Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 18443 del 05/04/2013


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 18443 Anno 2013
Presidente: BARDOVAGNI PAOLO
Relatore: BONI MONICA

Data Udienza: 05/04/2013

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
FIGLIOMENI COSIMO N. IL 10/10/1977
avverso l’ordinanza n. 529/2012 TRIB. LIBERTA’ di REGGIO
CALABRIA, del 25/06/2012
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MONICA B0p1I;
kotte/sentite le conclusioni del PG D tt qtt 4ei4 etfa239e

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,<-9` 7ft4.Q1 'o di Ritenuto in fatto 1.Con ordinanza resa il 25 giugno 2012 il Tribunale del riesame di Reggio Calabria confermava nei confronti di Cosimo Figliomeni l'ordinanza con la quale in data 11 maggio 2012 il G.I.P. di quel Tribunale lo aveva sottoposto alla misura della custodia cautelare in carcere perché gravemente indiziato del delitto di cui all'art. 416bis cod. pen. per avere preso parte con la carica di "puntaiolo" all'associazione di Lamia, facente parte della cosca Commisso di Siderno, fatto commesso in permanenza sino almeno al luglio 2010. 1.1 A fondamento di tale decisione il Tribunale riteneva che dalle risultanze investigative, acquisite anche in separati procedimenti mediante intercettazioni e servizi di osservazione, fosse emersa la prova degli interessi politici del clan Commisso, impegnatosi nell'individuare e sostenere in modo occulto candidati alle competizioni elettorali comunali del 2010 e regionali del 2011 che, senza essere uomini d'onore dell'organizzazione criminosa, fossero però legati ad essa da un accordo che prevedeva appoggio elettorale da parte dell'organizzazione e successiva obbedienza e fedeltà al patto da parte dell'eletto con distribuzione di favori, appalti per lavori pubblici, protezione degli interessi delle cosche. Quanto alla posizione del Figliomeni, il Tribunale valorizzava quanto emerso nel corso delle conversazioni intercettate all'interno dell'esercizio di lavanderia Ape Green di Giuseppe Commisso , detto il Mastro, luogo divenuto centro nevralgico delle strategie elettorali dirette al reperimento di voti, pianificate dal Commisso: ne aveva ricavato la prova dei legami tra l'indagato e la famiglia Commisso, acquisiti anche in forza del matrimonio contratto con Teresa Commisso, figlia di Francesco; dei legami di consanguineità con lo zio Alessandro Figliomeni, sindaco uscente di Siderno, sostenuto per la sua precedente elezione dalla cosca Commisso; della considerazione per la persona di "Cosimello", ritenuto serio e bravo, -non come il padre, detto "il topo", che era sboccato, ed il fratello Girolamo che era "tutto cretino"-, nutrita da Giuseppe Commisso, capo del clan omonimo; della sua intraneità alla cosca Commisso e dell'attribuzione allo stesso, -indicato come figlio del "topo", nipote del sindaco e fidanzato con la figlia di Francesco Commisso, detto Franchicello-, della carica di puntaiolo, ossia di guardaspalle del capo con funzioni vicarie, una delle cinque cariche di esercizio meno elevate della c.d "società minore" della famiglia di Siderno, della sua partecipazione a riunioni conviviali col "mastro" Giuseppe Commisso ed altri esponenti della `undrina" di c.da Lamia nel corso della quale si era parlato di "cariche". Infine, in ordine alle esigenze cautelari, riteneva sussistente la presunzione relativa di pericolosità sociale e quella assoluta di adeguatezza della sola misura custodiale, stabilite dall'art. 275 cod. proc pen., comma 3 ed acquisiti anche elementi 1 stampo mafioso, denominata `ndrangheta e della sua articolazione denominata `ndrina positivi in concreto indicativi del pericolo di recidivazione per la gravità oggettiva dei reati e le modalità di realizzazione; ravvisava anche il pericolo di fuga per l'elevata pena irrogabile e la possibilità di occultamento in zona ad altissima densità mafiosa. Evidenziava, infine, l'assenza di elementi dai quali desumere in concreto l'insussistenza delle esigenze cautelari. 