Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 18445 del 01/10/2014


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 18445 Anno 2015
Presidente: BRUSCO CARLO GIUSEPPE
Relatore: FOTI GIACOMO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
SUSIC NIJAZ N. IL 17/05/1966
avverso l’ordinanza n. 32/2013 CORTE APPELLO di BOLOGNA, del
12/12/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Drptt.9IACOMO FOTI;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott. t\ìmjM
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Uditi dife or Avv.;

Data Udienza: 01/10/2014

-1- Susic Nijaz ricorre per cassazione, per il tramite del difensore, avverso l’ordinanza della
Corte d’Appello di Bologna, del 12 dicembre 2013, con la quale è stata respinta la domanda,
dallo stesso avanzata, di riparazione del danno derivante dall’ingiusta detenzione carceraria
sofferta a seguito di arresto intervenuto il 1 dicembre 2004 seguito da ordinanza custodiale
emessa dal Gip di Rimini nell’ambito di procedimento penale che l’ha visto imputato, in
concorso con Lozic Marjan, del delitto di ricettazione.
-2- La corte territoriale, nel ricostruire la vicenda che ha coinvolto l’odierno ricorrente, ha
ricordato che, a seguito di segnalazione alla polizia dell’esistenza di un capannone agricolo al
cui interno era custodita della refurtiva, gli agenti erano intervenuti ed avevano scoperto, in
detto manufatto, un rilevante numero di elettrodomestici nuovi (televisori, frigoriferi, forni,
lettori DVD ed altro) di rilevante valore, compendio di furti consumati ai danni di un
commerciante di Cesane. Chiamato il proprietario del capannone, tale Suozzi, a fornire
spiegazioni, costui aveva riferito che la merce era stata momentaneamente colà riposta per
fare un favore ad un amico di nazionalità straniera. Accettava il Suozzi di contattare detta
persona e di fissare un appuntamento con lo stesso per consentire agli inquirenti di
identificarlo. Sul luogo dell’incontro si erano presentati l’amico del Suozzi, individuato per
Lozic Marjan ed altra persona, identificata per Susic Nijaz, nomade, odierno ricorrente. I due
erano stati fermati ed il Susic, in sede di convalida, aveva dichiarato di essere stato chiamato
dall’amico per scaricare un camion e di avere accettato perché avrebbe ricevuto un modesto
compenso in denaro.
Dal delitto contestato il Sucic è stato, in seguito, assolto, ex art. 530 co. 2 c.p.p., con
sentenza divenuta irrevocabile.
-3- Il giudice della riparazione ha rigettato l’istanza, avendo ritenuto che il richiedente, con
il suo comportamento gravemente colposo, aveva contribuito a dar causa al provvedimento
restrittivo.
-4- Avverso tale decisione ricorre, dunque, il Susic che deduce violazione di legge e vizio
di motivazione della sentenza impugnata, in relazione all’art. 314 cod. proc. pen., in ordine
alla ritenuta sussistenza, nella condotta del richiedente, del presupposto della colpa grave,
ostativa al riconoscimento del diritto all’indennizzo, nonché alla sussistenza del nesso
causale tra la rilevata condotta colposa ed il provvedimento restrittivo.
-5- L’Avvocatura Generale dello Stato, ritualmente costituitasi in giudizio nell’interesse del
Ministero dell’Economia e delle Finanze, chiede il rigetto del ricorso.
Considerato in diritto.
Il ricorso è infondato.
-1- Secondo l’insegnamento di questa Corte, in tema di riparazione per ingiusta detenzione,
al giudice del merito spetta, anzitutto, di verificare se chi l’ha patita vi abbia dato causa,
ovvero vi abbia concorso, attraverso una condotta caratterizzata da dolo o colpa grave, la cui
presenza è ostativa al riconoscimento del diritto all’indennizzo. Detta presenza deve
manifestarsi attraverso comportamenti concreti, precisamente individuati, che il giudice di
merito è tenuto ad apprezzare, in modo autonomo e completo, al fine di stabilire, con
valutazione “ex ante”, non se essi abbiano rilevanza penale, bensì solo se si siano posti come
fattore condizionante rispetto all’emissione del provvedimento di custodia cautelare.
Condotte rilevanti in tal senso possono essere di tipo extra processuale (grave leggerezza o
trascuratezza tale da avere determinato l’adozione del provvedimento restrittivo) o di tipo
processuale (auto incolpazione, silenzio consapevole sull’esistenza di un alibi) che non siano
state escluse dal giudice della cognizione.

