Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 18451 del 02/12/2014


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 18451 Anno 2015
Presidente: BRUSCO CARLO GIUSEPPE
Relatore: FOTI GIACOMO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE
DI PISA
nei confronti di:
FAGIOLINI LORIANO N. IL 24/03/1955
avverso l’ordinanza n. 12/2014 TRIB. LIBERTA’ di PISA, del
12/05/2014
sentita la relazione fatta dal Consigliere Qptt. GIACOMO FOTI;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott.
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Uditi dife orAvv.;

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1
V/P( ot 4,4_49ap,

Data Udienza: 02/12/2014

-1- Con decreto del 9 maggio 2013, il Gip del Tribunale di Pisa ha emesso nei confronti di
Fagiolini Loriano decreto di sequestro preventivo, nell’ambito del procedimento penale, che
coinvolge alcune decine di persone, nel quale lo stesso è indagato ex artt. 81 cpv cod. pen. e
2 d.lgs. n. 74/2000 quale legale rappresentante della “Fagiolini s.r.l.” -capo A)- e della “F.11i
Fagiolini L. & C. snc” -capo B)-.
Secondo l’accusa, il Fagiolini, nelle richiamate qualità, con più azioni esecutive di un
medesimo disegno criminoso (quanto al reato sub capo B), al fine di evadere le imposte sul
reddito e sul valore aggiunto, aveva indicato:
-nella dichiarazione annuale concernente il periodo di imposta 2010, presentata ai fini
II.DD. e IVA, elementi passivi fittizi avvalendosi, a tal fine, della fattura n. 24 emessa il
4.10.10 dalla “A.S.D. Volleyball Santa Croce”, relativa ad operazioni in parte inesistenti capo A)-,
– nelle dichiarazioni annuali concernenti i periodi d’imposta 2006, 2007 e 2008, presentate
ai fini II.DD. e IVA, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, al fine di
evadere le predette imposte, elementi passivi fittizi avvalendosi di numerose fatture, relative
ad operazioni in parte inesistenti, emesse dall’associazione sportiva “ASD Volleyball Santa
Croce” e dalla società “Pallavolo CSC” -capo B)-.
In particolare, dalle indagini, ancora in corso, sarebbe emerso un consolidato sistema
finalizzato alla evasione di imposte attraverso l’emissione di fatture per operazioni
inesistenti da parte di società o associazioni sportive di pallavolo femminile nei confronti di
società “sponsor”, alle quali le somme in precedenza erogate venivano restituite in una
percentuale compresa tra il 60 e 1’80 % dell’importo. Tra le società utilizzatrici del sistema
di false fatturazioni vi erano le ditte di cui il Fagiolini era legale rappresentante.
-2- Impugnato detto provvedimento dal Fagiolini, il Tribunale di Pisa, con ordinanza del 5
giugno 2013, ha respinto la richiesta di riesame dallo stesso proposto.
-3- Su ricorso dell’interessato, la terza sezione di questa Corte, con sentenza del 21
novembre 2013, ha annullato la predetta ordinanza con rinvio al Tribunale di Pisa.
Ha osservato la stessa Corte che il tribunale non aveva fatto corretta applicazione dei
principi affermati dalla giurisprudenza di legittimità, pur dallo stesso richiamati, in punto di
verifica della sussistenza del “fumus commissi delicti”, nel senso che questo era stato dal
giudice del riesame ritenuto sussistente sulla base degli accertamenti eseguiti dalla Guardia
di Finanza, genericamente richiamati, e delle dichiarazioni rese da Borgherini Sandra,
Stucchi Danilo (ambedue indagati) e Comparini Mara, senza specificare da quali elementi
emergesse il “fumus” nei confronti dell’indagato e senza tener conto dei rilievi difensivi in
ordine alla dedotta inutilizzabilità delle predette dichiarazioni.
-4- Con ordinanza del 12 maggio 2014, il Tribunale di Pisa, in accoglimento della richiesta
di riesame, ha annullato il decreto di sequestro preventivo.
Ha rilevato il tribunale, con riguardo al “fumus commissi delicti”, che della tesi d’accusa,
secondo cui le fatture indicate nei capi d’imputazione ed utilizzate dall’indagato sono
riferibili ad operazioni inesistenti, non era possibile individuare alcun riscontro.
In particolare, tale riscontro non avrebbe potuto essere individuato nelle dichiarazioni di
Borgherini Sandra, non utilizzabili perché non assunte nelle forme di legge, trattandosi di
soggetto, ab initio indagabile, che era stato invece sentito quale persona informata sui fatti;
peraltro, ha sostenuto il tribunale, si trattava di dichiarazioni prive di rilievo poiché non
riguardavano la posizione del Fagiolini. Ugualmente irrilevanti, seppur correttamente
acquisite, dovevano ritenersi le dichiarazioni rese da Stucchi Danilo (rappresentante legale o

2-

Ritenuto in fatto.