2.Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso per cassazione l'indagato a mezzo del suo difensore, il quale lamenta il vizio di motivazione e la violazione di legge -il Tribunale del Riesame non aveva adeguatamente motivato in ordine alla riferibilità al ricorrente di quanto risultante dalle conversazioni captate tra interlocutori terzi, non potendo non certezza identificarsi nella propria persona colui che era stato indicato come "il Cosimello", anche perché egli non era risultato interlocutore in nessuna delle numerosissime conversazioni intercettate, per cui erroneamente era stato ritenuto sussistente il quadro di gravità indiziaria a proprio carico, nonostante da un'accurata analisi della conversazione ritenuta maggiormente indiziante, condotta dal consulente tecnico della difesa, erano emerse gravi discrasie rispetto a quanto preteso in tesi accusatoria, sia per la mancata pronuncia del proprio nome e cognome, sia per l'indicazione quale "puntaiolo" del soggetto che era, verbo declinato al passato, fidanzato con la figlia di Francesco Commisso. -Nella conversazione ambientale del 6/03/2010, progr. 12127, il riferimento a Cosimo Figliomeni riguardava fatti neutrali rispetto all'addebito mossogli perché si specificava che egli "non fa niente", mentre la partecipazione alla riunione conviviale, non riscontrata da alcuna ripresa fotostatica, di "Cosimello" , oggetto della conversazione del 14/5/2010, andava riferita ad altro soggetto omonimo, nato a Siderno nel 1965, di fatto indagato in un'indagine parallela precedente di poco la presente, che era stato individuato e fotografato quale partecipe a cena successiva con gli stessi commensali. -Il Tribunale aveva poi omesso di trascrivere e di commentare anche il passaggio successivo della conversazione del 14/5/2010, dal quale emergeva che "il figlio del topo" non aveva salutato il Munià, il quale aveva riferito la cosa a Giuseppe Commisso, il che rendeva inverosimile che lo stesso personaggio fosse andato a cena con coloro che non salutava e che avesse condiviso con costoro anche la partecipazione al medesimo sodalizio mafioso, tant'è che in tre anni di indagini egli non era mai comparso in videoriprese, intercettazioni, segnalazioni in compagnia di esponenti dei "locali" di Siderno, nemmeno di Giuseppe Commisso, di cui avrebbe svolto le funzioni di puntaiolo, ossia di vicario, rilievi che l'ordinanza non aveva esaminato e nemmeno confutato. Del resto era emersa anche una lacuna nelle investigazioni, dal momento che l'utenza telefonica allo stesso intestata non era stata oggetto di intercettazioni, il che avvalorava anche le dichiarazioni rese dall'indagato nell'interrogatorio di garanzia, ossia di non avere mai intrattenuto rapporti con i soggetti indicati come suoi sodali 2 riguardo agli artt. 273 e ss. c.p.p.. In particolare: -Dovevano ritenersi superate anche le esigenze cautelari presunte per legge ex art. 275 comma 3 C.p.p., in quanto egli non si era dato alla fuga, nonostante avesse avuto conoscenza della conversazione intercettata del 31/07/2009, progr. 1710, mentre aveva continuato a svolgere regolarmente e tranquillamente la propria vita, si era mostrato collaborativo con l'autorità procedente, disponibile a chiarire la sua posizione, non aveva precedenti penali, il che smentiva qualsiasi valutazione di capacità delinquenziale idonea all'applicazione delle misura custodiale de quo. motivi di gravame, rappresentando che l'attribuzione della carica di "puntaiolo" era rimasta un dato isolato, non collegato ad altro elemento dimostrativo di uno stabile inserimento nell"ndrangheta: infatti, non si era mai accertata la sua presenza nei 3. Con memoria depositata il 15 marzo 2013 la difesa ha ulteriormente illustrato i luoghi ove erano convenuti soggetti intranei, le conversazioni valorizzate a suo carico hanno valore neutro o dimostrano la sua inattività, oppure riguardano persone diverse, si era ripetuto nei suoi riguardi l'errore già stigmatizzato dalla Corte di Cessazione con riferimento al proprio padre Antonio Figliomeni, per la cui posizione era stata rilevata la congetturale ed ipotetica identificazione sulla base di dati vaghi desunti da conversazioni intercettate tra terzi. Considerato in diritto Il ricorso è infondato e va, pertanto, respinto. 