Ritenuto in fatto.

P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese r ceuali, oltre alla
rifusione delle spese in favore del Ministero resistente, che liquida in cumTl do,00.
Così deciso in Roma, il 1 ottobre 2014.

-2- Orbene, nel caso di specie la corte territoriale si è attenuta a tali principi, avendo
ritenuto, con motivazione adeguata e coerente sotto il profilo logico, sulla base di quanto
emerso in sede di indagini, che il ricorrente avesse tenuto condotta certamente ambigua e
sospetta, fortemente imprudente, idonea ad ingenerare la convinzione del suo coinvolgimento
nella ricettazione della merce compendio del furto perpetrato ai danni del commerciante.
In particolare, i giudici della riparazione hanno condivisibilmente osservato, in piena
sintonia con gli elementi emersi nell’ambito del processo penale, che la condotta del Susic
certamente legittimava negli inquirenti e nel giudice della cautela ogni possibile sospetto
circa la partecipazione dello stesso all’attività delittuosa posta in essere dal Lozic. E ciò, ha
sostenuto la stessa corte, non solo per i rapporti di amicizia e conoscenza intercorrenti tra i
due, né solo per il fatto che il Lozic si era rivolto proprio all’odierno ricorrente per scaricare
la refurtiva nel capannone, ma anche, e soprattutto, perché egli si era comportato,
nell’occasione, con grave leggerezza ed evidente imprudenza. Per avere accettato di scaricare
da un camion, in aperta campagna, un notevole numero di elettrodomestici nuovi, senza
interrogarsi sulla loro provenienza e futura destinazione né sulle ragioni per le quali detta
merce veniva custodita in un luogo così isolato ed all’interno di un capannone agricolo
(addirittura una stalla). Per non avere preso le distanze dall’amico nel momento in cui
avrebbe dovuto avere almeno il dubbio circa la lecita provenienza di tanta merce dal rilevante
valore, certo non rapportabile ad una qualsiasi attività lavorativa del Lozic, che non ne
svolgeva alcuna, né alle condizioni economiche dello stesso, che mai avrebbero potuto
consentigli l’acquisto della stessa.
Condotta che giustamente i giudici della riparazione hanno ritenuto leggera e gravemente
imprudente, e quindi gravemente colposa, tale da giustificare, con valutazione ex ante,
l’intervento degli inquirenti, le cui convinzioni, peraltro, seppur dimostratesi errate, sono
sembrate ribadite dal fatto che all’appuntamento fissato dal Suozzi si era presentato lo stesso
Susic – che non avrebbe avuto alcun interesse a parteciparvi, essendosi solo limitato a
scaricare la merce -; presenza che è stata interpretata quale conferma del pieno
coinvolgimento dello stesso nella condotta delittuosa posta in essere dal Lozic.
Il sindacato del giudice di legittimità sul provvedimento che rigetta o accoglie la richiesta
di riparazione è, d’altra parte, limitato alla correttezza del procedimento logico-giuridico
attraverso cui il giudice di merito è pervenuto alla decisione; mentre resta di esclusiva
pertinenza di quest’ultimo la valutazione dell’esistenza e dell’incidenza della colpa o
dell’esistenza del dolo. Anche in ragione di ciò, l’ordinanza in esame non merita di essere
censurata, essendo la decisione impugnata del tutto coerente rispetto alle circostanze emerse
in sede processuale, correttamente valutate dalla corte territoriale e perfettamente in linea con
i principi di diritto affermati da questa Corte in tema di riparazione.
-3- Il ricorso deve essere, quindi, rigettato ed il ricorrente condannato al pagamento delle
spese processuali ed alla rifusione delle spese del presente giudizio, in favore del Ministero
resistente, che si liquidano in euro 1.000,00.

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