Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 18444 del 05/04/2013


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 18444 Anno 2013
Presidente: BARDOVAGNI PAOLO
Relatore: BONITO FRANCESCO MARIA SILVIO

Data Udienza: 05/04/2013

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
MAZZE! VITO N. IL 18/02/1976
avverso l’ordinanza n. 268/2012 TRIB. LIBERTA’ di CATANZARO,
del 28/06/2012
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. FRANCESCO MARIA
SILVIO BONITO;
me/sentite le conclusioni del PG Dott. 1,k,j7.0 PLA.,t;212.e,
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La Corte osserva in fatto ed in diritto:

1. Con ordinanza del 28 giugno 2012 il Tribunale di Catanzaro, in

funzione di giudice del riesame, accogliendo l’appello proposto a
mente dell’art. 310 c.p.p. dal Procuratore Generale presso la Corte
distrettuale di Catanzaro avverso l’ordinanza con la quale la Corte
di assise di appello, il precedente ventisette febbraio, aveva
sostituito in favore di Mazzei Vito, imputato del reato di cui all’art.
416-bis c.p., la misura della custodia in carcere con quella degli
arresti domiciliari, ripristinava la misura più afflittiva.
A sostegno della decisione il Tribunale osservava che alla
fattispecie trovava applicazione la disciplina di rigore di cui all’art.
275 co. 3 c.p.p. eppertanto la presunzione di adeguatezza della sola
misura cautelare in carcere in costanza di esigenze cautelari a carico
di indagato per il reato di cui all’art. 416-bis c.p., salva la prova
contraria della loro insussistenza, disciplina di rigore derogatoria
anche di quella portata dall’art. 299 co. 2 c.p.p..
2. Ricorre per l’annullamento dell’impugnata ordinanza l’imputato,
assistito dal difensore di fiducia, il quale denuncia violazione degli
artt. 275 e 299 c.p.p. e difetto di motivazione sul punto, in
particolare osservando ed argomentando: la Corte territoriale ha
posto a fondamento del provvedimento riformato dal Tribunale del
riesame la sentenza di condanna, la pena in concreto inflitta, la
proporzionalità ed adeguatezza della misura ex artt. 275 e 299
c.p.p.; l’imputato ha ormai scontato la quasi totalità della pena
inflitta in regime di carcerazione preventiva, di guisa che la
condanna, una volta maturata la definitività, risulterà
sostanzialmente ineseguibile; di qui la necessità di valutare la
evidente specificità del caso alla luce dei principi costituzionali;
diversamente opinando si viola il dettato di cui ai commi 2 e 3
dell’art. 27 della Cost.; nel caso concreto la prova della inesistenza
di esigenze cautelari si appalesa diabolica.
In subordine la difesa ricorrente prospetta eccezione di
costituzionalità dell’art. 299 co. 2 c.p.p. in relazione agli artt. 3, 13
e 27 commi 2 e 3 Cost.
3. Il ricorso è infondato.
3.1 Nel caso in esame trova applicazione la disciplina di rigore di
cui all’art. 275 c.p.p. co. 3, in forza della quale, sussistendo gravi

1

4. Alla stregua di quanto premesso il ricorso va dunque rigettato,
colle ulteriori statuizioni indicate nel dispositivo a mente dell’art.
616 c.p.p..
P. T. M.
la Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento
delle spese processuali. La Corte dispone inoltre che copia del
presente provvedimento sia trasmesso al competente Tribunale
Distrettuale del riesame di Catanzaro perché provveda a quanto
stabilito dall’art. 92 n. Att. Cod. Proc. Pen.. Manda alla Cancelleria
per gli immediati adempimenti a mezzo fax.
Così deciso in Roma, addì 5 aprile 2013
Il cons. est. \
Il Presidente

indizi di colpevolezza in ordine al delitto di cui all’art. 416-bis c.p.,
è applicata la custodia cautelare in carcere salvo che siano acquisiti
elementi dai quali risulti che non sussistono esigenze cautelari.
La disposizione in esame pertanto non consente dubbi di sorta: in
costanza del reato associativo detto non ricorre altra possibilità
intermedia tra la più severa delle misure cautelari e lo stato di
libertà dappoichè insussistenti esigenze cautelari.
Nel caso specifico la difesa ricorrente non nega la ricorrenza di
queste, posto che la decisione impugnata ha ripristinato la misura in
carcere rispetto a quella meno affiittiva degli arresti domiciliari, con
ciò ammettendo la ricorrenza comunque di esigenze.
Di qui la infondatezza della doglianza difensiva anche in
riferimento alla disciplina di cui all’art. 299 c.p.p. la quale, al
secondo comma, fa esplicitamente salva l’ipotesi in esame,
disposizione di recente irrobustita ermeneuticamente dalle stesse
ss.uu. della Corte con l’affermazione del seguente principio “la
presunzione di adeguatezza della custodia in carcere ex art. 275,
comma 3, c.p.p., opera non solo in occasione dell’adozione del
provvedimento genetico della misura coercitiva, ma anche nelle
vicende successive che attengono alla permanenza delle esigenze
cautelari” (Cass. ss.uu., 10.9.2012, n. 34473).
Quanto, infine, alla sollevata eccezione di costituzionalità se ne
rileva, per un verso, la mancanza di rilevanza in considerazione dei
tempi procedimentali oramai vicini alla definitività della sentenza di
condanna ed al superamento, pertanto, della fase cautelare, e, per
altro verso, la inammissibilità per mancanza di adeguata
argomentazione a sostegno, considerate le norme costituzionali
indicate (artt. 3, 13 e 27 commi 2 e 3).

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