Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 18442 del 09/12/2014


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 18442 Anno 2015
Presidente: BRUSCO CARLO GIUSEPPE
Relatore: IZZO FAUSTO

SENTENZA
sul ricorso proposto da :

CASTEGNARO Alberto, n. a Bassano del Grappa il 4\8\1943

avverso la sentenza della Corte di Appello di Milano del
3\10\2013 (nr. 2719\2012);

udita la relazione fatta dal Consigliere dott. Fausto Izzo ;
udite le richieste del P.G. dott. Sante Spinaci, che ha chiesto il
rigetto del ricorso;
udite le richieste dell’Avv. Marco Antonio Dal Ben, che ha chiesto
l’accoglimento del ricorso;

Data Udienza: 09/12/2014

1. Con sentenza del 3\10\2013 la Corte di Appello di Milano, in parziale riforma della sentenza
di primo grado, assolveva per non aver commesso il fatto Bruno Lucia dal delitto di omicidio
colposo in danno di Dadouche Mostafa; confermava invece la condanna di Castegnaro Alberto,
riducendo la pena a mesi 10 e giorni 20 di reclusione, concesse le attenuanti generiche ed del
risarcimento del danno.
Quanto alla ricostruzione della vicenda, va premesso che la “Fonderia Parola & Luraghi S.p.A.”
(legale rapp.te Bruno Lucia) aveva affidato in appalto alla “Satef Huttens Albertus S.p.A.” la
manutenzione dei forni rotativi (fornitura del materiale refrattario, interventi di manutenzione
refrattaria, demolizione e ricostruzione) all’interno del proprio stabilimento di Magenta; che la
“Satef Huttens Albertus S.p.A.” (legale rapp.te Castegnaro Alberto) aveva affidato in
subappalto alla “Refractories Services S.r.l.” le prestazioni di montaggio, manutenzione
ordinaria e straordinaria, riparazione di materiali refrattari; che la “Refractories Services S.r.l.”
(legale rapp.te Sartorato Gianamaria, che nel presento procedimento ha patteggiato la pena)
si avvaleva dell’opera della ditta individuale Dadouche Mostafa sulla base di un contratto di
subappalto e di accordi verbali.
Tutto ciò premesso, all’imputato, in qualità di legale rappresentante ditta “Satef Huttens
Albertus S.p.A.”, era stato addebitato di avere provocato la morte del Dadouche Mostafa, come
detto titolare di autonoma ditta individuale, in occasione di lavori di manutenzione del forno
rotativo “TOM” (mod. OXITERM 120 n. B56/B57) (comm. in Magenta -MI- il 20 ottobre 2008).
In particolare la persona offesa, impegnata con altri in operazioni di demolizione e rifacimento
del refrattario del forno (materiale di rivestimento interno), accedeva all’interno dello stesso
per rimuovere con un badile il materiale già demolito, quindi veniva investito dal crollo del
refrattario superiore dovuto a cedimento dei fianchi ormai privi di appoggio, così trovando la
morte per traumatismo contaivo; ciò per colpa generica consistita in negligenza, imprudenza
e imperizia nel controllo, nell’organizzazione e nella predisposizione dei mezzi a tutela della
salute dei lavoratori; per colpa specifica consistita nella violazione dell’art. 2087 c.c., per non
avere adottato le misure che secondo l’esperienza e la tecnica / erano necessarie per tutelare
/
l’integrità fisica dei lavoratori, omettendo di eliminare le fonti di pericolo relative ad attività
poste in essere.
Al Castagnaro Alberto, in particolare, veniva addebitata la violazione degli artt. 17 e 28 D.Lgs
81 del 2008, per non avere adottato un documento di valutazione dei rischi relativo all’opera
svolta presso lo stabilimento della “Fonderia Parola & Luraghi S.p.A.”, così omettendo di
valutare i pericoli per la sicurezza e di predisporre le relative misure di prevenzione e
protezione.
Osservava la Corte di merito che la dinamica dell’infortunio poteva essere ricostruita nel modo
che segue :
– il giorno 20\10\2008, in mattinata, in occasione dei lavori di manutenzione del forno rotativo
“Tom” presso la Fonderia la persona offesa, unitamente ad altri operai, era stata incaricata di
demolire il refrattario presente all’interno del forno e di provvedere successivamente al suo
rifacimento;
– la squadra “Refractories” era composta da Dadouche Mostafa, Seniga Daniele, Cesare
Massimo, Petroescu Gheorghe, ed un altro operaio; era assente il titolare della società
Sartorato Gianmaria;
– non vi era un capo-cantiere o un capo-squadra che impartisse le direttive. Gli operai quindi
avevano iniziato a lavorare come hanno sempre avevano fatto, distribuendosi tra di loro i
compiti;
– sulla scorta della loro esperienza sapevano che bisognava prima rompere il materiale
refrattario con il martello pneumatico, tracciando una striscia orizzontale, poi provvedere mano
a mano ad asportare il materiale di risulta all’esterno del forno ed a un certo punto uscire dal
forno, farlo girare per far crollare l’intero refrattario e poi rientrare per la pulizia finale;
– arrivata l’ora di pranzo, prima di sospendere il lavoro, gli operai avevano deciso di far ruotare
il forno;
– alle ore 14 era ripresa l’attività lavorativa; all’interno del forno erano presenti Cesaro
Massimo, che lavora nel lato carica, e Seniga Daniele, posizionato nella parte del bruciatore;
Dadouche è all’esterno del forno, lato bruciatore;

