Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 1847 del 06/12/2012


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 1847 Anno 2013
Presidente: GENTILE MARIO
Relatore: AMORESANO SILVIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
1) Rossi Eduardo

nato il 20.2.1964

avverso l’ordinanza del 9.3.2012
della Corte di Appello di Campobasso
sentita la relazione svolta dal Consigliere Silvio Amoresano
sentite le conclusioni del P.G., dr. Aldo Policastro, che ha
chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso
sentito li difensore, aw. Immacola Petrarca, che ha chiesto
raccoglimento del ricorso

Data Udienza: 06/12/2012

RITENUTO IN FATTO

2.Ricorre per Cassazione Rossi Eduardo, denunciando, con il primo motivo, la
inosservanza o erronea applicazione della legge penale processuale
Le sentenze delle Sezioni Unite n.7902/95 e 19087/2006, risolvendo il contrasto
giurisprudenziale esistente, hanno riconosciuto l’appellabilltà delle sentenze che
abbiano applicato la pena dell’ammenda in sostituzione della pena detentiva.
All’imputato era stata contestata, oltre la violazione dell’art.4 lett.c) e
dell’art.389 sub c) DPR 547/1995 (capo a), anche quella di cui agli artt.399 e
389 sub c) DPR 547/1955, sanzionata con la pena congiunta dell’arresto e
dell’ammenda. Sicchè sostanzialmente la pena dell’ammenda era stata applicata
in sostituzione di quella detentiva.
L’impugnazione non era, poi, certamente inammissibile, deducendosi con il
secondo motivo la violazione di legge con riferimento alla insussistenza della
condizione di procedibilità dell’azione penale (non essendo stato regolarmente
notificato l’invito a regolarizzare la posizione con il pagamento della sanzione
pecuniaria).

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Non c’è dubbio che la sentenza con cui sia stata applicata la pena
dell’ammenda in sostituzione di quella detentiva debba ritenersi appellabile ai
sensi dell’art.593 c.p.p., irrilevante dovendosi considerare la conversione della
pena detentiva.
Già con la sentenza n.7902 del 3.2.1995 le Sezioni Unite di questa Corte
avevano affermato il principio che l’impugnazione esperibile avverso sentenza di
condanna per contravvenzione per la quale sia stata inflitta la sola pena
dell’ammenda, in tutto o in parte come sanzione sostitutiva dell’arresto, è
l’appello e non il ricorso per cassazione.
La giurisprudenza successiva ha costantemente ribadito tale principio (cfr.
Cass.sez.1 n.11998 del 4.12.1995; Cass.sez. 1 n.5861 del 12.12.2000,
Cass.sez.5 n.14295 del 28.9.2001; Cass.sez.1 n.19087 del 9.5.2006),
evidenziando, in particolare, che la sentenza di condanna a sanzione pecuniaria
sostitutiva di pena detentiva è appellabile, sia perché sussiste la possibilità di
revoca del beneficio ai sensi dell’art.72 L.689/81, sia in quanto non è
ammissibile il sacrificio del secondo grado del giudizio (così Cass.pen.sez.3
n.14241 dell’8.11.1999) e facendo riferimento l’art.593 comma terzo
cod.proc.pen. alle sole sentenze di condanna a pena originariamente prevista
come ammenda (Cass.sez.1 n.10735 del 5.3.2009).
2. Nel caso di specie, però, le contravvenzioni ascritte erano sanzionate
dall’art.399 co.2 DPR 547/2005, come modificato dall’art.26 co.4 del D.L.vo
n.758/1994) con la pena alternativa dell’arresto o dell’ammenda (e tale pena
alternativa è prevista anche dall’art.88 D.L.vo n.106/2009 che ha modificato

1. Con ordinanza in data 9.3.2012 la Corte di Appello di Campobasso dichiarava
inammissibile l’appello proposto da Rossi Eduardo awerso la sentenza emessa il
261.0.2010 dal Tribunale di Isernia, in composizione monocratica.
Rilevava la Corte territoriale che la sentenza del Tribunale, con la quale il Rossi
era stato condannato alla pena di euro 1.600,00 di ammenda per il reato di cui
all’art.4 lett.c) e 389 sub c) DPR 547/1955, era inappellabile ex art.593 co.3
c.p.p., e che l’impugnazione era inammissibile essendo state sollevate questioni
di merito, per cui non poteva procedersi alla qualificazione della stessa come
ricorso per cassazione ex art.568 co.5 c.p.p.

