Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 1844 del 17/12/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 1844 Anno 2014
Presidente: CASUCCI GIULIANO
Relatore: DAVIGO PIERCAMILLO

SENTENZA

Sul ricorso proposto da:
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Benisi Vincenzo, nato a San Befrtiffee d’Asti il 215.1953;
Gaetani Pietro Francesco, nato a Gallipoli il 2.3.1964;
Megatex S.p.A. in persona dell’amministratore Benisi Vincenzo;
avverso la sentenza della Corte d’appello di Lecce sezione 2^ penale, in data
28.5.2012.
Sentita la relazione della causa fatta dal consigliere Piercamillo Davigo.
Udita la requisitoria del sostituto procuratore generale, dott.ssa Maria Giuseppina
Fodaroni, il quale ha concluso chiedendo che il ricorso sia dichiarata
inammissibile.
Uditi i difensori Avv. Prof. Filippo Sgubbi per Benisi ed Avv. Luigi Rella per Benisi,
Gaetani e Megatex i quali hanno concluso per l’accoglimento del ricorso.

Data Udienza: 17/12/2013

Ritenuto in fatto

A. Con sentenza in data 8.3.2011, il Tribunale di Lecce, Sezione distaccata
di Cassarano, assolse Benisi Vincenzo e Gaetani Pietro dal reato di cui all’art. 640
bis cod. pen. e la Megatex S.p.A. dal conseguente illecito amministrativo perché
il fatto non sussiste.

B. Avverso tale pronunzia il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale

di Lecce propose gravame e la Corte d’appello di Lecce, con sentenza del
28.5.2012, in riforma della decisione di primo grado:
dichiarò gli imputati responsabili del reato loro ascritto e – concesse le attenuanti
generiche equivalenti alla aggravante – condannò ciascuno alla pena di anni 1 di
reclusione, pena accessoria; pena sospesa e non menzione;
condannò Megatex S.p.A. alla sanzione pecuniaria di 200 quote dell’importo di €
300,00 ciascuna ed ai divieti ed esclusioni di cui all’art. 9 comma 2 lett. c), d) e)
D. Lgs. n. 231/2001 per la dura di 6 mesi.

C. Ricorrono per cassazione i difensori degli imputati e della società, con un
unico atto relativo a tutte le posizioni, deducendo vizio di motivazione (anche
sotto il profilo del travisamento del contenuto di atti processuali) e violazione di
legge e di altre norme di cui si deve tener conto nell’applicazione della legge
penale.
Sarebbe stato erroneamente applicato l’art. 640 bis cod. pen. in quanto
l’eventuale e non provata indicazione di un numero di ore maggiori rispetto a
quelle prestate dai dipendenti non può essere considerata una condotta
fraudolenta posto che, anche stralciando le ore e le relative spese generali,
Megatex S.p.A. ha comunque raggiunto la percentuale dei costi ammessi
agevolabili sia per l’erogazione del I SAL (28,63 % superiore a quella prevista del
25,00 °h), sia dei crono programmi al 31.12.2004 (46,69 % superiore a quella
prevista del 45,63 0/0) ed al 31.12.2005 (88,67 % superiore a quella prevista del
88,10 °/0). La percentuale dei costi ammessi agevolabili prevista per il II SAL non
ha rilevanza rispetto al crono programma ed alla rendicontazione dei costi
sostenuti al 31.12.2005. La revoca delle agevolazioni è prevista solo per il
mancato rispetto del crono programma e non anche in relazione alla
rendicontazione dei singoli SAL, come statuito dall’art. 3 del decreto ministeriale
di concessione n. 127460 del 5.8.2003 (allegato) conformemente alla circolare n.
1034240 del Ministero dell’Industria, Commercio e Artigianato in data 11.5.2001
(allegata). Non sussisterebbe perciò il reato contestato sia per la mancanza di
artifizi o raggiri sia per l’assenza di ingiusto profitto, giacché quand’anche fosse

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stato indicato un numero di ore superiore a quello reale Megatex avrebbe avuto
diritto di percepire per intero le agevolazioni. Lo schema allegato A (allegato)
prescrive il riepilogo delle ore solo su base mensile, sicché non è richiesto un
prospetto giornaliero.
Sarebbe illogica e contraddittoria l’asserita sussistenza di una macroscopica
differenza fra ore di lavoro necessarie ad integrare il programma di sviluppo pre
competitivo dedotto in progetto ed il numero di ore lavorative effettivamente
prestate. Vi sarebbe un travisamento della prova poiché le ore