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RITENUTO in FATTO

3

– quest’ultimo entrava nel forno per provvedere alla pulizia mediante l’utilizzo di un badile, ma,
non appena iniziata tale attività, crollava del materiale refrattario dalla parete che lo travolgeVq i
– nel corso dell’immediato soccorso, venivano incontrate notevoli difficoltà a raggiungere
l’infortunato nel tratto tra la piattaforma del bruciatore e il forno, ove il collegamento era
costituito da due semplici assi di legno apposte dagli operai stessi; inoltre i soccorritori
avevano dovuto predisporre idonei puntellamenti di sicurezza per evitare ulteriori crolli;
– alle ore 15 il medico del 118 accertava il decesso del Dadouche;
– il consulente del PM (dott. Nasi), aveva precisato che si era trattato di un crollo fisiologico, in
quanto prevedibile. Invero, l’ultima campagna del forno “Tom” era terminata pochi giorni
prima dell’infortunio. Essa era iniziata il 16.04.2007; il forno aveva effettuato 631 fusioni ed
era stato sottoposto a tre interventi di reincamiciatura; sicchè dopo il raffreddamento del
forno, andava da sé che il crollo del refrattario non poteva essere considerato un evento
eccezionale.
– non vi era dubbio, inoltre, che il distacco del refrattario era stato sollecitato dalle vibrazioni
determinate dal martello pneumatico, utilizzato dal Seniga e dal Cesaro, per tracciare il solco
orizzontale, e dalla rotazione del forno effettuata per determinare il collasso del refrattario
stesso.
La Corte di merito, nell’analizzare le considerazioni del giudice di primo grado, evidenziava
come questi avesse ritenuto che l’infortunio mortale si sarebbe potuto evitare qualora fossero
state adottate le dovute misure di prevenzione e nel far ciò richiamava la relazione del Dott.
Nasi che, unitamente alle dichiarazioni testimoniali assunte in sede dibattimentale,
evidenziavano una serie di omissioni e negligenze che portavano ad escludere che l’evento
infausto occorso a Dadouche fosse da ricondurre ad una mera fatalità.
In ordine alle responsabilità individuali, ricondotta la morte del Dadouche a una serie di
comportamenti omissivi colposi, il tribunale era passato a valutare le responsabilità dei singoli
imputati in relazione ai profili di colpa addebitati. In tale contesto dopo avere premesso
un’analisi dei vari rapporti contrattuali in corso, aveva osservato che non poteva non rilevarsi
come spesso nell’appalto, e ancor più nel subappalto, accanto ad un decentramento “virtuoso”,
come si è certi voleva essere quello effettuato dalla Fonderia alla Satef, si annidavano fughe da
responsabilità, facili scorciatoie ed impunità, soprattutto in materia di obblighi di sicurezza.
Per evitare che ciò accada, era necessario che tutti i soggetti coinvolti in tali dinamiche si
adoperassero per la predisposizione di una tutela effettiva e non meramente formale del
lavoratore. Ciò nel caso in esame non si era verificato.
Con riferimento specifico alla posizione del Castegnaro (legale rappresentante della Satef), il
Tribunale ricordava che a questi era stata addebitata la omessa presentazione del piano di
valutazione dei rischi per quanto concerneva la attività svolta presso la Fonderia. Trattandosi di
attività non delegabile tale contestazione era stata correttamente sollevata nei confronti del
datore di lavoro. Inoltre :
– dai documenti agli atti si evince che effettivamente la “Satef” aveva omesso di valutare i
rischi relativi alla attività di manutenzione che avrebbe dovuto svolgere presso la Fonderia e
conseguentemente non aveva predisposto il relativo piano di Ricurezza. La circostanza che tali
lavori fossero stati subappaltati non la esonerava da tale obbligo, tenuto conto peraltro che la
stessa aveva impiegato un suo dipendente presso la Fonderia per tutto il corso dell’attività;
– la Satef aveva omesso la verifica della idoneità tecnico professionale della Refractories,
limitandosi ad una mera indagine formale; se solo ci fosse state un controllo effettivo si
sarebbe accorta che la Refractories non disponeva della organizzazione, della tecnologia e
mezzi necessari per effettuare i lavori di demolizione e rifacimento forni a lei subappaltati;
– la Satef, inoltre, nell’assegnare il subappalto alla Refractories non aveva effettuato nessuna
verifica circa la qualità dell’attività svolta soprattutto in relazione all’aspetto sicurezza e
prevenzione. Nonostante la committente operasse presso la Fonderia a stretto contatto con la
appaltatrice, e dunque fosse perfettamente a conoscenza delle violazioni in materia
infortunistica che si stavano perpetrando, aveva omesso di intervenire;
– era nnancatq,del tutto l’attività di coordinamento e cooperazione.
Tale giudizio di responsabilità veniva confermato dalla Corte di Appello, la quale evidenziava
che
– contrariamente a quanto sostenuto nei motivi di appello dal Castegnaro, l’istruttoria aveva
fatto emergere che Alessandro Perin (preposto dalla Satef) il giorno dell’infortunio,

