Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 18480 del 12/12/2014


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 18480 Anno 2015
Presidente: GARRIBBA TITO
Relatore: DI SALVO EMANUELE

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
ZINGHINI VITO FRANCESCO N. IL 18/05/1983
avverso l’ordinanza n. 430/2014 TRIB. LIBERTA’ di REGGIO
CALABRIA, del 16/05/2014
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. EMANUELE DI
SALVO;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott.
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Data Udienza: 12/12/2014

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1. Zinghini Vito Francesco ricorre per cassazione
avverso l’ordinanza del
Tribunale del riesame di Reggio Calabria, in data 16-5-2014 , che ha
confermato l’ordinanza applicativa della misura intramurale, in ordine ad una
pluralità di imputazioni ex artt . 73-80 co 2 DPR 309/90 nonché al delitto di cui
all’ 74 DPR 309/90, relativamente alla partecipazione , con il ruolo di
promotore,organizzatore e finanziatore, ad un’associazione a delinquere
finalizzata all’ importazione dal Sudamerica,alla detenzione e alla cessione di
cocaina. Con le aggravanti della natura transnazionale del reato
e
dell’agevolazione della indrangheta, segnatamente del locale di Natile di
Careri.
2. Il ricorrente deduce, con il primo motivo , violazione dell’art. 407 cod. proc.
pen. , in relazione all’inutilizzabilità degli atti d’indagine compiuti fuori
termine , segnatamente di tutte le intercettazioni telefoniche espletate
nonché degli altri accertamenti effettuati in epoca successiva al 12 ottobre
2012. A tale data infatti scadeva il termine ultimo per l’effettuazione delle
indagini preliminari, poiché l’iscrizione del presente procedimento risale al 12
ottobre 2010. Nel caso di specie , infatti, benché i nominativi dei coindagati
siano stati segretati, occorre rilevare come, in ogni caso, sin dall’anno 2010-e
cioè due anni prima che il nominativo di Zinghini Vito venisse iscritto nel
registro ex art 335 cod. proc. pen.- le utenze in uso al ricorrente erano
sottoposte ad intercettazione. Se ne desume che l’iscrizione del nominativo di
Zinghini Vito è tardiva , atteso che questi già due anni prima era oggetto di
specifici atti di indagine (intercettazioni, pedinamenti, osservazioni),
implicanti l’esistenza di elementi indizianti a carico. Il giudicante pertanto
avrebbe dovuto retrodatare l’iscrizione, ai fini di una corretta determinazione
del termine di durata
delle
indagini
preliminari,
e dichiarare,
conseguentemente, l’inutilizzabilità degli atti di accertamento compiuti oltre
tale termine, non essendo corretto ritenere che la valutazione del giudice
debba rimanere ancorata al solo dato formale relativo all’iscrizione sul
registro degli indagati.
2.1.Con il secondo motivo,
si
deduce violazione di legge e vizio di
motivazione dell’ordinanza impugnata, poiché l’apparato giustificativo di
quest’ultima si sostanzia nella riproduzione dei contenuti motivazionali della
domanda cautelare e le deduzioni difensive vengono radicalmente ignorate.
2.2.In relazione all’imputazione cautelare di cui al capo E ( artt 73-80 co2 I.
stup., 4 I. 146/06 , 7 I. 203/91 ), il Tribunale, in ordine ai criteri di
identificazione del parlatore, nelle conversazioni telefoniche intercettate,fa
riferimento a un riconoscimento vocale non documentato, stante la mancanza
dell’atto procedimentale che ne dovrebbe attestare le modalità, i contenuti e
i