-5- Avverso detta ordinanza propone ricorso per cassazione il Procuratore della Repubblica
presso il Tribunale di Pisa che deduce:
A) Violazione degli artt. 63 e 191 cod. proc. pen.

amministratore di fatto di due società dai cui conti anche bancari passavano, in tesi d’accusa,
i fittizi trasferimenti di denaro), poiché lo stesso, avendo tenuto rapporti solo con Calò
Giuseppe (pure indagato), legale rappresentante della “Pallavolo CSC srl”, non aveva in
realtà indicato alcun elemento idoneo a ritenere il coinvolgimento nella frode fiscale del
Fagiolini, che lo stesso Stucchi non aveva mai visto né conosciuto.
Quanto alle dichiarazioni di Comparini Mara, dipendente – si precisa nell’ordinanza
impugnata, della società “ASD Volleyball Santa Croce”, strettamente legata al Calò, il quale
le aveva conferito delega ad eseguire le operazioni bancarie relative alla “Pallavolo CSC”
(di una rilevante percentuale delle cui quote societarie, superiore a quella detenuta dallo
stesso Calò era proprietaria), mai iscritta nel registro degli indagati – ha rilevato il tribunale
che costei, interrogata quale persona informata sui fatti, aveva reso dichiarazioni ritenute di
rilevante interesse investigativo circa il meccanismo utilizzato per porre in essere le frodi
fiscali.
Secondo quanto si legge nel provvedimento impugnato, la Comparini ha sostenuto che, di
regola, superata la soglia dei 10.000,00 euro annui, le società “Pallavolo CSC s.r.l.” e “ASD
Volleyball Santa Croce”, restituivano alle società sponsor ed alle società che avevano
richiesto servizi pubblicitari una parte dell’imponibile, che variava da 2/3 a 3/4.
L’operazione si svolgeva nei seguenti termini: le società sportive emettevano la fattura ed
arrivava il pagamento con accredito bancario: Calò dava, quindi, disposizione alla
Comparini di prelevare una determinata somma, che la donna ritirava in contanti e
consegnava al Calò che provvedeva a restituirla alle società. Successivamente interrogata, la
Comparini ha in parte modificato quanto in precedenza dichiarato, confermando il prelievo
delle somme di denaro dai conti della “Pallavolo CSC” e la consegna al Calò, aggiungendo
di non sapere dove, quando ed a chi tali somme venivano consegnate.
Tanto chiarito, il tribunale ha osservato che tali dichiarazioni dovevano ritenersi
inutilizzabili, in ragione del fatto che la donna, al momento in cui era stata escussa, non
poteva essere qualificata come persona informata sui fatti, bensì quale persona indagabile.
A giudizio del tribunale, la Comparini, dipendente della “A.S.D”, socia della “C.S.C.”,
delegata dal Calò ad operare sui conti sociali, dai quali prelevava i contanti poi consegnati a
costui per la restituzione alle società sponsorizzatrici, aveva dimostrato, con tale
comportamento, concreta adesione al sistema, al quale aveva fornito un sostanziale apporto
causale, di guisa che ella avrebbe dovuto essere sentita quale soggetto indagato.
E’ stata la donna, d’altra parte, ha soggiunto lo stesso tribunale, a chiarire il meccanismo
con cui avveniva la frode, ad indicare talune delle società sponsorizzatrici, nonché le
percentuali di restituzione delle somme versate, essendosi quindi resa parte attiva
nell’operazione, alla quale aveva evidentemente aderito.
Ed allora, ha conclusivamente osservato il tribunale, espunte anche le dichiarazioni della
Comparini, gli ulteriori elementi d’indagine, rappresentati dagli accertamenti bancari e dalla
documentazione extracontabile rinvenuta nella disponibilità del Calò, presentavano valenza
del tutto neutra e nulla rilevavano circa un meccanismo criminoso, non esplicato né
esplicabile nei suoi elementi costitutivi, e dunque non legittimavano l’adozione della misura
cautelare reale in esame.
In ogni caso, secondo il giudice del riesame, ove anche si volessero ritenere utilizzabili le
predette dichiarazioni, le stesse dovrebbero ritenersi irrilevanti rispetto alla posizione del
Fagiolini, poiché nulla in esse si osservava circa le fatture di pertinenza dell’indagato né
dimostravano che costui fosse stato l’utilizzazione finale del meccanismo fraudolento.
Di qui l’annullamento del provvedimento di sequestro.

