifulco , che non è stato mai inquisito
per il delitto di associazione di tipo mafioso, fosse finalizzata ad agevolare
cosche di ‘ndrangheta. Ancor meno è dimostrato che il ricorrente abbia posto
in essere comportamenti finalizzati ad agevolare il locale di Natile di Careri
2.2.Con il terzo motivo, si deduce insussistenza delle esigenze cautelari, in
considerazione dell’incensuratezza e della mancanza di carichi pendenti; della
congetturalità del pericolo di reiterazione criminosa; dell’erroneità
dell’argomentazione che individua l’esigenza cautelare di cui all’art. 274 lett.
a) cod. proc. pen. nella necessità di evitare che altri soggetti in corso di
identificazione possano essere avvisati dall’indagato; della genericità del
riferimento ad asseriti appoggi logistici in altri Stati per giustificare l’asserto
relativo alla sussistenza di un pericolo di fuga.

RITENUTO IN FATTO

Si chiede pertanto annullamento dell’ordinanza impugnata.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il primo e il secondo motivo di ricorso esulano dal numerus clausus delle
censure deducibili in sede di legittimità, investendo profili di valutazione della
,le cui determinazioni, al riguardo, sono insindacabili in cassazione ove siano
sorrette da motivazione congrua, esauriente ed idonea a dar conto dell’iter
logico-giuridico seguito dal giudicante e delle ragioni del decisum . In tema di
misure cautelari personali , infatti , allorchè , come nel caso in disamina ,
venga denunciato , con ricorso per cassazione , vizio di motivazione del
provvedimento emesso dal tribunale del riesame in ordine alla consistenza dei
gravi indizi di colpevolezza, alla Corte suprema spetta il compito di verificare,
in relazione alla peculiare natura del giudizio di legittimità e ai limiti che ad
esso ineriscono, se il giudice di merito abbia dato adeguatamente conto delle
ragioni che l’hanno indotto ad affermare la gravità del quadro indiziario a
carico dell’indagato, controllando la congruenza della motivazione
riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni della
logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze
probatorie. La richiesta di riesame ha infatti , come mezzo d’impugnazione ,
la precipua funzione di sottoporre a controllo la validità dell’ordinanza
cautelare con riguardo ai requisiti enumerati dall’art. 292 cod. proc. pen. e ai
presupposti ai quali è subordinata la legittimità del provvedimento
coercitivo. La motivazione della decisione del tribunale del riesame, dal punto
di vista strutturale , deve pertanto conformarsi al modello delineato dal
citato articolo, che si ispira al modulo di cui all’ art. 546 cod. proc. pen. , con
gli adattamenti resi necessari dal particolare contenuto della pronuncia
cautelare, non fondata su prove ma su indizi e tendente all’accertamento non
della responsabilità ma di una qualificata probabilità di colpevolezza. Nei
procedimenti incidentali de libertate, lo sviluppo della motivazione è
conseguentemente inficiato dalla mancanza di approfondimento critico e di
rigore argomentativo , allorchè l’asserto relativo al carattere di gravità degli
indizi non trovi giustificazione in un organico e coerente apprezzamento degli
elementi di prova né risulti articolato attraverso passaggi logici dotati
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prova e di ricostruzione del fatto riservati alla cognizione del giudice di merito