1. Il gravame all'odierno esame contesta sotto il profilo della dedotta carenza del quadro di gravità indiziaria in primo luogo che la persona dell'indagato sia stata oggetto di notizie e commenti riferiti da Giuseppe Commisso nel corso delle conversazioni intercettate e prospetta la possibilità di un'erronea identificazione e di un equivoco con soggetto omonimo, anch'egli nativo di Siderno, in rapporti con altri personaggi di certa appartenenza al clan Commisso. 1.1 Ad avviso di questo Collegio, alla stregua degli elementi fattuali esposti nel provvedimento impugnato, non possono esservi dubbi sulla reale identità del soggetto indicato come Cosimo Figliomeni, ricoprente la carica di "puntaiolo" presso la società minore del clan `ndranghetistico di Siderno, che gli investigatori hanno correttamente individuato e non scambiato con soggetto omonimo, ma più anziano, sulla scorta di plurimi dati informativi, desunti dalle conversazioni intercettate all'interno dell'esercizio commerciale dal capo della cosca, Giuseppe Commisso, detto "il mastro". 1.1.1 In particolare, l'ordinanza impugnata ha posto in evidenza: -i legami familiari tra l'indagato ed esponenti della famiglia di sangue dei Commisso, acquisiti in forza del fidanzamento e del matrimonio contratto nel giugno 2010 con Teresa Commise°, figlia di Francesco, detto "lo Scelto", a sua volta indiziato di appartenenza all'omonimo clan; 3 - i vincoli di consanguineità con lo zio Alessandro Figliomeni, sindaco uscente di Siderno, anch'esso indiziato di intraneità alla stessa organizzazione, già sostenuto per la sua precedente elezione dalla cosca Commisso e candidato anche per il rinnovo del consiglio comunale nelle competizioni del 2010 per le quali aveva ottenuto l'appoggio di una fazione interna della cosca stessa, rappresentata da Francesco, detto "lo Scelto", motivo di un forte attrito con "il mastro" e cugino di quest'ultimo Giuseppe Commisso, propenso a sostenere altro esponente più gradito e meno autonomo, minore di Siderno, sostenitore del fratello Alessandro nelle elezioni; - la positiva considerazione della quale l'indagato, inteso "Cosimello", aveva goduto presso il "mastro" Giuseppe Commisso, il quale, in una conversazione con altro affiliato intercettata il 6/3/2010 in merito allo scontro politico in atto a livello locale, ne aveva elogiato le doti di bravura e di serietà, in contrapposizione ai suoi congiunti, ossia il padre, detto "il topo", che era sboccato e si era esposto a parlare in un locale pubblico contro il candidato sindaco Ritorto, ed il fratello Girolamo che era "tutto cretino"; - la possibilità di accordargli una carica all'interno della cosca in una prossima occasione - i vincoli di consanguineità con Antonio Figliomeni, detto "il topo", capo della società per le positive valutazioni sul suo conto, fatte dal "mastro" nel corso del dialogo intercettato il 27/11/2009, sempre in confronto con il padre e lo zio, "che fanno schifo" per essersi permessi di mettersi vicino quattro o cinque soggetti senza averne informato i superiori e contro l'ordine di non effettuare nuove affiliazioni, per poi chiedere l'intervento dello stesso Commisso al fine di appianare i contrasti insorti per tale ragione con tale Zorro, ossia il Correale; - la partecipazione a riunioni conviviali con il Futia, il Rumbo, il