Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 18461 del 17/02/2015


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 18461 Anno 2015
Presidente: CONTI GIOVANNI
Relatore: MOGINI STEFANO

SENTENZA
Sul ricorso proposto da
FERLITO ANDREA, nato a Catania il 19.12.1975
avverso la sentenza emessa dalla Corte d’Appello di Ancona il 5 novembre 2012;
visti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso;
udita la relazione del consigliere Dott. Stefano Mogini;
udito il sostituto procuratore generale Paolo Canevelli che ha chiesto rettificarsi la pena in
anni uno di reclusione ed Euro 9000 di multa, rigetto nel resto.
Ritenuto in fatto
1. Con la sentenza in epigrafe la Corte d’Appello di Ancona ha confermato la sentenza del
giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Ancona che, ad esito di giudizio abbreviato,
aveva condannato Ferlito Andrea, previo riconoscimento dell’ipotesi lieve di cui all’art. 73
comma 5 I.s., alla pena di anni uno e mesi sei di reclusione ed Euro 6000 di multa per i delitti
di detenzione di cocaina e hashish a fini di spaccio e resistenza a pubblico ufficiale.

Data Udienza: 17/02/2015

Considerato in diritto
1. Andrea Ferlito ricorre tramite il suo difensore di fiducia censurando la sentenza sopra
richiamata per violazione di legge con riferimento alla prevalenza che la Corte territoriale ha
attribuito al dispositivo della sentenza di primo grado sulla parte motiva dello stesso
provvedimento. La discrasia tra dispositivo e motivazione di quella sentenza dipende nel caso
di specie da un errore materiale relativo all’indicazione della pena nel dispositivo, errore

procedimento seguito dal giudice per determinare la pena (pena finale risultante dalla
motivazione della sentenza di primo grado: anni uno di reclusione e 6000 Euro di multa; pena
risultante dal dispositivo della sentenza di primo grado: anni uno e mesi sei di reclusione ed
Euro 6000 di multa).

1.1 Con il secondo motivo di ricorso il ricorrente lamenta invece mancanza di motivazione
in ordine al motivo d’appello con cui si faceva l’assenza di indizi di colpevolezza in ordine al
delitto di detenzione a fini di spaccio di stupefacenti.

1.2 Con il terzo motivo il ricorrente deduce infine mancanza di motivazione in ordine alla
denegata applicazione della circostanza esimente di cui all’art. 4 D.L. Lgt. 288/1944 al reato di
resistenza a pubblico ufficiale contestato al capo c) della rubrica.

2. Il secondo e il terzo motivo di ricorso risultano preclusi in questa sede, in quanto
sollecitano una diversa valutazione di merito in punto di colpevolezza per il delitto di cui all’art.
73 I.s. e di sussistenza dell’esimente di reazione legittima ad atti arbitrari del pubblico ufficiale,
laddove la motivazione della sentenza impugnata è al riguardo del tutto adeguata e immune da
vizi logici e giuridici (cfr. p. 3 della sentenza sul primo punto, ove precisi riferimenti agli indizi
dai quali la Corte desume l’insussistenza di un uso personale, e p. 4, circa l’assoluta mancanza
di riscontri alla pretesa sussistenza della scriminante).

2.1 II primo motivo di ricorso è invece fondato. Va ribadito a tale riguardo il principio, più
volte affermato dalla giurisprudenza di questa Corte, secondo cui “nell’ipotesi in cui la discrasia
tra dispositivo e motivazione della sentenza dipenda da un errore materiale relativo
all’indicazione della pena nel dispositivo e dall’esame della motivazione sia chiaramente
ricostruibile il procedimento seguito dal giudice per determinare la pena, la motivazione
prevale sul dispositivo con la conseguente possibilità di rettifica dell’errore secondo la
procedura di cui all’art. 619 c.p.p. (Sez. 6, n. 8916 del 7.3.2011).
Peraltro, con l’articolo 2 D.L. 23 dicembre 2013 n. 146, come modificato qoad poenam dal D.L.
n. 36/2014 convertito con L. 79/2014, è stata configurata per i fatti previsti dal comma 5
dell’articolo 73 D.P.R. 309/1990 un’autonoma figura di reato. Il più favorevole trattamento
2

9,91

risultante chiaramente dall’esame della motivazione, nella quale viene descritto il

punitivo previsto dall’attuale articolo 73 comma 5 (L. 79/2014) impone la rideterminazione
della pena per i casi giudicati anteriormente alla riforma, quand’anche la pena inflitta rientri
nella forbice edittale vigente.
Alla luce di quanto fin qui esposto si rende necessario l’annullamento della sentenza impugnata
con rinvio degli atti alla Corte d’Appello di Perugia perché proceda a nuovo esame sul
trattamento sanzionatorio, anche con riferimento alla specifica censura enunciata dalla
ricorrente, colmando – nella piena autonomia dei relativi apprezzamenti di merito ed in

P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata sul trattamento sanzionatorio e rinvia sul punto per nuovo
giudizio alla Corte d’Appello di Perugia. Rigetta nel resto il ricorso.
Così deciso il 17 febbraio 2015.

applicazione del principio di diritto sopra enunciato – le indicate lacune e discrasie.

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