dell’indispensabile solidità ( Cass. , Sez. U. 22-3-2000 , Audino , Cass. pen.
2000, 2231).
1.1.Nel caso di specie , il Tribunale ha evidenziato la ravvisabilità di una
struttura, finalizzata alla commissione di un numero indeterminato di reati in
materia di sostanze stupefacenti. Gli accertati episodi di importazione di
cocaina dal Sudamerica sono infatti estremamente sintomatici di un modus
operandi sperimentato e collaudato, improntato ad una capillare
in porti prestabiliti) e scevro di connotazioni di improvvisazione ed
occasionalità. Al riguardo, il giudice a quo analizza attentamente i contenuti
delle conversazioni intercettate, mostrando come da esse si desuma
un’articolata struttura associativa nonché l’operare di diverse e autonome
organizzazioni criminose. Il tenore delle predette conversazioni non lascia
dubbi nemmeno sul fatto che il reale oggetto dei dialoghi fosse costituito da
sostanze stupefacenti, come oggettivamente dimostrato anche dai sequestri
di droga eseguiti nei porti di approdo della sostanza. Ciò si desume anche dal
linguaggio criptico e allusivo utilizzato dagli interlocutori, dall’abitualità dei
contatti tra i soggetti interessati e dalla stabilità di rapporti tra di essi.
D’altronde ,gli indagati non hanno cessato e nemmeno interrotto l’attività
intrapresa, nonostante i sequestri di cocaina effettuati, ma hanno continuato
ad operare con pervicacia e come se nulla fosse successo, ad ulteriore
conferma della vitalità dell’associazione in parola, a prescindere dalla
commissione dei singoli reati- fine. A ciò si aggiunga che tanto i fornitori
quanto gli importatori hanno goduto e godono, per stessa ammissione degli
indagati, di importanti complicità da parte di soggetti appartenenti al
personale dei porti di partenza e di arrivo dei vettori. Si considerino poi gli
altrettanto collaudati metodi di comunicazione tra gli indagati, sempre attenti
ad adoperare accorgimenti utili a schivare eventuali attenzioni investigative,
attraverso il ricorso anche alle cosiddette chat nonché al tentativo di dotarsi
addirittura di “Jammer” e cioè di dispositivi elettronici in grado di impedire
intercettazioni di comunicazioni, nel loro raggio d’azione. Si tenga conto,
infine, dell’ingente disponibilità di risorse finanziarie, atteso che le indagini
hanno dato contezza di corresponsioni di denaro contante, per centinaia di
migliaia di euro alla volta
1.2.In questo contesto si colloca la figura di Cacciola Giovanni, utilizzatore, nei
messaggi inviati dai sodali, tramite le chat intercettate, del nickname “Robin
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organizzazione delle varie fasi (dalla negoziazione alla spedizione, allo sbarco

Hood”. Le risultanze dell’analisi delle conversazioni acquisite dimostrano il
suo pieno inserimento nel gruppo criminale organizzato, capeggiato dal
Bifulco, essendosi egli messo a disposizione per le più svariate esigenze
dell’associazione in esame, condividendone i propositi e le finalità perseguite,
nella piena consapevolezza degli illeciti traffici trattati dai sodali e per un
apprezzabile lasso di tempo. Il Cacciola ha infatti intessuto qualificati rapporti
di cointeressenza illecita con gli esponenti apicali del sodalizio,Bifulco e
“ingegnere”, poi identificato in Lavazzano Luigi; mettendo a disposizione il
ristorante di famiglia, ubicato in Torino, come base logistica per la
pianificazione degli incontri con gli associati; attivandosi infine allo scopo di
reperire e tenere provvisoriamente in custodia il denaro contante, necessario
per finanziare le importazioni dei carichi di droga, provenienti dai paesi del
Sudannerica (Perù e Brasile). Condotte queste dimostrative della sua
partecipazione al sodalizio investigato e della ravvisabilità dell’affectio
societatis.
1.3.Per quanto attiene alla ravvisabilità dell’aggravante di cui all’art 7 I.
293/91, relativamente al fine di agevolare l’attività della cosca di ‘ndrangheta
Cua-letto-Pipicella, occorre osservare come il giudice a quo abbia esaminato
analiticamente le risultanze dell’attività captativa, da cui si desume la
destinazione dello stupefacente, con i connessi profitti, alle ‘ndrine di
riferimento del comprensorio di Natile di Careri, in cui lo stesso capo
dell’organizzazione criminale, Bifulco , gravitante intorno alle cosche Cualetto-Pipicella, risiedeva. Non può d’altronde dubitarsi che il ricorrente avesse
quantomeno la consapevolezza, in ragione della conoscenza della caratura
criminale del Bifulco , di cui era un uomo di fiducia, che il suo fattivo
contributo alle operazioni di importazione e di smercio di droga ridondasse a
vantaggio degli interessi dell’intera consorteria mafiosa, di cui il Bifulco era
espressione.
2.Dalle cadenze motivazionali dell’ordinanza impugnata è dunque enucleabile
una ricostruzione dei fatti precisa e circostanziata, avendo il Tribunale preso
in esame tutte le deduzioni difensive ed essendo pervenuto alla conferma
dell’ordinanza genetica attraverso una disamina completa ed approfondita
delle risultanze processuali , in nessun modo censurabile sotto il profilo della
razionalità ,e sulla base di apprezzamenti di fatto non qualificabili in termini
di contraddittorietà o di manifesta illogicità e perciò insindacabili in questa
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Zinghini, provvedendo altresì ad intermediare i rapporti tra questi ultimi e tale

