Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 1848 del 06/12/2012


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 1848 Anno 2013
Presidente: GENTILE MARIO
Relatore: GAZZARA SANTI

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
1) DI NOIA GAETANO N. IL 25/05/1962
avverso la sentenza n. 12688/2009 TRIB.SEZ.DIST. di ANDRIA, del
26/10/2011
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 06/12/2012 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. SANTI GAZZARA
Udito il Procuratore Geperale in persona del Dott. #94‘
che ha concluso per éd,
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4_I 4Lt4.

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

Data Udienza: 06/12/2012

RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di Trani, sezione distaccata di Andria, con sentenza del 26/10/2011, ha
assolto Gaetano Di Noia dal reato di cui all’art, 635 cod. pen., perché il fatto non
sussiste, e lo ha dichiarato colpevole del reato di cui all’art. 30, co. 1, in relazione
all’art. 11, co. 3, lett. a), L. 394/91 e art.3, co. 1, lett. q), dell’allegato A) al d.P.R.
10/3/2004, istitutivo del Parco Regionale dell’Alta Murgia, condannandolo alla pena

Propone ricorso per cassazione personalmente il prevenuto, con i seguenti motivi:
-illegittimità costituzionale dell’art. 593 per violazione degli artt. 3 e 24 della
Costituzione, laddove impedisce la proposizione dell’appello in caso di condanna alla
sola pena dell’ammenda;
-inosservanza e falsa applicazione dell’art. 30 in relazione all’art. 11, co. 3 lett. a) L.
394/91 e art. 3 co. 1 lett q) dell’allegato A) al d.P.R. del 10/3/2004, in quanto il
giudice di merito ha ritenuto la violazione della norma penale non considerando
l’esatta portata della stessa alla luce degli interessi giuridici che essa intende
salvaguardare: nel caso di specie il territorio non ha subito alterazioni di sorta né
danneggiamento, per cui il reato contestato non può ritenersi concretizzato;
-contraddittorietà della motivazione nella parte in cui viene escluso il
danneggiamento alle piante e si afferma la responsabilità del prevenuto per
danneggiamento alla flora esistente nel parco, peraltro in difetto di prova certa della
condotta che il Di Noia avrebbe posto in essere.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
La argomentazione motivazionale, adottata dal Tribunale nel ritenere la
concretizzazione del reato in contestazione e la ascrivibilità di esso al Di Noia, si
palesa logica e corretta.
E’manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 593,
co. 3, cod. proc. pen. per contrasto con gli artt. 3 e 24 della Costituzione, atteso che
la impossibilità di appellare le sentenze con cui viene inflitta la sola pena pecuniaria
non viola il principio di ragionevolezza, dal momento che le situazioni prese in
esame sono radicalmente diverse proprio in ragione della qualità della pena, in

di euro 2.000,00 di ammenda.

quanto, in caso di condanna a pena detentiva, un secondo giudizio di merito trova
giustificazione nella maggiore afflittività della sanzione, derivante da una diversa
valutazione di gravità del reato, effettuata dal Legislatore e, quindi, in definitiva, in
ragioni di politica giudiziaria; non lede il diritto di difesa, né il principio di parità di
trattamento dell’imputato, in quanto, mentre non è costituzionalizzato l’obbligo di
un secondo grado di merito, è comunque garantito con il ricorso per cassazione il
situazioni similari ( Cass. 15/1/2003, n.1552; Cass. 6/2/2001, n. 5063 ).
Con la seconda censura il ricorrente rileva che il giudice di merito è pervenuto ad
affermare la colpevolezza dell’imputato a seguito di una erronea interpretazione
della norma penale in relazione al caso di specie, in cui il territorio non ha subito
alterazioni di sorta, né danneggiamento, con la conseguenza che il reato contestato
non si è concretizzato.
La censura è totalmente priva di pregio.
Dal vaglio di legittimità a cui è stata sottoposta la impugnata pronuncia emerge che
il decidente ha evidenziato che le risultanze delle prove testimoniali forniscono la
prova della ipotesi dell’accusa, assorbiti e qualificati i fatti nel reato di cui all’art. 30,
co. 1, in relazione all’art. 11, co. 3, lett. a), L. 394/91, e art. 3, co. 1 q) dell’Allegato A)
al d.P.R. 10/3/2004, istitutivo del Parco Nazionale dell’Alta Murgia, in quanto il taglio
della vegetazione spontanea, eseguito dal prevenuto, in zona sottoposta a vincolo, è
risultato non autorizzato.
Va osservato che con la fattispecie in esame ( art. 30, co. 1, in relazione all’art. 11, co
3 ) il legislatore ha inteso punire tutte quelle condotte che possono compromettere
il patrimonio naturale dell’area protetta, sotto ogni suo aspetto, con massima tutela
rispetto alla fauna e alla flora ivi presente, inibendo il taglio dei boschi, degli alberi
isolati e della vegetazione spontanea ad eccezione di quanto stabilito dall’art. 6, Co.
1, lett. c), d.P.R. 10/3/2004, riguardante il regime autorizzativo.
Non sussiste, pertanto, contraddittorietà nel discorso giustificativo svolto in
sentenza tra la ritenuta sussistenza della violazione contestata e la esclusione del
reato di danneggiamento, ex art. 635 cod. pen., in quanto con le disposizioni
contenute nella legge quadro sulle aree protette viene prevista una tutela
dell’ambiente ad ampio spettro, salvaguardandone la integrità naturale, non
richiedendosi per la concretizzazione della violazione che la condotta posta in essere

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riesame della vicenda processuale ed in quanto eguale trattamento è riservato a

abbia determinato una modificazione strutturale o funzionale della cosa, elemento
questo individualizzante il reato di danneggiamento.
Del pari inammissibile è da ritenere il terzo motivo di ricorso, in quanto con esso si
tende ad una analisi rivalutativa delle emergenze istruttorie, sulle quali al giudice di
legittimità è precluso procedere a nuovo esame estimativo.

rilevato che non sussistono elementi per ritenere che il Di Noia abbia proposto il
ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, lo
stesso, a norma dell’art. 616 cod. proc.pen., deve, altresì, essere condannato al
versamento di una somma, in favore della Cassa delle Ammende, equitativamente
determinata, in ragione dei motivi dedotti,nella misura di euro 1.000,00.
P. Q. M.
La Corte Suprema di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso e condanna il
ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento in favore della
Cassa delle Ammende della somma di euro 1.000,00.
Così deciso in Roma il 6/12/2012.

Tenuto conto della sentenza del 13/6/2000, n. 186, della Corte Costituzionale, e

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