Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 18474 del 11/04/2018


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Penale Ord. Sez. 4 Num. 18474 Anno 2018
Presidente: IZZO FAUSTO
Relatore: MONTAGNI ANDREA

ORDINANZA
sul ricorso proposto da:

DEFILIPPI PAOLO CHRISTIAN nato il 18/04/1978 a GENOVA

avverso la sentenza del 07/02/2018 del GIUDICE UDIENZA PRELIMINARE di
GENOVA
sentita la relazione svolta dal Consigliere ANDREA MONTAGNI;

Data Udienza: 11/04/2018

RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Defilippi Paolo Christian ha proposto ricorso per cassazione avverso la
sentenza del G.i.p. del Tribunale di Genova indicata in epigrafe, resa ai sensi
dell’art. 444 cod. proc. pen., con la quale è stata applicata la pena concordata dalle

L’esponente deduce il vizio motivazionale per la mancata valutazione dei
presupposti legittimati l’adozione di sentenza liberatoria ai sensi dell’art. 129 cod.
proc. pen.

2. Sussistono i presupposti per dichiarare l’inammissibilità del ricorso senza
formalità, ai sensi dell’art. 610, comma 5-bis, cod. proc. pen.
Come noto, questa Suprema Corte ha ripetutamente affermato il principio in
base al quale l’obbligo della motivazione della sentenza non può non essere
conformato alla particolare natura giuridica della sentenza di patteggiamento: lo
sviluppo delle linee argomentative è necessariamente correlato all’esistenza
dell’atto negoziale con cui l’imputato dispensa l’accusa dall’onere di provare i fatti
dedotti nell’imputazione. Ciò implica che il giudizio negativo circa la ricorrenza di
una delle ipotesi di cui all’art. 129 cod. proc. pen. deve essere accompagnato da
una specifica motivazione solo nel caso in cui dagli atti o dalle deduzioni delle parti
emergano concreti elementi circa la possibile applicazione di cause di non
punibilità, dovendo invece ritenersi sufficiente, in caso contrario, una motivazione
consistente nella enunciazione, anche implicita, che è stata compiuta la verifica
richiesta dalla legge e che non ricorrono le condizioni per la pronunzia di
proscioglimento ex art. 129 cod. proc. pen. (Sez. U, sentenza n. 5777 del
27.03.1992, dep. 15.05.1992, Di Benedetto, Rv. 191135; Sez. U, sentenza n.
10372 del 27.09.1995, dep. 18.10.1995, Serafino, Rv. 202270). Tale orientamento
è stato concordemente accolto dalla giurisprudenza successiva. Anche per ciò che
riguarda gli altri tratti significativi della decisione, che riguardano precipuamente la
qualificazione giuridica del fatto, la continuazione, l’esistenza e la comparazione
delle circostanze, la congruità della pena e la sua sospensione, la costante
giurisprudenza di questa Corte, nel solco delle enunciazioni delle Sezioni unite, ha
affermato che la motivazione può ben essere sintetica ed a struttura enunciativa,
purché risulti che il giudice abbia compiuto le pertinenti valutazioni. Né l’imputato
può avere interesse a lamentare una siffatta motivazione censurandola come /
insufficiente e sollecitandone una più analitica, dal momento che la statuizione del
giudice coincide esattamente con la volontà pattizia del giudicabile. D’altra parte,
2

parti, in ordine al reato di cui all’art. 73, d.P.R. n. 309/1990.

attesa la natura pattizia del rito, chi chiede la pena pattuita rinuncia ad avvalersi
della facoltà di contestare l’accusa. Ne consegue, come questa Suprema Corte ha
più volte avuto modo di affermare, che l’imputato non può prospettare con il
ricorso per cassazione censure che coinvolgono il patto dal medesimo accettato.
Del resto, nella sentenza impugnata, il giudicante ha espressamente osservato che
gli elementi emergenti dalla comunicazione della notizia di reato – e le stesse
dichiarazioni confessorie rese dal prevenuto in sede di convalida dell’arresto –

art. 129 cod. proc. pen.

3. Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso segue la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di C 4.000,00 in
favore della Cassa delle Ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di C 4.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in data 11 aprile 2018.
Il Consigliere estensore
Andrea Montagni

escludevano la sussistenza dei presupposti per una sentenza di proscioglimento ex

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