RITENUTO IN FATTO

gli esiti, essendo rimasto dunque sconosciuto, in particolare, l’autore del
riferito riconoscimento.
In merito poi alla dedotta questione della legittimità delle operazioni di
intercettazione espletate relativamente ad un’utenza attivata in territorio
estero, verosimilmente in Perù, in uso ad un cittadino straniero, residente e
dimorante in Perù, e operante sempre all’estero, il Tribunale semplicemente
tace, nonostante non sia giuridicamente possibile acquisire prove all’estero,
se non mediante rogatoria: ciò che, nella specie, non è dato riscontrare, non
essendo stata data neanche comunicazione all’autorità giudiziaria del Perù
delle operazioni di intercettazione. I risultati di queste ultime sono dunque
inutilizzabili.
2.3.In merito al capo F), la Difesa aveva segnalato al Tribunale del riesame sia
l’inesistenza della prova documentale asseritamente comprovante la
partecipazione del ricorrente all’incontro con altri coindagati, atteso che non
è possibile visualizzare dal filmato agli atti alcuna persona nè tantomeno
vedere l’indagato; sia l’inattendibilità degli esiti del servizio di osservazione
espletato dalla polizia giudiziaria, posto che i militari non conoscevano le
fattezze fisiche di Zinghini nè risulta che lo abbiano riconosciuto in caserma,
attraverso uno specifico atto di indagine, debitamente documentato. Anche
questi rilievi non hanno costituito oggetto di effettiva valutazione giudiziale.
2.4.In relazione a capo G), le deduzioni formulate dalla difesa riguardavano
l’attendibilità dei risultati dei servizi di osservazione eseguiti in data 20-21-22
dicembre 2012 ; l’impossibilità di ricondurre all’indagato le comunicazioni
telematiche ( chat) ; l’assenza di correlazione tra il contenuto della chat e il
sequestro dello stupefacente, in Valencia, nell’anno 2013. Anche queste
deduzioni non hanno costituito oggetto di alcune effettiva valutazione da
parte del Tribunale.
2.5.In relazione al capo I, le censure difensive riguardavano : la ricostruzione
“bifasica” del fatto, articolata in due episodi distinti (consegna di 315.000
euro a tale “Pepe”, non meglio identificato, e sequestro di 108 chili di
sostanza stupefacente, in Berra Velha), poiché tale ricostruzione implica la
necessità di individuare una connessione tra i due accadimenti; la
conseguente individuazione del momento consumativo del reato;
l’inesistenza della necessaria correlazione tra la condotta di acquisto
ipotizzata a carico del ricorrente e il ritenuto acquisto di 50 kg di droga da
parte di Radoman , cui fa seguito il sequestro di 118 kg di droga in Brasile; la
dazione di denaro a “Pepe”; la necessità di procedere all ‘individuazione della
“fonte” da cui promanano gli elementi indizianti in ordine alla pretesa stipula
elementi indizianti poiché
dell’accordo criminoso; l’inutilizzabilità di tali
che
desunti dal contenuto delle consuete “intercettazioni internazionali”.
2

,

CONSIDERATO IN DIRITTO

3

queste censure non hanno costituito oggetto di adeguata trattazione da parte
del giudice di merito.
2.6.In relazione al capo L), le doglianze difensive riguardavano l’individuazione
della fonte da cui vengono desunti gli elementi indiziari a carico di Zinghini; la
carenza di prova in ordine alla riconducibilità al ricorrente del contenuto della
comunicazione captata su un apparecchio solitamente in uso a Bifulco; la
carenza di prova in ordine al fatto criminoso, poiché quest’ultima viene
desunta da una non meglio precisata “conferma” da parte della polizia
brasiliana, che oltretutto ha omesso di indicare la condotta che l’indagato
avrebbe tenuto e non ha attribuito a quest’ultimo alcun comportamento
esecutivo del reato. Sul punto, il provvedimento di coercizione personale ha,
singolarmente, motivato per relationem ad un atto non identificabile o
addirittura ad una informazione data verbalmente dalla polizia brasiliana. Il
giudice del riesame si è limitato a copiare la domanda cautelare.
2.7.11 terzo motivo investe l’aggravante della trans nazionalità, poiché tutti i
soggetti indicati quali componenti di compagini associative operanti in
territorio straniero sono pure indicati come membri dell’associazione
criminosa descritta nell’imputazione cautelare ovvero come concorrenti nei
singoli reati fine. Ragion per cui l’assenza della diversità tra autori del reato
transnazionale e membri del gruppo criminale operanti in territorio straniero
esclude la sussistenza dell’aggravante
2.8.il quarto motivo di ricorso attiene invece all’ aggravante di cui all’art . 80 I.
stup., ravvisata sulla sola base del dato ponderale, senza considerare il
mercato di riferimento e la potenziale saturazione del medesimo, per effetto
dell’immissione della sostanza stupefacente nel circuito del consumo.
2.9.11 quinto motivo di ricorso inerisce all’ aggravante di cui all’art 7 I. 203/91,
poiché la disamina dei contenuti dell’unica comunicazione captata indicata dal
giudice, come prova dell’elemento circostanziale, non consente di rilevare la
presenza di riferimenti alla ‘ndrangheta o a una qualche cosca. Né il giudice ha
esplicitato le massime di esperienza attraverso le quali egli, muovendo dal
termine “famiglia”, è pervenuto alla conclusione che quest’ultima sia
un’organizzazione criminale, inquadrabile nella ‘ndrangheta, individuandola
nella cosca “Cua-letto-Pipicella”. Ancor meno il giudice del controllo motiva in
ordine alla conoscenza o all’ignoranza per colpa di tale aggravante, in capo al
ricorrente, nell’ottica delineata dall’art 59 cod. pen.
Si chiede pertanto annullamento dell’ordinanza impugnata.

