Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 18439 del 05/04/2013


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 18439 Anno 2013
Presidente: BARDOVAGNI PAOLO
Relatore: BONITO FRANCESCO MARIA SILVIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
LO BIANCO CARMELO N. IL 12/11/1945
avverso l’ordinanza n. 330/2012 TRIB. SORVEGLIANZA di
ANCONA, del 13/06/2012
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. FRANCESCO MARIA
SILVIO BONITO;
lette/gtotite le conclusioni del PG Dott.

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Data Udienza: 05/04/2013

1. Con ordinanza del 13 giugno 2013 il Tribunale di sorveglianza di
Ancona rigettava l’istanza proposta da Lo Bianco Carmelo volta al
differimento della esecuzione della pena per motivi di salute ovvero
all’applicazione della detenzione domiciliare ai sensi dell’art. 47-ter
co. 1 0.P., sul rilievo che gli accertamenti medici peritali, attestanti
che l’interessato, unitamente ad altre patologie di minore rilevanza,
è affetto da cardiopatia ischemica ed ipertensiva già trattata con
angioplastica, avevano escluso l’incompatibilità delle patologie
denunciate dalla istante con il regime di detenzione carceraria.
2. Propone ricorso per cassazione Lo Bianco Carmelo, assistito dal
difensore di fiducia, illustrando due motivi di impugnazione.
2.1 Col primo di essi denuncia la difesa ricorrente violazione
dell’art. 147 c.p., in particolare deducendo: le due relazioni sanitarie
di ufficio hanno attestato la necessità di frequenti controlli sanitari
in relazione alla grave patologia cardiaca; tanto evidenzia la
necessità di contatti con presidi sanitari sul territorio e con essa la
incompatibilità col regime carcerario della situazione di salute del
detenuto; lo stesso Tribunale riconosce che la situazione sanitaria
detta giustificherebbe la concessione della detenzione domiciliare
per motivi di salute, peraltro non possibile perché ostativo il reato in
espiazione, incluso tra quelli di cui all’art. 4-bis O.P. co. 1; la
detenzione nella fattispecie è comunque contraria al senso di
umanità.
2.2 Col secondo motivo di impugnazione denuncia poi la difesa
ricorrente violazione dell’art. 47-ter O.P. e difetto di motivazione
sul punto, in particolare osservando: il Tribunale assume che
sarebbe concedibile nella fattispecie la misura della detenzione
domiciliare, di poi richiamando per essa l’ostatività del reato in
espiazione, incluso nell’elenco di cui all’art. 4-bis O.P. co 1, senza
considerare che l’istante ha altresì domandato la detenzione
domiciliare per motivi di salute (art. 47-ter co. 1-ter 0.P.) in
relazione al quale non opera la predetta causa ostativa alla
concessione quando la detenzione in parola viene richiesta in
esecuzione del differimento facoltativo di cui all’art. 147 c.p..
3. Il P.G. in sede, con requisitoria scritta, concludeva per il rigetto
dell’ impugnazione.

La Corte ritenuto in fatto e considerato i diritto

4. La doglianza è infondata, posto che l’ordinanza impugnata si
appalesa motivata in termini logicamente coerenti e rispettosi del
dettato normativo.
4.1 Va preliminarmente chiarito che il differimento della pena,
secondo la disciplina portata dagli artt. 146 e 147 c.p., può essere
provvedimento necessitato ovvero facoltativo e ciò, evidentemente,
sulla base della ricorrenza o meno di determinati requisiti.
Nel caso in esame il giudice a quo ha rigettato l’istanza del
ricorrente sulla semplice considerazione che le risultanze
diagnostiche peritali erano nel senso della compatibilità delle
condizioni di salute dell’interessato con lo stato di detenzione.
Siffatta affermazione, peraltro, è stata poi supportata dalla
descrizione delle patologie riscontrate, e dalla motivazione a
sostegno delle conclusioni riportate, per le quali si esclude che nel
caso di specie ricorra sia l’ipotesi di differimento obbligatorio
disciplinato dall’art. 146 n. 3 c.p., peraltro non richiesto
dall’interessato, sia quella del differimento facoltativo di cui al
successivo art. 147 n. 2 c.p., posto che è proprio il requisito della
incompatibilità detentiva con lo stato di salute dell’istante quello
distintivo tra la prima e la seconda ipotesi, in cui il codificatore ha
contemplato la fattispecie secondo la quale, pur potendosi
astrattamente ritenere la compatibilità tra patologie accertate e stato
di detenzione, purtuttavia la presenza di una “grave infermità fisica”
può consentire il differimento di quest’ultima.
Ne consegue che la questione di diritto posta dalla disciplina
relativa al differimento facoltativo è quella di definire i confini della
riconosciuta discrezionalità (“L’esecuzione della pena può essere
differita” recita la norma di riferimento).
Orbene, sul punto non è mancata l’adeguata elaborazione
giurisprudenziale di questa Corte, la quale ha ripetutamente
affermato il principio che il giudice investito della delibazione della
domanda per l’applicazione dell’art. 147 c.p. deve tener conto,
indipendentemente dalla compatibilità o meno dell’infermità colle
possibilità di assistenza e cura offerte dal sistema carcerario, anche
dell’esigenza di non ledere comunque il fondamentale diritto alla
salute e il divieto di trattamenti contrari al senso di umanità, previsti
dagli artt. 32 e 27 Cost., circostanza questa che ricorre, ad esempio,
allorché, nonostante la fruibilità di adeguate cure anche in stato di
detenzione, le condizioni di salute accertate diano luogo ad una
sofferenza aggiuntiva, derivante proprio dalla privazione dello stato

