Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 18454 del 01/07/2014


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 18454 Anno 2015
Presidente: GARRIBBA TITO
Relatore: PAOLONI GIACOMO

SENTENZA
sul ricorso proposto da
CASALI Dario, nato a Calcinate (BG) il 10/03/1976,
avverso la sentenza del 27/11/2013 della Corte di Appello di Milano;
esaminati gli atti, il ricorso e la sentenza impugnata;
udita la relazione del consigliere Giacomo Paoloni;
udito il pubblico ministero in persona del sostituto Procuratore generale Francesco Mauro
Iacoviello, che ha concluso per l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata
perché il fatto non sussiste.

FATTO E DIRITTO
1. Con sentenza in data 27.12.2011 la Corte di Appello di Milano, accogliendo il
gravame del pubblico ministero avverso la sentenza di proscioglimento del Tribunale di
Como del 10.5.2011, ha dichiarato Dario Casali colpevole dei delitti di concorso: A) in
rapina aggravata commessa il 7.9.2009 in danno della filiale di Olgiate Comasco della
banca Ca.Ri.Ge., in cui in tre -a volto semicoperto e minacciando funzionari e clienti con
una pistola- si impossessavano della somma di euro 50.000, dandosi poi alla fuga con un
terzo complice in attesa all’esterno della banca su un’autovettura rubata; B) in
detenzione e porto illegali e aggravati della pistola utilizzata per commettere la rapina; C)
in furto aggravato della vettura Fiat Uno rubata prima della rapina e impiegata per la

Data Udienza: 01/07/2014

successiva fuga. Per l’effetto la Corte distrettuale ha condannato il Casali, unificati sotto il
vincolo della continuazione i reati ascrittigli e tenuto conto della contestata recidiva
reiterata specifica, alla pena di sette anni di reclusione ed euro 2.400 di multa.
2. Adita dal ricorso per cassazione dell’imputato, questa Corte con sentenza del
5.4.2013 (Sezione 2, n. 25943/2013), dichiarate inammissibili le censure concernenti i
contestati reati di rapina e di furto, così determinando il passaggio in giudicato delle
relative statuizioni, ha annullato con rinvio la sentenza impugnata limitatamente ai fatti

una pistola. Annullamento determinato dal rilevato difetto di motivazione della sentenza
di appello con riguardo agli elementi dimostrativi della autenticità come arma (e non
pistola giocattolo) della pistola utilizzata per commettere la rapina (unica presunta arma
da sparo impiegata dai tre rapinatori entrati nella filiale bancaria).
3. Giudicando in sede di rinvio, la Corte di Appello di Milano (diversa sezione) con
la sentenza del 27.11.2013 indicata in epigrafe ha “ribadito” (rectius riformando in parte
qua la sentenza assolutoria di primo grado) la penale responsabilità del Casali per i fatti
criminosi ascrittigli con il capo B) della rubrica, considerando oggetto della detenzione e
del porto illegali della pistola usata durante la rapina un’arma vera. Per l’effetto ha
confermato l’aumento di pena ex art. 81 co. 2 c.p., pari ad otto mesi di reclusione ed
euro 200 di multa, inflitto con la precedente sentenza di appello al Casali, così reiterando
la complessiva pena (reato più grave quello di rapina) di sette anni di reclusione ed euro
2.400 di multa.
La Corte ambrosiana ha affermato la responsabilità dell’imputato per i fatti di cui
all’imputazione sub B), deducendo la natura di vera arma da fuoco della pistola utilizzata
nel corso della rapina alla filiale Ca.Ri.Ge. di Olgiate Comasco il 7.9.2009 in base ai
seguenti e concatenati elementi di prova storica e logica:
• il 13.10.2009 nella perquisizione domiciliare eseguita nei confronti di Casali sono
stati rinvenuti oggetti atti al travisamento e un’arma (pistola) identici a quelli utilizzati sia
nella rapina di Olgiate Comasco, sia in altra rapina (in danno del Credito Cooperativo
Romagna Est) commessa appena quattro giorni dopo a Savigliano sul Rubicone
(11.9.2009), anch’essa ascritta in separata sede al Casali;
• tra le armi in possesso del Casali non sono state reperite pistole giocattolo;
• giusta la testimonianza resa dal tenente CC Raffaele Romano, il rapinatore che è
entrato nella banca il 7.9.2009, impugnando una pistola con cui ha minacciato gli astanti,
deve attendibilmente identificarsi proprio nel Casali, atteso che dalla comparazione dei
fotogrammi estrapolati dalle videoriprese interne delle due agenzie bancarie la persona
del rapinatore armato corrisponde ai tratti fisici di uno dei rapinatori descritti dai
testimoni oculari, i quali hanno altresì rilevato analogie tra la pistola impugnata dal
rapinatore e una delle due pistole nere semiautomatiche sequestrate a casa dell’imputato

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criminosi di cui al capo B) della rubrica, integrati dalla detenzione e dal porto illegali di

(con altre armi e indumenti atti al travisamento, inclusa una parrucca pure indossata da
uno tre rapinatori entrati nella banca di Olgiate Comasco);
• la testimonianza dell’impiegata della banca di Olgiate, Sandra Cantoni, che
avrebbe notato una “sbeccatura” sull’ultimo pezzo dell’arma (“sembrava come se fosse
rotto”), non fa velo alla più qualificata deposizione del tenente Romano, segnatamente se
correlata anche al “profilo criminale” del Casali, condannato per numerose altre rapine
commesse sempre con vere armi da fuoco (come si desume dai suoi trascorsi penali).