complessivamente documentate nel I e II SAL sono 36.022, mentre quelle
contestate 1.287, per € 16.052,20 a fronte di un costo complessivo di €
447.330,14. Tutti i dipendenti escussi in primo grado hanno confermato di
essere stati continuamente impiegati ed è stata data ragione delle sottoscrizioni
apocrife. Sul punto sono richiamate nel ricorso le deposizioni testimoniali di
Marrocco Antonio, Troisi Dario, Pisanò Maria Elisa, Pisanò Giovanni Luigi,
esaminati all’udienza 10.11.2009.
Con riferimento alle false fatture emesse da Matec S.p.A. e che
integrerebbero ulteriore condotta fraudolenta, la motivazione trascura che non
erano previste macchine prototipi, ma solo nuove di fabbrica, che il prezzo era
congruo (anche ad avviso del consulente del P.M.), giacché l’innovazione non
riguardava le macchine ma il prodotto, cioè calze da realizzare con tessuti
innovativi. L’unico prototipo era l’impianto per la deposizione sul filato dei
materiali innovativi e la definizione della terza fase del programma come “pro
tipizzazione macchina filatura” indicava la necessità che le macchine acquistate
fossero sottoposte ad una serie di modifiche ed accorgimenti da parte della casa
produttrice. Sulle macchine Matec furono infatti effettuate modifiche. Importante
sul punto è la deposizione del teste Della Fiore. Non vi sarebbe attitudine
all’inganno nell’aver chiamato prototipi le macchine, posto che al progetto furono
allegate le offerte di vendita inviate da San Giacomo S.p.A. che indicavano
modello delle macchine ed il prezzo. Il Ministero ha approvato tale progetto.
Megatex non ha tratto alcun vantaggio dall’aver utilizzato il termine prototipo.
Non ha fondamento la tesi secondo la quale il Ministero non avrebbe finanziato
l’acquisto di macchine di serie per la fase di ricerca e sviluppo dal momento che
la normativa di riferimento non richiede che i macchinari da acquistare siano dei
prototipi.
In ordine alla emissione di una fattura per operazione inesistente della
SVOC S.r.l. in relazione alla formazione del personale sul controllo di qualità del
processo di produzione sarebbe stata travisata la deposizione del M.Ilo Avella il
quale avrebbe vagamente riferito su non meglio precisata documentazione
extracontabile che SVIC S.r.l. avrebbe fornito un programma informatico. Su tale

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base non potrebbe affermarsi l’esistenza di fatture per operazioni inesistenti. In
ogni caso Megatex ha avanzato formale richiesta di rinuncia al programma di
formazione il 31.1.2008, restituendo l’anticipazione di C 72.000,00 ricevuta. La
fattura SCIC di C 6.000,00 non era stata allegata alla richiesta di erogazione. In
ogni caso, al più si verserebbe in ipotesi di tentativo.

D. Con motivo nuovo i predetti difensori lamentavano che il sostituto
procuratore della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni di Lecce, dott.

previste dall’art. 570 comma 3 cod. proc. pen., non avendo presentato le
conclusioni in primo grado, non essendo il magistrato appellante e difettando
nell’atto di appello la richiesta di essere applicato in appello. Manca nel fascicolo
processuale qualunque autorizzazione del Procuratore generale della Repubblica
presso la Corte territoriale alla partecipazione del predetto magistrato al giudizio
di appello. Ciò integrerebbe una nullità ai sensi dell’art. 178 comma 1 lettera b)
cod. proc. pen.

E. Con ulteriori motivi nuovi deduceva l’intervenuta prescrizione del reato
di cui all’art. 640 bis cod. pen. dovendo il dies a quo essere individuato nel
24.11.2005.

Considerato in diritto

1. Deve essere anzitutto esaminato, siccome pregiudiziale, il motivo nuovo
relativo alla partecipazione al giudizio di appello del sostituto procuratore della
Repubblica presso il Tribunale per i minorenni di Lecce, dott. Imerio Tramis,
avrebbe rappresentato l’accusa in appello al di fuori delle ipotesi previste dall’art.
570 comma 3 cod. proc. pen., con la relativa eccezione di nullità si sensi dell’art.
178 comma 1 lettera b) cod. proc. pen.
Il motivo è manifestamente infondato.
La violazione di disposizioni relative alla concreta individuazione del
rappresentante della pubblica accusa nel procedimento non integra la nullità
prevista dall’art. 178 lett. b) cod. proc. pen., una volta che colui che è chiamato
a svolgere tali funzioni sia comunque soggetto investito delle relative attribuzioni
e che sia garantita la partecipazione del suddetto organo al procedimento
medesimo. (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 754 del 04/10/2012 dep. 08/01/2013 Rv.
254321. Fattispecie relativa all’esercizio delle funzioni di pubblico ministero nel
giudizio d’appello da parte di un sostituto Procuratore della Repubblica presso il
Tribunale designato senza l’osservanza delle disposizioni dettate in materia di

Imerio Tramis, avrebbe rappresentato l’accusa in appello al di fuori delle ipotesi

applicazione e in assenza dei presupposti per procedere ai sensi dell’art. 570,
comma terzo, cod. proc. pen.).
In ogni caso nessuna disposizione vieta al Procuratore generale della
Repubblica presso la Corte d’appello di applicare per il giudizio di appello un
magistrato del pubblico ministero diverso da quello che ha concluso in primo
grado e non è stata provata l’inesistenza di un provvedimento di applicazione.