-6- Con memoria pervenuta presso la cancelleria di questa Corte, il difensore di Fagiolini
Loriano contesta la fondatezza del ricorso e ne chiede il rigetto.
Considerato in diritto.
Il ricorso è infondato, non sussistenti essendo i vizi dedotti.
– 1- Quanto al primo dei motivi proposti, osserva la Corte che, riguardo alle dichiarazioni
rese da Comparini Mara quale persona informata sui fatti, i giudici del riesame hanno
indicato le ragioni della dichiarata loro inutilizzabilità, ai sensi dell’art. 191 cod. proc. pen.,
in quanto rese da soggetto che avrebbe dovuto essere esaminato quale persona indagata;
qualifica che, a giudizio degli stessi giudici, avrebbe dovuto alla stessa attribuirsi ab initio.
In particolare – rilevato che lo stesso tribunale, con il provvedimento di conferma del
sequestro poi annullato da questa Corte, aveva individuato le ragioni della utilizzabilità delle
predette dichiarazioni nella circostanza che, avendo la donna svolto il ruolo di mera
esecutrice materiale delle direttive ricevute da altri, la stessa non poteva ritenersi soggetto
indagabile, per cui giustamente ella era stata sentita quale persona informata sui fatti – il
giudice del rinvio ha osservato che, in realtà, concreti elementi indiziari avrebbero dovuto
indurre gli inquirenti a ritenere, al momento dell’esame ed allo stato delle indagini, la non
estraneità della donna all’ipotesi accusatoria.
Detto giudice ha, invero, osservato che una tal conclusione doveva ritenersi giustificata:
-dalla posizione della Comparini all’interno della “Pallavolo CSC” (ritenuta, con altre
società sportive, coinvolta nella frode), in quanto titolare di una consistente quota societaria,
persino superiore a quella del Calò,
-dai suoi rapporti con costui,

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Sostiene il PM ricorrente che il tribunale ha erroneamente attribuito alla Comparini la
qualifica di soggetto che, già al momento della sua escussione, rivestiva la qualità di
indagata. Nulla, invero, giustificava un tale giudizio, che il giudice del riesame avrebbe
formulato ex post, richiamando elementi probatori emersi nel corso della successiva attività
d’indagine, ovvero dalle dichiarazioni rese dalla stessa Comparini, peraltro ad oggi non
indagata. In realtà, si sostiene ancora nel ricorso, gli elementi preesistenti alle dichiarazioni
della donna – e cioè il fatto che la stessa fosse alle dipendenze della “A.S.D.” e socia della
“C.S.C.” ed aveva delega ad operare sui conti sociali – erano del tutto irrilevanti ai fini della
attribuzione alla stessa della qualità di indagata. Il tribunale, peraltro, è stato ben
consapevole dell’irrilevanza di tali elementi, tanto che si è soffermato essenzialmente sugli
elementi forniti dalla stessa Comparini, cioè sui meccanismi con i quali si svolgeva
l’acquisizione delle somme e la restituzione delle stesse agli sponsor. Peraltro, soggiunge il
ricorrente, ove anche volesse ipotizzarsi una concorrente responsabilità di costei nel reato
commesso dal Calò, troverebbe applicazione il primo comma dell’art. 63 cod. proc. pen.,
che prevede l’inutilizzabilità delle dichiarazioni solo nei confronti di colui che le ha rese;
B) Violazione dell’art. 324 co. 5° in relazione all’art. 125 co. 3 cod. proc. pen., laddove il
giudice del riesame ha osservato che, ritenuta l’inutilizzabilità di dette dichiarazioni, gli
ulteriori elementi d’indagine, costituiti da accertamenti bancari e dalla documentazione
rinvenuta nella disponibilità del Calò, abbiano perso valore ai fini della sussistenza del
“fumus”.
Si tratta, secondo il ricorrente, di una motivazione apparente, poiché il giudice ha del tutto
tralasciato di esaminare gli indizi probatori contenuti nel decreto di sequestro, riportati dal
PM nella memoria del 24.3.14, depositata nella camera di consiglio; elementi apoditticamente dichiarati dal tribunale “neutri”, dai quali, viceversa, erano emersi indizi
significativi in tesi d’accusa.