sede. D’altronde ,in tema di sindacato del vizio di motivazione, il compito del
giudice di legittimità non è quello di sovrapporre la propria valutazione del
fatto a quella compiuta dai giudici di merito, bensì di stabilire se, come nel
caso in disamina, questi ultimi abbiano esaminato tutti gli elementi a loro
disposizione, se abbiano fornito una corretta interpretazione di essi, dando
esaustiva e convincente risposta alle deduzioni delle parti, e se abbiano
esattamente applicato le regole della logica nello sviluppo delle
preferenza di altre ( Sez. U.13-12-1995, Clarke, Rv. 203428). Costituisce infatti

ius receptum, nella giurisprudenza di questa Corte, che il giudice di legittimità,
nel momento del controllo della motivazione , non debba stabilire se la
decisione di merito proponga o meno la migliore ricostruzione dei fatti né
debba condividerne la giustificazione, dovendo limitarsi a verificare se questa
giustificazione sia compatibile con il senso comune e con i limiti di una
plausibile opinabilità di apprezzamento, atteso che l’art. 606 co 1 lett e) cod.
proc. pen. non consente alla Corte di cassazione una diversa lettura dei dati
processuali o una diversa interpretazione delle prove . In altri termini, il
giudice di legittimità, che è giudice della motivazione e dell’osservanza della
legge, non può divenire giudice del contenuto della prova , non
competendogli un controllo sul significato concreto di ciascun elemento
probatorio. Questo controllo è riservato al giudice di merito,essendo
consentito alla Corte regolatrice esclusivamente l’apprezzamento della
logicità della motivazione (cfr,, ex plurimis , Cass. Sez. fer. , n. 36227 del 3-92004 ,Rinaldi , Guida al dir. , 2004 n. 39 , 86; Sez. 5, n.32688 del 5-72004,Scarcella,ivi,2004 , n. 36, 64; Sez. 5, n.22771 del 15-4-2004, Antonelli
,ivi, 2004n. 26, 75).
3. In ordine all’ultimo motivo di ricorso, occorre evidenziare che C. cost. 22-711 n. 231 ( in Cass. pen 2011, 4251) ha dichiarato, come è noto, l’illegittimità
costituzionale dell’art 275 co 3 cod. proc. pen. nella parte in cui ,nel
prevedere che, allorquando sussistano gravi indizi di colpevolezza in ordine al
delitto di cui all’art 74 DPR 309/90 , debba essere applicata la custodia
cautelare in carcere , salvo che vengano acquisiti elementi dai quali risulti
che non sussistono esigenze cautelari , non fa salva , altresì , l’ipotesi in cui vi
siano risultanze specifiche, relative al caso concreto, dalle quali emerga che
le esigenze cautelari possono essere soddisfatte con altre misure . In
quest’ordine di idee, anche la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, ha
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argomentazioni che hanno giustificato la scelta di determinate conclusioni a

affermato che ,pure in relazione ai processi per fatti di criminalità organizzata
, l’assenza di elementi in grado di attestare un concreto rischio di ordine
cautelare impedisce di giustificare la detenzione in carcere dell’accusato per
l’intero processo ( CEDU 3 -3-2009 , Hilgartner c/ Polonia). Legittimamente
dunque il giudice può applicare misure gradate, rivalutando il quadro
cautelare, alla luce della pronuncia costituzionale appena menzionata ( Sez Il
8-1-12 n. 17012 , rv. n. 252733). L’ associazione finalizzata al traffico di
fenomenico né sotto il profilo normativo , l’esistenza di una struttura
organizzativa complessa , essendo una fattispecie “aperta”, idonea a
qualificare in termini di rilevanza penale situazioni fortemente eterogenee,
oscillanti dal sodalizio a vocazione transnazionale all’organizzazione di tipo
“familiare”. Un panorama così variegato impone al giudice di valutare
attentamente ogni singola fattispecie concreta sottoposta al suo esame ,onde
stabilire se le esigenze cautelari possano essere soddisfatte con misure
diverse da quella intramurale , comunque in grado di assicurare l’
allontanamento dell’indiziato dal contesto delinquenziale. In questa
prospettiva , assume rilievo ogni risultanza idonea ad indurre a ritenere
impossibile che il soggetto possa continuare a fornire il suo contributo alla
compagine associativa per conto della quale egli ha operato , con la
conseguenza che, ove ciò non risulti, persiste la presunzione di pericolosità (
Sez VI 14-11-2008 n. 46060, rv. n. 242041; Sez III 12-12-2006 n. 305/07, rv.
n. 235367; Sez V 19-11-2004 n. 48430, rv. n. 231281).
Ogni valutazione , al riguardo , è riservata al giudice di merito e le relative
determinazioni sono insindacabili in sede di legittimità ove siano supportate
da adeguata motivazione ( Cass. 2-8-1996, Colucci , Nuovo dir. 1997, 316;
Cass. 21-7-92, Gardino , C.E.D. Cass. n. 191652; Cass. 26-5-94, Montaperto ,
C.E.D. Cass. n. 199030).Tuttavia l’obbligo di motivazione diviene più intenso
ove la difesa rappresenti elementi idonei, nella sua ottica, a dimostrare
l’insussistenza di esigenze cautelari o la possibilità di soddisfarle con misure
di minore afflittività ( Sez Un. 5-10-94 n. 16, Demitry,, rv. n. 199387 ; Sez I 147-98 , Modeo , Arch. N. proc. Pen. 1999, 214).
3.1.Nel caso di specie, il Tribunale ha evidenziato la complessità, l’estensione
e la pervasività del fenomeno associativo osservato; i suoi segmenti
internazionali; l’estrema mobilità degli indagati sul territorio nazionale ed
estero; la pericolosità degli stessi, denotata, tra l’altro, dal continuo
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stupefacenti non presuppone infatti necessariamente , né sotto il profilo