3. Erroneamente la Corte territoriale ha ritenuto, però, di poter esaminare il
“merito”, al fine di valutare se la proposta impugnazione contenesse motivi di
legittimità ex art.606 c.p.p.
La stessa Corte territoriale ha richiamato l’art.568 c.5 c.p.p., secondo cui
l’impugnazione è ammissibile indipendentemente dalla qualificazione a essa data
dalla parte che l’ha proposta, ma ha omesso di considerare che l’ultima parte
della norma richiamata prevede espressamente che “se l’impugnazione è
proposta a un giudice incompetente questi trasmette gli atti al giudice
competente”.
E, secondo la giurisprudenza ormai pacifica di questa Corte, se un
provvedimento giurisdizionale è impugnato dalla parte interessata con un mezzo
di gravame diverso dal tipo (unico) legislativamente prescritto e/o proposto
dinanzi a giudice incompetente, Il giudice adito- prescindendo da qualsiasi
indagine valutatIva in ordine alla indicazione di parte, se frutto cioè, di errore
ostativo o di scelta deliberata- deve limitarsi semplicemente, a norma della
regola iuris dettata dall’art. 568 comma 5 c.p.p., a prendere atto della voluntas
impugnationis (elemento minimo questo che dà esistenza giuridica all’atto e
lascia impregiudicata la sua validità) e a trasmettere gli atti al giudice
competente. Tale fenomeno è dommaticamente inquadrabile nella categoria
dell’esatta qualificazione giuridica dell’atto, ed il potere di procedere a tale
qualificazione e di accertare l’esistenza dei requisiti di validità dell’atto è riservato
In via esdusiva al giudice competente a conoscere, secondo la previsione del
sistema delineato dal codice, sia dell’ammissibilità che della fondatezza
dell’impugnazione ( Cass.Sez.Un. 11 settembre 2002 n.30326). L’unico limite
airoperatività dell’art.568 comma 5 c.p.p. è costituito dall’inoppugnabilità del
provvedimento, la quale concettualmente esclude qualunque possibilità di
diversa qualificazione del gravame eventualmente proposto (dr.Sez.Un.cit.).
La giurisprudenza successiva, a parte qualche isolata decisione (v. Cass. sez. 5
n.35442 del 3.7.2009) si è ormai attestata sull’indirizzo delineato dalle Sezioni
Unite con la sentenza n. 30326/2002 sopraindicata (dr. ex multls Cass. Sez. 3
n.2469 del 30.11.2007; Cass. Sez. 5 n.21581 del 28.4.2009).
L’ ordinanza impugnata va, pertanto, annullata senza rinvio.
4. A parte la fondatezza del ricorso sul punto, l’appello “originario”, proposto
avverso la sentenza del Tribunale di Isernia, da qualificare come ricorso per
cassazione, non riguardava soltanto, come assume la Corte territoriale, questioni
di merito.
Con il secondo motivo si eccepiva la violazione dell’art.20 D.Lgs 758/1994; si
assumeva invero che mancava la prova della regolare notifica al Rossi dell’invito
a pagare la sanzione amministrativa e che quindi non ricorreva la condizione di
procedibilità dell’azione penale.
Stante la forza propulsiva dell’atto di impugnazione è consentito dichiarare ex
art.129 co.1 c.p.p. la prescrizione anche se maturata successivamente
all’emissione (26.10.2010) della sentenza del Tribunale di Isernia.
Il termine massimo di prescrizione di anni 5 è maturato, infatti, il 29.12.2011,
essendo stati i reati accertati in data 29.12.2006.
Non ricorrono, invece, le condizioni per un proscioglimento nel merito ex art.129
cpv. per quanto già evidenziato dal Tribunale.
Come ribadito dalle Sezioni Unite di questa Corte, con la sentenza n.35490 del
28.5.2009, “In presenza di una causa di estinzione del reato il giudice è
legittimato a pronunciare sentenza di assoluzione, a norma dell’art.129

3

l’art.159 D.L.vo n.81/2008).
Il Tribunale quindi non ha operato alcuna conversione, ma ha semplicemente
applicato la sola pena dell’ammenda (in alternativa a quella dell’arresto).
La sentenza, quindi, non era appellabile ai sensi dell’art.593 c.p.p.

2.

comma secondo cod.proc.pen., soltanto nei casi in cui le circostanze idonee ad
escludere l’esistenza del fatto, la commissione del medesimo da parte
dell’imputato e la sua rilevanza penale emergano dagli atti in modo
assolutamente non contestabile, così che la valutazione che il giudice deve
compiere al riguardo appartenga più al concetto di “constatazione”, ossia di
percezione “ictu oculi”, che a quello di “apprezzamento” e sia quindi
incompatibile con qualsiasi necessità di accertamento o di approfondimento”. Le
sezioni unite hanno ribadito, altresì, che, in presenza di una causa di estinzione
del reato, non sono rilevabill in sede di legittimità, né vizi di motivazione, né
nullità di ordine generale (cfr-sent.n35490/2009 cit.).

Annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata, nonché la sentenza del Tribunale di
Isernia in data 26.10.2010 per essere i reati estinti per prescrizione.
Così deciso in Roma il 6.12.2012

P. Q. M.

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