-dagli incarichi fiduciari che lo stesso le aveva affidato; in particolare, la delega conferitale
di eseguire le operazioni bancarie riguardanti la società; comprese, quindi, quelle relative ai
versamenti di somme provenienti dalle società coinvolte, in tesi d’accusa, nella frode
ipotizzata ed i successivi prelievi in contanti, la cui corretta e discreta esecuzione in sostanza
garantiva l’ordinario svolgimento ed il protrarsi dell’attività delittuosa ipotizzata.
Circostanze, queste, che nessuno, neanche il PM ricorrente, sostiene essere emerse solo a
seguito delle dichiarazioni contestate e che devono ritenersi accertate fin dalle prime fasi
delle lunghe e complesse indagini, anche bancarie e societarie, dalle quali erano
evidentemente emersi, sia la posizione della donna rispetto alla “CSC” e gli interessi di cui
la stessa era partecipe in ragione della consistente quota societaria di cui era titolare, sia i
rapporti con il Calò, sia la delega dallo stesso conferitale per operare sui conti della società.
Erano quindi certamente note, ben prima che la Comparini fosse escussa, le molteplici
operazioni bancarie che, tramite la stessa, avevano interessato la “CSC”; comprese,
naturalmente, quelle relative ai versamenti di somme provenienti dalle società
sponsorizzatrici coinvolte, in tesi d’accusa, nella frode ipotizzata ed ai successivi prelievi in
contanti; operazioni la cui corretta e discreta esecuzione in sostanza garantiva l’ordinario
svolgimento ed il protrarsi dell’attività delittuosa ipotizzata.
Circostanze, cioè, ha legittimamente ritenuto il giudice del rinvio, che avrebbero dovuto,
sin dalle prime verifiche bancarie e societarie e indipendentemente dal successivo
approfondimento delle indagini e dall’esito delle stesse, indurre gli inquirenti ad individuare
nella dichiarante una possibile compartecipe della frode ipotizzata e ad attribuirle, in
conseguenza, la posizione, allo stato delle indagini, di persona certamente indagabile.
Non pare, dunque, giustificata l’obiezione del ricorrente, secondo cui il tribunale, per
esprimere il giudizio di inutilizzabilità delle dichiarazioni della Comparini, avrebbe
richiamato i dati emersi dal suo stesso interrogatorio, in tal guisa ammettendo che prima di
tali dichiarazioni nulla indicava la stessa quale possibile correa nella frode. La verità è, come
già osservato, ben diversa; il tribunale ha considerato quanto emerso fin dalle prime fasi
dell’indagine – cioè, come detto, la posizione societaria della Comparini, i suoi rapporti con
il Calò, la delega bancaria, le ripetute operazioni di versamento di somme provenienti dagli
sponsor ed i successivi prelievi in contanti, peraltro per consistenti importi – per dedurne,
legittimamente e motivatamente, che si trattava di elementi indiziari concreti e significativi,
emersi prima che la donna fosse chiamata a rendere le dichiarazioni in questione, e che, con
giudizio ex ante, alla luce delle informazioni acquisite fino a quel momento ed a prescindere
dalla formale iscrizione nel registro degli indagati e dall’esito finale delle indagini, ben
autorizzavano la individuazione della stessa quale soggetto partecipe della frode ipotizzata,
donde la necessità di esaminarla nella veste di indagata.
Né sembrano tali valutazioni poste fondatamente in dubbio dal ricorrente, laddove lo stesso
si chiede se, solo sulla base della posizione societaria e della delega bancaria un soggetto
debba essere iscritto nel registro degli indagati. In realtà, il punto è di stabilire se tali
circostanze, aggiunte alle molteplici operazioni bancarie, eseguite dalla Comparini, di
deposito delle somme versate dalle società sponsorizzatici, seguite dai prelievi in contanti
di una quota parte di dette somme e dalla consegna delle stesse al Calò (che ne curava la
restituzione agli sponsor), giustificassero o meno, nel corso delle indagini, che lo stesso
ricorrente sostiene essere ancora in corso, la individuazione della Comparini quale persona
indagabile.
A tale risposta, il tribunale ha legittimamente fornito una risposta affermativa.
Mentre il ricorrente, a giustificazione dell’opposta tesi, si confronta con il tema della
responsabilità della Comparini; tema che va oltre la questione oggetto di esame, che non
attiene alla responsabilità del soggetto, bensì alla sua ben diversa qualità di persona
indagabile al momento dell’esame.