2. Le doglianze relative all’ipotizzato travisamento del contenuto di atti

processuali sono generiche.
Questa Corte ha infatti affermato che, in forza della regola della
“autosufficienza” del ricorso, operante anche in sede penale, il ricorrente che
intenda dedurre in sede di legittimità il travisamento di una prova testimoniale
ha l’onere di suffragare la validità del suo assunto mediante la completa
trascrizione dell’integrale contenuto delle dichiarazioni rese dal testimone, non
consentendo la citazione di alcuni brani delle medesime l’effettivo
apprezzamento del vizio dedotto. (Cass. Sez. 4, Sentenza n. 37982 del
26.6.2008 dep. 3.10.2008 rv 241023).
È perciò inammissibile il ricorso per cassazione che deduca il vizio di
manifesta illogicità della motivazione e, pur richiamando atti specificamente
indicati, non contenga la loro integrale trascrizione o allegazione e non ne illustri
adeguatamente il contenuto, così da rendere lo stesso autosufficiente con
riferimento alle relative doglianze. (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 11910 del
22.1.2010 dep. 26.3.2010 rv 246552).
Nella specie i verbali relativi alle prove che si assumono travisate non sono
integralmente trascritti e neppure allegati al ricorso.

3. Le doglianze relative alla ricostruzione dei fatti in modo diverso da quello
operato dal giudice di appello sono proposte al di fuori dei casi consentiti.
Nel caso in esame i ricorrenti propongono infatti, attraverso la deduzione
della non necessità che le macchine fossero prototipi, della non rilevanza delle
ore effettivamente lavorate, dell’esistenza di una spiegazione delle firme
apocrife, una ricostruzione dell’intera vicenda alternativa a quella dei giudici di
merito, che come si vedrà, è stata incentrata non tanto sull’esecuzione del
contratto, quanto su un inganno preordinato ad ottenere l’erogazione dei
finanziamenti, attraverso una falsa rappresentazione della realtà in cui aveva
rilievo anche la rappresentazione di un diverso rapporto fra produzione e ricerca,
compreso l’utilizzo di macchinari non solo fatturati ma anche etichettati come
prototipi, oltre ad una serie di costi ritenuti inesistenti, anche relativi alla

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formazione del personale, in un contesto in cui la fase 3 del progetto prevedeva
la prototipizzazione dei macchinari.
Indipendentemente dalla questione della natura di prototipo dei
macchinari, la Corte d’appello, come si è detto, ha ricostruito come un’unica
vicenda prolungata nel tempo (tanto da escludere la continuazione) volta ad
ottenere indebitamente un finanziamento, attraverso l’enfatizzazione dell’aspetto
di innovazionei‘ttraverso la rappresentazione di un maggior numero di ore di
ricerca e formazione.

In materia di ricorso per Cassazione, perché sia ravvisabile la manifesta
illogicità della motivazione considerata dall’art. 606 primo comma lett. e) cod.
proc. pen., la ricostruzione contrastante con il procedimento argomentativo del
giudice, deve essere inconfutabile, ovvia, e non rappresentare soltanto una
ipotesi alternativa a quella ritenuta in sentenza. (V., con riferimento a massime
di esperienza alternative, Cass. Sez. 1 sent. n. 13528 del 11.11.1998 dep.
22.12.1998 rv 212054).
Nella specie la valutazione della Corte territoriale non appare fuoruscire da
una plausibile opinabilità nella ricostruzione del fatto.

4. Le censure relative all’erronea applicazione dell’art. 640 bis cod. pen.
sono manifestamente infondate e investono ancora una volta essenzialmente
questioni di merito.
Per la parte relativa al travisamento del contenuto di atti processuali e ed
alla ricostruzione di fatti in modo diverso da quello operato dalla Corte d’appello,
la inammissibilità delle relative doglianze, per le ragioni indicate ai punti 2 e 3
toglie ogni fondamento a tali censure.
Per la residua parte la Corte territoriale ha rilevato la complessiva
artificiosità del progetto laddove alterava la proporzione tra attività di ricerca e
sviluppo (p. 16 sentenza impugnata), sicché non assume rilievo il fatto che non
fosse revocabile il finanziamento ai sensi dei provvedimenti amministrativi
invocati nel ricorso, posto che il reato è stato ravvisato nell’induzione in errore
attraverso i menzionati artifizi e raggiri, comprese l’indicazione di ore lavorative
maggiori di quelle effettive, con le conseguenti erogazioni.
La intervenuta erogazione esclude anche ogni fondatezza alla richiesta di
riqualificare come tentativo la vicenda SVIC.

5. Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile.
La inammissibilità del ricorso esclude la maturazione della prescrizione del
reato, dal momento che comunque non era maturata prima della pronunzia della
sentenza di appello.

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6. Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che
dichiara inammissibile il ricorso, le parti private che lo hanno proposto devono
essere condannate al pagamento delle spese del procedimento, nonché ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità ciascuna al pagamento a favore della Cassa delle ammende della somma di mille
euro, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese
processuali e ciascuno al versamento della somma di euro mille alla Cassa delle
ammende.

Così deliberato in data 17.12.2013.
Il Consigliere estensore

Il residente
ucci )

P.Q.M.

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