Dario Casali, che con unico articolato motivo ha denunciato l’erronea applicazione degli
artt. 2, 4 e 7 Legge 895/1967 e la manifesta illogicità della motivazione.
Erroneamente la Corte di Appello ha valorizzato la consumazione della seconda
rapina avvenuta in data 11.9.2009 come fonte di riscontro della autenticità dell’arma
usata nella rapina del 7.9.2009, trascurando di rilevare che la rapina di Savigliano sul
Rubicone è stata commessa senza l’uso di specifiche armi da fuoco.
L’assunto per cui la pistola impugnata dal rapinatore (vuolsi Casali) il 7.9.2009 sia
“identica” ad una delle pistole trovate a casa dell’imputato è puramente assertivo, perché
basato su taluni sfuocati fotogrammi del sistema video della banca e sulle dichiarazioni
dei testimoni presenti, certamente non esperti di armi. Sicché è possibile istituire soltanto
una generica “similitudine” con una delle pistole detenute dal Casali.
Alla testimonianza del tenente Romano sul rinvenimento a casa dell’imputato di
due pistole semiautomatiche “identiche per descrizione e forme” a quella utilizzata nella
rapina (il che non basta per sostenere che la pistola in concreto usata fosse vera e non
una pistola giocattolo, di solito in tutto simile a quelle vere) si contrappone la
testimonianza dell’impiegata Cantoni, che ha spiegato per quale motivo la pistola non le
sembrasse vera per la presenza di una sbeccatura sulla canna. Evenienza che non può
essere svilita dal riconosciuto stato di agitazione della donna al momento dell’episodio
criminoso, quando si rifletta che il tenente Romano ha visionato l’arma del rapinatore
soltanto attraverso dei fotogrammi, mentre la Cantoni l’ha osservarla da vicino.
5. Il ricorso presentato nell’interesse di Dario Casali deve essere dichiarato
inammissibile per indeducibilità e infondatezza manifesta degli illustrati profili di critica.
Con gli stessi si delinea una rivalutazione meramente fattuale delle fonti di prova
pur compiutamente analizzate in tutti i loro aspetti sequenziali dall’impugnata sentenza di
appello. Rivisitazione che è estranea al giudizio di legittimità e che conclama la congiunta
palese inconsistenza delle censure, avuto riguardo all’assoluta linearità e logicità della
decisione, pienamente aderente ad una meticolosa disamina di tutte le emergenze
processuali e dei loro rispettivi referenti storici.
Innanzitutto non ha pregio la doglianza sul presunto errore materiale in cui
sarebbe incorsa la Corte di Appello con il ritenere anche la rapina avvenuta quattro giorni

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4. L’illustrata sentenza di rinvio è stata impugnata per cassazione dal difensore di

dopo quella di Olgiate Comasco commessa mediante l’impiego di una pistola per
minacciare i presenti. I giudici del rinvio hanno soltanto puntualmente rilevato le piene
omologie esecutive esistenti tra le due rapine allo scopo di avvalorare (alla luce dei
confronti antropometrici riferiti dal tenente Romano) la persuasiva identificazione della
persona del Casali con il rapinatore che impugnava la pistola il 7.9.2009 e, quindi, per
collegare tale dato all’accertata disponibilità da parte dell’imputato di più armi da sparo e
pistole tutte vere (nessuna pistola giocattolo munita o non del previsto “tappo” rosso).

pretestuosa e inverosimile l’ipotesi che il Casali si sia limitato soltanto a “custodire” le
pistole vere trovate nella sua abitazione “per conto terzi”. Posto che uno degli autori della
rapina per cui è processo è certamente il Casali alla stregua della definitività della sua
condanna sul punto, è irrazionale supporre che lo stesso si sia avvalso di un’arma
giocattolo per la rapina del 7.9.2009. Ciò per di più in aperta dissonanza, come non
manca di sottolineare la sentenza impugnata, con la sua esperta metodica criminosa che
lo ha visto rendersi autore di plurime rapine sempre facendo uso di armi vere e non finte.
In terzo luogo, infine, non è dato arguire quali contorni di irrazionalità
avvolgerebbero la generica testimonianza Cantoni, che la Corte valuta condizionata -oltre
che dalla sua ovvia inesperienza di armi- dallo stato di indubbia agitazione vissuto
dall’impiegata durante la rapina (la stessa Cantoni si è detta “confusa e in panico”).
A seguito dell’inammissibilità dell’impugnazione il ricorrente deve per legge essere
condannato al pagamento delle spese processuali ed al versamento alla cassa delle
ammende dell’equa somma di euro 1.000 (mille).
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro mille in favore della cassa delle ammende.
Roma, 10 luglio 2014
Il consiglieri estensore
(Giacom
olí)

Il residente
(Tit Garrip )
a.10. (25

In secondo e conseguente luogo ha ben ragione la Corte di Appello nel giudicare

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