-2- Ugualmente infondato è il secondo motivo di ricorso.
Legittimamente, invero, il tribunale, preso atto della inutilizzabilità delle dichiarazioni
della Comparini, che aveva disvelato il meccanismo della frode, di quelle della Borgherini,
pure ritenute non utilizzabili e di quelle dello Stucchi, giudicate irrilevanti, con decisione,
quanto a queste ultime acquisizioni testimoniali, non opposta dal PM, ha concluso che ai
restanti elementi offerti dall’accusa, rappresentati dagli accertamenti bancari e dalla
documentazione rinvenuta nella disponibilità del Calò, non poteva attribuirsi, in assenza del
riscontro dichiarativo, rilevanza alcuna.
Un tale giudizio, seppur espresso, con riguardo alla posizione del Fagiolini, in termini, in
verità, sintetici, non sembra essere adeguatamente contrastato dalle considerazioni svolte dal
PM ricorrente.
A tale proposito, infatti, lo stesso ricorrente, dopo avere qualificato come meramente
“apparente” la motivazione resa sul punto dai giudici del riesame, rievoca l’origine
dell’indagine, indica il Calò quale “evasore totale” dal 2007 e richiama documentazione
contabile ed extracontabile, quest’ultima rinvenuta in possesso del Calò, che aveva registrato
in un appunto i nomi di alcune società con accanto la indicazione di somme distinte tra
“dare” ed “avere” ed altre annotazioni che lo stesso ricorrente ha ritenuto rispecchiassero i
movimenti bancari della società in termini di depositi e di prelievi in contanti.
Elementi documentali che tuttavia, di per sé soli, nulla rivelano di significativo in termini
d’accusa nei confronti del Fagiolini.
Negli appunti del Calò, in realtà, riportati in copia nel ricorso, non solo non è dato di
cogliere il meccanismo attraverso il quale si svolgeva la condotta delittuosa ipotizzata, ma
neanche si fa riferimento alcuno all’indagato, né alle società di cui lo stesso è legale
rappresentante (“Fagiolini s.r.l.” e “F.11i Fagiolini L. & C. snc”), mentre dalla
documentazione bancaria e dalle altre acquisizioni documentali emergono una serie di
operazioni e di fatturazioni che riguardano la “CSC” ed i suoi rapporti con diverse società,
specificamente indicate nel ricorso, con indicazione delle relative operazioni, tra le quali,
tuttavia, non sono ricomprese le ditte Fagiolini, che fanno capo all’indagato.
Con riferimento alla posizione di costui, invero, il ricorrente si limita a richiamare talune
pagine dell’informativa, nelle quali sarebbe indicata una serie di operazioni di pagamento
per sponsorizzazioni effettuate dalle predette società in favore della “ASD Volley”, con

E’ poi vero che i giudici del rinvio hanno fatto riferimento anche alle circostanze emerse
dalle rivelazioni della dichiarante ed all’indicazione delle società coinvolte nelle indagini
come “nostre”, e tuttavia tali considerazioni sembrano svolte in aggiunta, pur superflua e
forse inopportuna, ed a conferma del rilievo indiziario di quegli elementi, sopra descritti, che
già prima dell’esame testimoniale in discussione erano emersi.
Giustificato, dunque, coerentemente argomentato e del tutto in linea con la normativa di
riferimento, si presenta il giudizio, espresso dal tribunale, di inutilizzabilità delle
dichiarazioni di Comparini Mara.
Tale inutilizzabilità, d’altra parte, vale erga omnes, e non può ritenersi, come vorrebbe il
ricorrente, relativa alla sola posizione della dichiarante previa verifica, ovviamente, della
sussistenza di tale qualità, da condursi sulla base della situazione esistente al momento
dell’assunzione delle dichiarazioni di cui trattasi (Cass. nn. 7181/98, 23776/09 rv 244360,
23211/14).
Verifica nel caso di specie puntualmente eseguita dai giudici del riesame.
Gli stessi giudici, d’altra parte, hanno anche osservato come, ove anche si volessero
ritenere utilizzabili le predette dichiarazioni, le stesse dovrebbero ritenersi irrilevanti rispetto
alla posizione del Fagiolini, poiché nulla in esse si osservava circa le fatture di pertinenza
dell’indagato né si adduceva in ordine al fatto che costui fosse stato l’utilizzazione finale del
meccanismo fraudolento. Osservazione alla quale nulla ha opposto il ricorrente.

successive restituzioni di parte delle somme ricevute. Richiamo la cui pertinenza e rilevanza
ai fini che qui interessano, nei generici termini in cui è stato proposto, questa Corte non è in
grado di apprezzare. Senza considerare, poi, che, secondo quanto sostenuto nel provvedimento impugnato, e non contestato dal ricorrente, i prelievi effettuati dalla Comparini
dai conti bancari sui quali la stessa operava e dove erano state accreditate le somme
provenienti dalle società sponsorizzatrici, riguardavano fatture non riferibili al Fagiolini.
In conclusione, il ricorso deve essere rigettato.

Rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, il 2 dicembre 2014.

P.Q.M.

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