impartiva ordini alla squadra della Refractories sull’esecuzione dei lavori, assumendone
quanto meno di fatto la direzione dei lavori
– pertanto l’effettiva incidenza della condotta dell’appaltatore Satef nell’eziologia dell’evento
era innegabile;
– l’omissione di valutazione dei rischi relativi alla attività che si stava svolgendo presso la
Fonderia, l’assenza di ogni misura di sicurezza che aveva determinato l’infortunio mortale si
era quindi concretizzalotto le direttive di fatto del Perin per la Satef;
– nel caso concreto, la morte del lavoratore non era ricollegabile a un rischio interferenziale
tra le varie attività dei dipendenti della Fonderia e la manutenzione straordinaria di
demolizione e rifacimento affidata alla Satef, ma solo a rischio specifico dei lavori di
demolizione e rifacimento del refrattario del forno. Pertanto la responsabilità del Castegnaro
doveva essere confermata, attesa la patente violazione dell’obbligo gravante anche sulla
Satef di coordinare gli interventi di protezione e prevenzione dai rischi cui sono esposti i
lavoratori.
2. Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell’imputato,
lamentando la erronea applicazione della legge ed il difetto di motivazione della pronuncia di
condanna. Invero l’art. 26 d.lgs. richiamato a fondamento dell’accusa e disciplinante gli
obblighi connessi ai contratti di appalto, esplicitamente escludeva dal suo perimetro di
operatività i “rischi specifici” dell’attività di ciascuna impresk Ne caso di specie la Satef
aveva subappaltato alla Refractories le prestazioni di montaggio, manutenzione ordinaria e
straordinari k riparazione di materiali refrattari, si che nessuna cooperazione doveva essere
offerta; la quale se prestata, avrebbe integrato una inammissibile ingerenza nei compiti
dell’appaltatore. Pertanto l’infortunio non era derivato da un rischio “interferenziale” delle
aziende, ma dal malgoverno di un rischio proprio della Refractories. Né il recupero di una
responsabilità dell’imputato poteva essere effettuato, per la presenza all’inizio del lavoro di
Perin Alessandro dipendente Satef. Questi, infatti, non aveva assunto il ruolo di
capocantiere, ma aveva solo visionato lo stato di consumo del refrattario. Pertanto nessuna
ingerenza il Castegnaro aveva fatto nei confronti dell’appaltatore, tramite il suo dipendente
Perin. Comunque, anche ad ipotizzare per mera tesi im che il Perin avesse effettivamente
svolto un ruolo attivo nei lavor l non era dimostrato che si trattasse di una prassi
consolidata e non di un mero episodico fatto.
CONSIDERATO in DIRITTO
1. I motivi di ricorso sono infondati.
2. Va premesso le norme in materia di prevenzione infortuni delineano un quadro di sempre
maggiore coinvolgimento del committente nelle responsabilità per il mancato rispetto delle
norme in materia di sicurezza, con l’evidente scopo di evitare che il risparmio sui costì