Correale e lo stesso "mastro" ed in un'occasione anche con il futuro suocero Francesco Commisso, detto "lo scelto", nel corso delle quali si era discusso dell'assegnazione delle cariche agli esponenti dell'organizzazione; - la sua definitiva indicazione quale partecipe, operata da Giuseppe Commisso in una conversazione ambientale del 31/7/2009, intercorsa con un affiliato ad uno dei "locali" di Toronto, rientrato temporaneamente a Siderno, nel corso della quale era riferita all'indagato, individuato come il "figlio del 'topo', il Figliomeni, il fratello del sindaco., il nipote di Sandro. .questo ragazzo è fidanzato con la figlia dello 'scelto', mio cugino Franchicello", della carica di "puntaiolo" all'interno della società minore, mentre suo padre era capo società. 1.1.2 Ebbene, proprio i reiterati riferimenti ai legami parentali e di affinità, alla carica di sindaco dello zio, alla sua condizione anagrafica di giovane, danno conto in modo logico e consequenziale della corretta individuazione del "puntaiolo" nella sua persona, senza che possano sorgere equivoci con soggetto omonimo e di dodici anni più vecchio, che non si deduce nemmeno essere legato a detti soggetti dai med imi vincoli familiari. Inoltre, la considerazione dichiarata reiteratamente dal Comm' nei 4 suoi riguardi è coerente con l'assegnazione di una carica di un certo rilievo nella società minore, con la possibilità di un eventuale avanzamento futuro, nonché con la sua partecipazione, in un caso anche col futuro suocero, a riunioni conviviali, che nonostante l'apparenza innocua, erano funzionali alla trattazione di argomenti rilevanti per gli assetti organizzativi della cosca, quali la distribuzione delle cariche. 1.2 Non ha dunque pregio l'obiezione difensiva secondo la quale i dati informativi ricavabili dalle conversazioni ambientali non indicherebbero il compimento di qualche il suo capo, l'essere titolare di una carica di esercizio, è già indicativo, quanto meno per il tipo di cognizione proprio del giudizio cautelare, dell'assunzione di quel "ruolo dinamico e funzionale" che qualifica la condotta di partecipazione, riferibile che va riferita a chi "si trovi in rapporto di stabile e organica compenetrazione con il tessuto organizzativo del sodalizio, tale da implicare, più che uno "status" di appartenenza, un ruolo dinamico e funzionale, in esplicazione del quale l'interessato "prende parte" al fenomeno associativo, rimanendo a disposizione dell'ente per il perseguimento dei comuni fini criminosi" (Cass. S.U., n. 33748 del 12/7/2005, Mannino, rv. 231670). 1.3 Va poi ricordato che, per costante lezione interpretativa di questa Corte, il valore probatorio della intercettazione e delle accuse verso terzi non dialoganti con essa acquisite è ampiamente riconosciuto, senza che possa farsi applicazione della regola di giudizio dettata dall'art. 192 cod. proc. pen., comma 3, richiedente elementi di riscontro alle chiamate in correità e che resta affidata alla libera valutazione attività rilevante nell'organizzazione, perché l'aver presenziato a riunioni di vertice con giudiziale l'individuazione ed interpretazione dei relativi contenuti, valutazione incensurabile in questa sede di legittimità se adeguatamente motivata (Cass., sez. 5, n. 13614 del 19/01/2001, Primerano, rv. 218392, sez. 4, n. 22391 del 02/04/2003, Qehalliu Luan, rv. 224962; sez. 5, n. 603 del 14/10/2003, Grande Aracri, rv. 227815; sez. 6, n. 3882 del 4/11/2011, Annunziata, rv. 251527). 1.4 A fronte di tali presupposti non hanno pregio le censure circa la sua mancata partecipazione ai dialoghi intercettati o la mancata sottoposizione ad intercettazione delle sue utenze telefoniche, né circa la diversa trascrizione della conversazione più indiziante operata dal consulente tecnico di parte, circostanze che non possono contraddire il materiale indiziarlo sopra riassunto, specie perché la sua individuazione non è frutto soltanto dell'attualità del legame sentimentale con la figlia di Francesco Commisso, ma anche della contestuale indicazione dei suoi rapporti di parentela con padre, zio e fratello, dati non riferibili egualmente al soggetto omonimo. 