1. Il primo motivo di ricorso è infondato. Si è infatti ritenuto, in giurisprudenza,
che la disciplina processuale non consenta di attribuire al giudice un potere di
“retrodatazione” dell’iscrizione del nominativo del soggetto, cui la notizia di
reato deve essere attribuita, a far tempo dalla data dell’effettiva emersione,
con la conseguenza di rendere inutilizzabili gli atti di indagine compiuti dopo
la scadenza del termine, così come rideterminato dal giudice. Infatti
l’apprezzamento della tempestività dell’iscrizione, il cui obbligo nasce solo
e non di meri sospetti, rientrando nell’esclusiva valutazione discrezionale del
pubblico ministero, è sottratto, in ordine all’an e al quando, al sindacato del
giudice, ferma restando la configurabilità di ipotesi di responsabilità
disciplinare e addirittura

penale nei confronti del pubblico ministero

negligente. Ne deriva che la ritardata annotazione, sul registro previsto
dall’art. 335 cod. proc. pen., del nome della persona sottoposta ad indagini
non determina l’inutilizzabilità degli atti di indagine compiuti,

poiché il

termine di durata massima delle indagini preliminari, previsto dall’art 407 cod.
proc. pen., decorre, per l’indagato, dalla data in cui il nome è effettivamente
iscritto sul registro delle notizie di reato e non dalla presunta data nella quale
il pubblico ministero avrebbe dovuto iscriverlo ( Sez. U. n. 40538 del 24-92009, Lattanzi , Rv. 244376-77-78; Sez U. 21-6-2000, n. 16, Tammaro, Rv.
216246).
2. Anche il secondo motivo è infondato. Nella motivazione del provvedimento
impugnato vi sono specifici paragrafi , intitolati ,per l’appunto, “Valutazioni
del Collegio”, in cui vengono analizzate le tematiche di natura probatoria e
viene fornita puntuale risposta alle argomentazioni difensive, onde non può
affermarsi che l’apparato giustificativo dell’ordinanza del Tribunale si limiti
alla riproduzione dei contenuti motivazionali della domanda cautelare. In
particolare, in merito al capo E, il Tribunale dà atto che la voce dell’indagato è
stata riconosciuta dai militari operanti. D’altronde, i servizi di osservazione e
pedinamento espletati hanno offerto ampi riscontri, a posteriori, in merito
all’identità del ricorrente.
3. Anche la

censura concernente la legittimità delle operazioni di

intercettazione espletate relativamente ad un’utenza attivata in territorio
estero non ha fondamento. È stata infatti ripetutamente affermata, in
giurisprudenza, la legittimità della tecnica del cosiddetto instradamento, che
comporta la destinazione ad uno specifico “nodo” telefonico, posto in Italia,
4

ove, a carico di una persona, emerga l’esistenza di specifici elementi indizianti

delle telefonate estere, provenienti da una determinata zona, senza che
occorra un’apposita rogatoria internazionale, in quanto l’intera attività di
captazione e registrazione si svolge sul territorio dello Stato ( Cass. , sez. 6 n.
10051 del 3-12-2007, Rv 239459). Tale tecnica comporta infatti il
convogliamento, attraverso un gestore nazionale, delle telefonate provenienti
dall’estero e dirette ad una utenza italiana ovvero in partenza da quest’ultima
e dirette verso utenze estere. Ciò esclude la necessità di promuovere una
si svolge, per intero, sul territorio nazionale (Sez. 4 n. 13206 del 28-2-2008,
Rv. 239288).
4.Nemmeno le censure concernenti i capi F) , G) , I) , L),nonchè l’aggravante
della transnazionalità, quella dell’ingente quantità e quella ex art. 7 I. 203/91
possono trovare accoglimento. Il giudice a quo ha infatti evidenziato, in
relazione all’addebito di cui al capo F, la rilevanza probatoria del contenuto
della conversazione in data 15/11/2012, laddove vi è una chiara ammissione,
da parte dell’indagato, del coinvolgimento nell’episodio delittuoso in
contestazione, non potendo interpretarsi diversamente lo specifico richiamo
ai “110” ovvero ai 110 panetti di cocaina, sequestrati a Gioia Tauro, in data 23
ottobre 2012; la loro rivendicazione; il riferimento al “brasiliano”, ai “borsoni”
e ai “container” ,nonché la paventata necessità di darsi alla fuga, insieme al
fratello Pietro. In ordine al capo G), il giudice a quo ha sottolineato come dalle
indagini espletate sia incontrovertibilmente emerso che l’indagato ha preso
parte, insieme all’inseparabile Bifulco , agli incontri con lo straniero “Pepe”,
puntualmente monitorati dalla polizia giudiziaria operante e finalizzati alla
consegna della “documentazione” all’organizzazione brasiliana fornitrice,
recandosi successivamente in Brasile, con lo stesso Bifulco, al fine di chiarire
con il Tomasin Rivera l’inconveniente dell’avvenuto sequestro, presso il porto
di Valencia, dell’ingente quantitativo di cocaina che sarebbe dovuto giungere,
secondo gli accordi intercorsi, nello scalo portuale di Gioia Tauro. Anche per
quanto attiene al capo I, il Tribunale, all’esito di una accurato esame delle
risultanze acquisite, con particolare riguardo ai contenuti delle conversazioni
intercettate, ha ricostruito analiticamente le modalità dell’operazione nel
contesto della quale il ricorrente, unitamente al Bifulco, dopo aver versato, a
Reggio Calabria, 315.000 euro, aveva individuato in Radoman Vladan il
partner ideale per procedere all’acquisto, in società, di una partita di cocaina,
del peso complessivo di circa 100 chili. E il Tribunale evidenzia come il
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rogatoria internazionale, posto che l’ attività di intercettazione e registrazione