dell’opera, a beneficio sia del committente che dell’appaltatore, si “scarichi” sulla sicurezza,
con una diminuzione dei presidi di tutela dei lavoratori.
In tale prospettiva, l’art. 26 del d.lgs. 81 del 2008, detta stringenti obblighi a carico del
committente. In particolare, tra l’altro, questi deve :
– verificare l’idoneità tecnico professionale delle imprese appaltatrici o dei lavoratori
autonomi in relazione ai lavori, ai servizi da svolgere;
– fornire a tali soggetti dettagliate informazioni sui rischi specifici esistenti nell’ambiente in
cui sono destinati ad operare e sulle misure di prevenzione e di emergenza adottate in
relazione alla propria attività.
– cooperare all’attuazione delle misure di prevenzione e protezione dai rischi sul lavoro
incidenti sull’attività lavorativa oggetto dell’appalto;
– coordinare gli interventi di protezione e prevenzione dai rischi cui sono esposti i lavoratori,
informandosi reciprocamente anche al fine di eliminare rischi dovuti alle interferenze tra i
lavori delle diverse imprese coinvolte nell’esecuzione dell’opera complessiva.
In sostanza, in tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, il committente è titolare “ex
lege” di una posizione di garanzia che integra ed interagisce con quella di altre figure di
garanti legali, quali i datori di lavoro, i dirigenti, i preposti, etc. (Cfr. Cass. Sez. 4, Sentenza
n. 37738 del 28/05/2013 Ud. (dep. 13/09/2013), Rv. 256635).

4

15/01/2014), Rv. 259086).
Nel caso di specie, però, come già esposto in narrativa, “Fonderia Parola & Luraghi S.p.A.”

aveva affidato in appalto alla “Satef Huttens Albertus S.p.A.” del Castegnaro, la
manutenzione dei forni rotativi (fornitura del materiale refrattario, interventi di
manutenzione refrattaria, demolizione e ricostruzione). A sua volta la Satef aveva
subappaltatoct,/Refractories Services S.r.l. (per cui lavorava la vittima) le prestazioni di
montaggio, manutenzione ordinaria e straordinaria, riparazione di materiali refrattari.
Si evince da ciò che l’attività di manutenzione dei forni, con rimozione e ricostruzione del
refrattario, era il principale oggetto dell’attività dalla Fonderia appaltata alla Satef. Che
quest’ultima abbia poi subappaltato parte della attività alla Refractories, non autorizza a
ritenere che i rischi connessi alla manutenzione dei forni, fossero rischi specifici ed esclusivi
del subappaltatore, tenuto conto che la Satef era stata scelta dalla Fonderia, proprio per la
riconosciuta capacità tecnica a svolgere tale tipo di attività.
Peraltro il committente non può invocare il concretizzarsi di un rischio specifico facente
carico esclusivamente sull’appaltatore, quando, come nel caso di specie, egli è venuto meno
agli obblighi di controllo delle specifiche competenze professionali del appaltatore.
Alla luce di quanto esposto, si impone il rigetto del ricorso.
Al rigetto del ricorso segue, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali.