1.5 Parimenti, sotto il profilo della coerenza intrinseca del costrutto accusatorio, recepito dal Tribunale, anche il passaggio della conversazione del 14/5/2010, nel quale il Munià aveva riferito a Giuseppe Commisso che "il figlio del topo" non lo aveva salutato assume un significato logico se posto in relazione con il contrasto emerso per il sostegno da dare ai due diversi candidati alle elezioni comunali, sostenuti da d ersi 5 ••••■ n ■ -■ • • t. t appartenenti alla famiglia di sangue Commisso, ma non contraddice la possibilità che chi si era sottratto al saluto fosse andato a cena con il "mastro", il quale non era il soggetto che aveva subito l'affronto, fatto piuttosto al Munià, ma colui che si era incontrato con l'indagato. 1.6 Deve dunque concludersi che, stante la serietà del contesto comunicativo, per la caratura criminale dei personaggi dialoganti e la trattazione da parte di costoro di tematiche coinvolgenti gli interessi comuni e della loro organizzazione, il attivo nell'organigramma della cosca, offre un compendio indiziario sufficiente a sostenere la misura cautelare applicata, come affermato dal Tribunale del riesame, nonostante il mancato accertamento mediante pedinamenti o intercettazione di contatti con altri sodali, con alcuni dei quali, per essere allo stesso legati da stretti vincoli familiari, non si era reso necessario comunicare a distanza con conversazioni intercetta bili. 1.6 Infine, per quanto risponda al vero che nei riguardi del padre del ricorrente, in quanto indiziato di appartenenza alla ndrangheta ed al locale di Siderno, era stata emessa una prima misura custodiale, confermata dal Tribunale del riesame con ordinanza in seguito annullata dalla Corte di Cassazione con sentenza della sesta sezione penale nr. 945 del 2012 per il difetto di motivazione in ordine al requisito della gravità indiziaria, è altrettanto vero che un secondo provvedimento custodiale per il medesimo addebito, questa volta fondato sulle risultanze delle conversazioni intercettate all'interno dell'esercizio di Giuseppe Commisso, detto "il mastro", ha ricevuto l'avvallo della giurisprudenza di legittimità con la sentenza di questa sezione n. 35658 del 6/7/2012, consultabile nella raccolta ufficiale delle pronunce di questa Corte. 2. Quanto alle esigenze cautelari, nella sussistenza della duplice presunzione di pericolosità sociale e di adeguatezza della sola misura applicata, imposta dall'art. 275 cod. proc. pen., comma 3, per sostenere l'insussistenza di dette esigenze non è sufficiente indicare lo stato di incensuratezza e la mancata fuga, dovendosi piuttosto dimostrare l'avvenuta rescissione dei legami con l'associazione o lo scioglimento di tale organismo, entrambi eventi di cui non si è offerta prova, come del resto rilevato dai giudici del riesame. L'ordinanza impugnata, sorretta da adeguata motivazione e dalla corretta applicazione dei principi di diritto regolanti la materia cautelare, resiste dunque alle censure che le sono state mosse, con il conseguente rigetto del ricorso e la condanna del proponente al pagamento delle spese processuali. P. Q. M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processua 6 coinvolgimento della persona del Figliomeni in tali discorsi come soggetto intraneo ed Trasmessa cap!a ex art. 23 n1 i ter L. 8 - Lì - f;i5 n. 332 24 APR. 2013, i Rana, lì Dispone trasmettersi, a cura della cancelleria, copia del provvedimento al Direttore dell'istituto penitenziario, ai sensi dell'art. 94, co. 1-ter, disp. att. c.p.p.. Così deciso in Roma, il 5 aprile 2013.

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