ricorrente abbia partecipato attivamente alle trattative finalizzate all’illecita
importazione, con la consegna , nelle mani di tale “Pepe” , della predetta
somma, versata dall’organizzazione calabrese, a titolo di anticipo per
l’acquisto dell’ingente carico di droga, commissionato all’associazione
brasiliana fornitrice. L’asserto relativo al coinvolgimento del ricorrente è
corroborato altresì da quanto accertato all’esito del sequestro del carico di
cocaina, allorché l’indagato veniva avvertito dal Bifulco di quanto accaduto e
medesimo ogni singolo aspetto della vicenda. In relazione al capo L), il
Tribunale ha posto in rilievo come sia stato proprio lo Zinghini , mentre
interloquiva con Tomasin Rivera, a lasciar intendere l’esistenza di problemi
sorti nella fase di recupero della partita di stupefacente, quantificabile in 80
chili, che “la Directora” aveva fatto pervenire a Gioia Tauro, contando
della coppia Bifulco-Zinghini. Il tutto

appunto sull’appoggio logistico

cementato dalla presenza del ricorrente, insieme al Bifulco, all’incontro
avvenuto in Reggio Calabria, il 6 maggio 2013, con la Stocker, con una duplice
finalità ovvero la cessione di danaro da parte dei calabresi a favore della
donna, quale pagamento per un nuovo carico di stupefacente, e la
pianificazione dello spostamento dalla Calabria verso altre destinazioni di un
precedente carico, ritirato dal ricorrente presso il porto di Gioia Tauro.
4.1.In merito alla aggravante della transnazionalità, il giudice a quo ha posto
in luce come le risultanze probatorie non consentano di ritenere che, nella
fattispecie concreta in disamina, vi sia quell’immedesimazione tra
associazione per delinquere e gruppo criminale transnazionale che esclude, di
per sé, l’applicabilità della predetta aggravante (Sez. U. 31-1-2013, n. 18374).
Ed invero la acclarata compresenza di diverse compagini associative dimostra
come il gruppo organizzato -nel caso di specie implicato in più Stati- trascenda
i contorni delle singole compagini, con la conseguenza che i reati associativi,
pur sviluppandosi in più paesi, non coincidono con il gruppo organizzato, che
assume una dimensione di ben più vasta portata.
4.2.Dai quantitativi oggetto delle illecite transazioni poc’anzi citate,
consistenti in decine di chili di stupefacente, emerge la ravvisabilità
dell’aggravante dell’ingente quantità, conformemente alle indicazioni
enucleabili da Sez. U. 24-5-12, n. 36258, Biondi, (rv. n. 253150), secondo
cui non è, di norma , ravvisabile l’aggravante in disamina allorchè la quantità
sia inferiore a 2000 volte il valore massimo in milligrammi, determinato, per
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specificamente richiesto di incontrarsi con il Radoman, al fine di chiarire al