reperimento di risorse finanziarie ingentissime, finalizzate all’importazione
dello stupefacente, in ragguardevole quantità; gli accorgimenti adoperati per
eludere le attenzioni investigative; gli stretti collegamenti con cittadini
stranieri (alcuni non ancora pienamente identificati), operanti nei paesi di
partenza dei carichi; la vasta portata del programma delittuoso e l’elevato
spessore criminale del fenomeno e dei soggetti investigati, trattandosi di
associazione chiaramente destinata a permanere, al di là della commissione
esigenze cautelari ravvisabili nel caso di specie, tuttora permanenti, possano
essere soddisfatte con una misura diversa da quella custodiale.
3.2.Trattasi di apparato giustificativo adeguato, esente da vizi logico-giuridici
ed aderente alle linee concettuali in tema di motivazione del provvedimento
cautelare appena richiamate, segnatamente in relazione al parametro di cui
all’art 275 cod. proc. pen., in quanto ancorato a specifiche circostanze di fatto
( Cass , Sez 111 , 3-12-2003 n 306/04, Scotti , Guida dir. 2004, n. 17 , 94) e
pienamente idoneo ad individuare , in modo puntuale e dettagliato , gli
elementi atti a denotare l’attualità e la concretezza del pericolo di
reiterazione criminosa, non fronteggia bile con misure meno gravose di quella
disposta ( Cass 24-5-’96, Aloè , C.E.D. Cass. n. 205306); con esclusione di ogni
congettura ( Cass 19-9-95, Lorenzetti , Cass. pen. 1997 , 459) ) e attenta
focalizzazione dei termini dell’attuale ed effettiva potenzialità di
commettere determinati reati , connessa alla disponibilità di mezzi e alla
possibilità di fruire di circostanze che renderebbero altamente probabile la
ripetizione di delitti della stessa specie (Cass. 28-11-1997, Filippi , C.E.D. Cass.
n. 209876; Cass. 9-6-1995, Biancato , C.E.D. Cass. n. 202259).
3.11 ricorso va dunque dichiarato inammissibile, con conseguente condanna
del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro
mille , determinata secondo equità , in favore della Cassa delle ammende. A
norma dell’art. 94, comma 1-ter disp att cod. proc. pen., copia del presente
provvedimento va trasmessa a cura della cancelleria, al direttore dell’istituto
penitenziario in cui il ricorrente è ristretto perché provveda a quanto stabilito
dall’art. 94, comma 1 bis disp att cod. proc. pen.

PQM
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delle singole transazioni illecite.Ne deriva l’impossibilità di concludere che le

DICHIARA INAMMISSIBILE IL RICORSO E CONDANNA IL RICORRENTE AL PAGAMENTO
DELLE SPESE PROCESSUALI E DELLA SOMMA DI E. MILLE IN FAVORE DELLA CASSA
DELLE AMMENDE. MANDA ALLA CANCELLERIA PER GLI ADEMPIMENTI DI CUI
ALL’ART. 94-1/TER DISP. ATT. C.P.P.

Così deciso in Roma , all ‘udienza del 12-12-2014.

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