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di libertà in sè e per sè considerata, in conseguenza della quale
l’esecuzione della pena risulti incompatibile coi richiamati principi
costituzionali (cfr. Cass., Sez. I”, 28/09/2005, n.36856; Sez. 1″,
28.10.1999, Ira). E ciò considerando, inoltre, che detta sofferenza
aggiuntiva è comunque inevitabile ogni qual volta la pena debba
essere eseguita nei confronti di soggetto in non perfette condizioni
di salute, di tal che essa può assumere rilievo solo quando si
appalesi, presumibilmente, di entità tale — in rapporto appunto alla
particolare gravità di dette condizioni — da superare i limiti della
umana tollerabilità (Cass.,Sez. l”, 20.05.2003, n. 26026;
10.12.2008, n. 48203).
4.2 Ed invero, nel caso in esame il giudice a quo ha indicato le
ragioni del diniego impugnato affermando, sulla scorta di
accertamenti medici peritali, che alcuna situazione di
incompatibilità sarebbe ravvisabile nella fattispecie.
Valorizza il ricorrente a sostegno della tesi contraria la circostanza
che, nella fattispecie, lo stesso Tribunale avrebbe ravvisato
“semmai una condizione di necessità di controlli sanitari esterni
frequenti che potrebbero eventualmente consentire, in astratto, la
concessione di una detenzione domiciliare per motivi di salute ai
sensi dell’art. 47-ter co. 1 lett. c) 0.P.”, non presa in considerazione
perché non richiesta e comunque non fruibile perché ostativo il
reato in espiazione ex art. 4-bis 0.P.. Orbene, siffatta ostatività, ad
avviso del ricorrente, non ricorrerebbe però nel caso contemplato al
comma 1-ter del medesimo art. 47-ter 0.P., in forza del quale il
differimento facoltativo della pena disciplinato dall’art. 147 c.p.
può aver corso nelle forme della detenzione domiciliare con termine
di durata prorogabile.
La tesi non ha pregio.
Proprio perché, come correttamente evidenziato dallo stesso
ricorrente, quella richiamata è, all’evidenza, una modalità
applicativa dell’art. 147 c.p., giustificata del principio secondo cui
in tema di misure alternative alla detenzione, il divieto di
concessione del beneficio della detenzione domiciliare ai
condannati per i reati di cui all’art. 4 bis dellal. n. 354 del 1975 non
è applicabile nel caso in cui sussistano le condizioni di grave
infermità fisica che giustificherebbero il rinvio dell’esecuzione della
pena ex art. 147 c.p., atteso che la applicazione della misura
alternativa della detenzione domiciliare in siffatta ipotesi costituisce
un contemperamento tra le esigenze di tutela della collettività (in

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5. Il ricorso deve essere pertanto rigettato ed il ricorrente
condannato, ai sensi dell’art. 616 c.p.p. al pagamento delle spese
processuali.
P. Q. M.

la Corte, rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento
delle spese processuali.
In Roma, addì 5 aprile 2013

relazione alla pericolosità del soggetto) e il rispetto del principio di
umanità della pena, sotto il profilo della sua abnorme afflittività nel
caso di accertata grave infermità fisica (Cass., Sez. I, 19/02/2001, n.
17208 Mangino), proprio per tale ragione l’obbiezione difensiva è
infondata. Mancando infatti le condizioni per l’applicazione
dell’art. 147 c.p., non possono invocarsi le modalità esecutive di
questa disciplina.

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