ogni sostanza, nella tabella allegata al d.m. 11-4-2006, ferma restando la
discrezionale valutazione del giudice del merito quando tale quantità sia
superata.
4.3.In merito alla circostanza aggravante di cui all’art 7 I. 203/91, nella
versione soggettiva di aver agito al fine di agevolare l’attività della cosca di
`ndrangheta Cua-letto-Pipicella, il giudice a quo ha evidenziato come dal
chiaro tenore delle conversazioni intercettate emerga la destinazione dello
comprensorio di Natile di Careri , in cui lo stesso capo dell’organizzazione
criminale, Bifulco , gravitante nell’ambiente della predetta cosca, risiedeva. Ed
è indubbio che il ricorrente avesse quantomeno la consapevolezza, in ragione
della conoscenza della caratura criminale del correo e del rapporto di
cointeressenza illecita, intessuto con il medesimo, che il suo fattivo contributo
alle operazioni di importazione e di smercio della droga ridondasse a
vantaggio della consorteria mafiosa, di cui il Bifulco era espressione.
5.Dalle cadenze motivazionali dell’ordinanza è dunque enucleabile una
attenta analisi della regiudicanda , avendo i giudici del controllo preso in
esame tutte le deduzioni difensive ed essendo pervenuti alla conferma del
provvedimento genetico attraverso un itinerario logico-giuridico in nessun
modo censurabile sotto il profilo della correttezza logica ,e sulla base di
apprezzamenti di fatto non qualificabili in termini di contraddittorietà o di
manifesta illogicità e perciò insindacabili in questa sede . Né la Corte suprema
può esprimere alcun giudizio sullo spessore dimostrativo delle risultanze
procedimentali giacchè questa prerogativa è attribuita al giudice di merito ,
con la conseguenza che le scelte da questo compiute, se coerenti , sul piano
logico , con una esauriente analisi delle acquisizioni probatorie acquisite , si
sottraggono al sindacato di legittimità ( Sez. U. 25-11-1995 , Facchini ,
Rv.203767). E’ poi appena il caso di ricordare , in questa sede, che
l’interpretazione dei contenuti delle conversazioni

intercettate e delle

espressioni usate dagli interlocutori è questione di fatto , rimessa alla
valutazione del giudice di merito e si sottrae al sindacato di legittimità ove le
relative valutazioni siano motivate , come nel caso in disamina, in conformità
ai criteri di logica e alle massime di esperienza ( Cass , Sez. 5 n. 47892 del 1711-2003, Senno, Guida al dir. 2004, n. 10, 98).

7

stupefacente- e dei connessi profitti- alle ndrine di riferimento del

Costituisce d’altronde ius receptum , nella giurisprudenza di questa Corte ,
che il giudice di legittimità , nel momento del controllo della motivazione ,
non deve stabilire se la decisione di merito proponga la migliore ricostruzione
dei fatti né deve condividerne la giustificazione, ma deve limitarsi a verificare
se questa giustificazione sia compatibile con il senso comune e con i limiti di
una plausibile opinabilità di apprezzamento, atteso che l’art. 606 co 1 lett. e)
cod. proc. pen. non consente alla Corte di cassazione una diversa lettura dei
giudice di legittimità , che è giudice della motivazione e dell’osservanza della
legge, non può divenire giudice del contenuto della prova , non
competendogli un controllo sul significato concreto di ciascun elemento
probatorio. Questo controllo è riservato al giudice di merito , essendo
consentito alla Corte regolatrice esclusivamente l’apprezzamento della
logicità della motivazione (cfr,, ex plurimis , Cass. Sez. fer. ,n.36227 del 3-92004 , Rinaldi , Guida al dir., 2004 n. 39, 86; Sez. 5, n.32688 del 5-7-2004,
Scarcella , ivi, 2004, n. 36, 64; Sez. 5, n.22771 del 15-4-2004,Antonelli , ivi,
2004 n. 26, 75). Ne deriva che dedurre vizio di motivazione della sentenza
significa dimostrare che essa è manifestamente carente di logica e non già
opporre alla logica valutazione degli atti effettuata dal giudice di merito una
diversa ricostruzione (Sez. U. 19-6-1996, Di Francesco, Rv. 205621) , come
ha fatto il ricorrente, nel caso in esame .
Il ricorso va dunque rigettato , poiché basato su motivi infondati , con
conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

PQM
RIGETTA IL RICORSO E CONDANNA IL RICORRENTE AL PAGAMENTO DELLE SPESE PROCESSUALI. MANDA
ALLA CANCELLERIA PER GLI ADEMPIMENTI DI CUI ALL’ART. 94-1/TER DISP. ATT. C.P.P.

Così deciso in Roma, all ‘udienza del 12-12-2014.

dati processuali o una diversa interpretazione delle prove . In altri termini , il

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