i( giudice di merito con coerente ed esaustiva motivazione, hanno evidenziato come il
Castegnaro sia venuto meno a tali obblighi, sia nella scelta del subappaltatore, sia nel
omettere qualsiasi specifica informazione e direttiva finalizzata ad evitare i rischi a cui erano
esposti i lavoratori del subappaltatore nello svolgimento della loro attività.
La difesa dell’imputato ha contestato la sussistenza in capo al Castegnaro di una posizione
di garanzia, evidenziando che la stessa gravava solo sue responsabile della Refractories,
anche perché l’evento verificato«, costituiva la concretizzazione di un rischio specifico
dell’attività del suo subappaltatore.
Tali censure alla sentenza sono infondate.
Come già detto, in tema di prevenzione, il committente è titolare di una autonoma posizione
di garanzia e può essere chiamato a rispondere dell’infortunio subito dal lavoratore qualora
l’evento si colleghi causalmente ad una sua colpevole omissione, specie nel caso in cui la
mancata adozione o l’inadeguatezza delle misure precauzionali sia immediatamente
percepibile senza particolari indagini.
Nel caso che ci occupa, come evidenziato dal giudice di merito, i delicati lavori di rimozione
del refrattario erano stati svolti senza specifiche direttive antinfortunistiche, facendo
affidamento sulla mera esperienza dei lavoratori. Inoltre nessuna valutazione del rischio era
stata effettuata, né era stata consacrata in specifici piani.
Ma vi è di più; come rilevato dal giudice di merito, il giorno dei fatti, nell’esecuzione della
specifica attività di manutenzione del forno, era presente al lavoro anche un dipendente
della Satef, Alessabdro Perin, che dava direttive sulle attività da svolgere.
Ne consegue che il giudice di merito ha fatto corretta applicazione del principio affermato da
questa suprema corte, secondo cui in tema di infortuni sul lavoro, nel caso in cui i lavori
siano stati affidati in appalto, risponde a garanzia della prevenzione infortunistica anche il
committente il quale si ingerisca nell’organizzazione del lavoro, così partecipando all’obbligo
di controllare la sicurezza del cantiere (Cass. Sez. 4, Sentenza n. 46383 del 06/11/2007 Ud.
(dep. 13/12/2007), Rv. 239338; conf. Cass. Sez. 4, Sentenza n. 14407 del 07/12/2011 Ud.
(dep. 16/04/2012), Rv. 253295; Cass. Sez. 4, Sentenza n. 38824 del 17/09/2008 Ud.
(dep. 14/10/2008), Rv. 241063).
Né può dirsi, come sostenuto dalla difesa dell’imputato, che quest’ultimo in ordine ai lavori
da svolgere non avesse una posizione di garanzia, in quanto il rischio infortuni
concretizzatosi era proprio e specifico dell’appaltatore.
Vero è che questa Corte ha avuto modo di precisare che in tema di prevenzione degli
infortuni sul lavoro, qualora il lavoratore presti la propria attività in esecuzione di un
contratto d’appalto, il committente è esonerato dagli obblighi in materia antinfortunistica,
con esclusivo riguardo alle precauzioni che richiedono una specifica competenza tecnica
nelle procedure da adottare in determinate lavorazioni, nell’utilizzazione di speciali tecniche
o nell’uso di determinate macchine (Cass. Sez. 4, Sentenza n. 1511 del 28/11/2013 Ud. (dep.

P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma il 9 dicembre 2014
Il Presidente

Il Consigliere estensore

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