Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 18458 del 09/04/2013


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 18458 Anno 2013
Presidente: GIORDANO UMBERTO
Relatore: BARBARISI MAURIZIO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Spavone Ciro

n. il 22 gennaio 1976

avverso
l’ordinanza 11 aprile 2012 — Tribunale di Milano;
sentita la relazione svolta dal Consigliere dott. Maurizio Barbarisí;
lette le conclusioni scritte del rappresentante del Pubblico Ministero, sostituto Pro-

curatore Generale della Corte di Cassazione, che ha chiesto la declaratoria di inammissibilità del ricorso con condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali e al versamento di una somma alla Cassa delle Ammende;

Data Udienza: 09/04/2013

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE – Prima Sezione penale

Ritenuto in fatto
1. — Con ordinanza deliberata in data 11 aprile 2012, depositata in cancelleria il
13 aprile 2012, il Tribunale di Milano rigettava l’istanza avanzata nell’interesse di
Spavone Ciro volta a ottenere l’applicazione della disciplina della continuazione ai
sensi dell’art. 671 cod. proc. pen. in relazione alle condanne ivi indicate (sentenza
del Giudice dell’Udienza preliminare del Tribunale di Milano In data 8 maggio 2008

per il reato di cui all’art. 73 D.P.R. 309/90 commi 1, 1-bis e 6 commesso in Milano
e Pieve Emanuele dal 9 al 30 dicembre 2004 e sentenza del Giudice delle indagini
preliminari del Tribunale di Milano 8 novembre 2007 che condannava il prefato alla
pena di anni quattro ed euro 14.000,00 per il reato di cui all’art. 73 D.P.R. 309/90
commesso in Rozzano dal maggio 2001 all’estate del 2003).
Il giudice argomentava la propria decisione rilevando l’insussistenza delle condizioni per il riconoscimento dell’unicità del disegno criminoso, stante la non contiguità temporale e la diversità dei fatti accertati di cui alle sentenze recate nell’istanza.
2. — Avverso il citato provvedimento, tramite il proprio difensore, ha interposto
tempestivo ricorso per cassazione Spavone Ciro chiedendone l’annullamento per
violazione di legge e vizi motivazionali.
In particolare il ricorrente rilevava l’inosservanza o erronea applicazione degli
artt. 81 cpv. cod. pen. e 671 cod. proc. pen. nonché la mancanza o manifesta illogicità della motivazione, ex art. 606 comma primo lett. b), c) ed e) cod. proc. pen.;
la decisione impugnata era priva di un’adeguata motivazione in ordine alla affermata insussistenza della invocata medesimezza del disegno criminoso e non era stato
tenuto conto del fatto che si trattava del medesimo tipo di reato (art. 73 D.P.R.
309/90) avendo il prefato ceduto cocaina in quantitativi compresi fra i 50 e i 250
grammi nello stesso hinterland milanese in periodi di tempo contigui, come emerso
del resto dalle dichiarazioni di due collaboratori di giustizia che lo avevano additato
come soggetto dedito all’uso e allo spaccio di sostanze stupefacenti nel milanese.
2.1 — Con motivi nuovi, ai sensi dell’art. 611 cod. proc. pen., depositati in cancelleria il 26 marzo 2013, il difensore di Spavone Ciro ha ripreso e approfondito le
doglianze già espresse in ricorso, insistendo per raccoglimento delle medesime.

Ud. in c.c.: 9 aprile 2013 — Spavone Ciro —I2G: 28768/12, RU: 5;

che condannava il prefato alla pena di anni tre, mesi quattro ed C 24.000 di multa

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE – Prima Sezione penale

Osserva in diritto
3. — Il ricorso è manifestamente infondato e deve essere dichiarato inammissibile con ogni dovuta conseguenza di legge.
3.1 — Il Giudice dell’esecuzione ha per vero fatto corretta applicazione delle
norme di legge e dei principi più volte affermati da questa Corte (v. Cass., Sez. 1, 7

gettive ad integrare l’identità del disegno criminoso di cui all’art. 81 cpv. cod. pen.
e che, del pari, è consolidata l’affermazione della radicale diversità dell’identità della
spinta criminosa o del movente pratico Individuatone alla base di plurime violazioni
della legge penale rispetto alla medesimezza del disegno criminoso che deve ce-

mentare i vari episodi di un reato continuato; è da ritenersi altresì consolidato il
principio secondo cui all’istante incombe un onere di allegazione di elementi specifici e concreti da cui desumere la fondatezza o meno dell’assunto (Cass., Sez. 5, 4
marzo 2004, n. 18586, rv. 229826; conformi ex plurimis Cass. n. 5518 dei 1995; n.
77 del 1995; n. 4437 del 1994; n. 898 del 1993), irrilevante essendo, in difetto di
tali dati sintomatici, il mero riferimento alla relativa contiguità cronologica o all’analogia criminogena dei diversi fatti, indici, per lo più, come ritenuto nella specie, di
abitualità criminosa e di scelte di vita ispirate alla sistematica e contingente consumazione di illeciti penali piuttosto che di attuazione di un medesimo progetto criminoso, unitariamente concepito e deliberato, sia pure nelle sue linee essenziali.
3.2. — Ciò posto, il Collegio osserva che il ricorso, più che individuare singoli
aspetti del provvedimento impugnato da sottoporre a censura, tende a provocare
una nuova, non consentita rivalutazione delle circostanze di fatto, che, in quanto
tale, è insindacabile in questa sede di legittimità, mentre il provvedimento gravato,
nella carenza di allegazione da parte dell’istante di elementi concreti da cui dedurre
la medesimezza del disegno criminoso, presupposto indefettibile per l’applicazione
dell’istituto invocato, ha correttamente motivato il diniego dell’istanza. è stato infatti evidenziato, tra l’altro, la non contiguità temporale dei fatti illeciti e la loro commissione in luoghi e con modalità differenti (commesso da solo l’uno, con sodali
l’altro). Il giudice ha inoltre valutato in modo analitico il contenuto delle diverse
sentenze indicate in ricorso pervenendo alla conclusione, all’esito della compiuta
disamina delle stesse decisioni, con motivazione congrua, adeguata e priva di erronea applicazione delle leggi penale e processuale, della sussistenza di un’ostatività
(non superabile) al riconoscimento della continuazione.

Ud. In c.c.: 9 aprile 2013 — Spavone Ciro — RG: 28768/12, RU: 5;

3

aprile 2004, n. 18037, Tuzzeo, rv. 229052) circa l’inidoneità di mere situazioni sog-

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE – Prima Sezione penale

4. — Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue di diritto la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi indicativi dell’assenza di colpa (Corte Cost., sent. n. 186 del 2000), al versamento della somma di C 1.000,00 (mille) alla Cassa delle Ammende.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di C 1.000,00 (mille) alla Cassa delle
Ammende.
Così deciso in Roma, in camera di consiglio, il 9 aprile 2013

Il C nsigliere estensore

Il Presidente

per questi motivi

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